Venuto al mondo di Margaret Mazzantini

Creato il 08 febbraio 2011 da Leragazze

Non è facile parlare di questo libro senza anticiparne la trama; visto che però vorrei consigliarvene vivamente la lettura, cercherò di fare una gimkana nel racconto senza svelarvi nulla.

E’ una storia bellissima, che si svolge tra la fine degli anni ’80 e i giorni nostri; tra Roma e Sarajevo.

Il racconto comincia con un viaggio che Gemma, la protagonista, compie insieme al figlio sedicenne, Pietro, proprio a Sarajevo sulle orme di Diego, il padre del ragazzo, un fotografo genovese ormai morto da tempo. Tra i flash back e i racconti si dipana la storia d’amore tra i due, cominciata ai tempi in cui lei si era recata in Jugoslavia per completare la sua tesi di Laurea. Lì aveva conosciuto anche Gojko, la sua guida, un poeta bosniaco, che per lei diventa un fratello. E lì, tra Roma e Sarajevo nasce, e cresce il rapporto tra Diego e Gemma. Sullo sfondo la guerra in Bosnia Erzegovina e il terrore dei suoi abitanti. Una guerra recente, sanguinosa, della quale si sa poco, e va quindi a questo libro anche il merito di averla portata nelle nostre case sia pure attraverso un romanzo. Ma il libro non è solo amore e guerra. E’ la storia di una maternità. Di una lunghissima e travagliata gestazione di un figlio e della caparbietà di una madre nel desiderarlo più di ogni altra cosa al mondo. Come solo una donna sa fare.

I personaggi della storia sono meravigliosi e si svelano letteralmente attraverso le pagine del libro non smettendo di sorprenderci fino all’ultimo. Dal padre di Gemma, Armando, un signore con un cuore enorme, a Pietro, tipico adolescente del nostro tempo che durante la sua vacanza diventa un giovane adulto consapevole.

Nulla dirò su Diego (un bastardo?) e su Aska, la trombettista bosgnacca che i due conosceranno a Sarajevo (una stronza?). No, non mi farò sfuggire niente per non togliervi il piacere della lettura.

Fin qui sul racconto. Non posso però concludere questo articolo senza un accenno un po’ maligno, lo riconosco, alla scrittura che la Mazzantini ha adoperato in questo romanzo. Mi ha riportato indietro nel tempo. Per la precisione alla terza elementare di mio figlio grande, quando ha studiato la differenza tra metafora e similitudine. E lo stile dell’Autrice in questo libro mi ricorda i suoi compiti dell’epoca. Mi è sembrato un continuo ed eccessivo esercizio stilistico, che oltre a non aggiungere niente al racconto, distrae il lettore, talvolta irritandolo. Qualche esempio?

“Al mattino presto sembrava di camminare in un’immensa covatura di piccole uova prossime a schiudersi.”

“Al tramonto i ciottoli diventavano di un azzurro marezzato e vibrante, parevano dorsi d’insetti in cammino.”

“Lui somigliava a quei piccoli granchi rimasti all’asciutto che si affannavano sugli scogli, come bambini rimasti senza coperta.”

“Intorno il nitore della casa, i soprammobili, le tende chiare, le chiavi della macchina, la normalità spalmata di burro e scontentezza.”

“Scuote la testa, quei capelli rossi, tagliati a ciocche imprecise. Sembra un uccello con troppe ali.”

“La tromba entra a strappi […] Le dita sui pistoni adesso sono soldati su un campo di battaglia, si affrontano, arretrano… Anche il ragazzo biondissimo al pianoforte sembra impazzito, […] sbatte di qua e di là come una falena moribonda … La tromba adesso è il grido di una civetta che s’affaccia nella notte […] i capelli rossi sono una scia di sangue.”

“Siamo lì contro il muro, io e Diego, nel carniccio di donne che sembrano piccoli paralumi ricamati, di questo cowboy bosniaco che mi passa davanti con la sua giacca di crosta da cui piovono frange.

“Ha questi occhi strani, nei quali riposa un fondo di tristezza … come piccoli scafi dimenticati su una riva.”

“E non ero più io, ero come adesso, una figura di carta in un foglio buio, in attesa della forbice che la ritagliasse.”

Considerate poi la mia difficoltà, che leggo a letto prima di dormire, e questa volta con una matita accanto per sottolineare questi esercizietti di scrittura creativa e soffocare così l’irritazione che altrimenti mi avrebbe rovinato la lettura.

Detto tutto questo, però devo tornare alla mia premessa iniziale: si tratta di un bel libro che vi consiglio assolutamente di leggere: un romanzo scorrevole, che narra una storia bellissima, e che che tocca in modo nuovo il tema della maternità, senza cadere mai nel banale e nello scontato.



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