“Arrivati agli orali, ci si diverte”. E’ quello che dicono tutti (quasi compresi i maturandi), ed è anche – come spesso la vox populi – una apprezzabile realtà.
Perché il momento della burocrazia più spinta (i diciassette verbali per giorno) volge al termine, perché le correzioni degli scritti, per quanta calma proponga il presidente, restano sempre cosa tosta, perché oramai i colleghi li conosci, e, passato il primo impatto, belli o brutti, sei consapevole che restano tali.
Così ieri mattina, all’alba delle 7.05, la ‘povna si è presentata a Scuola Bestia.
“E’ già qui, professoressa?”.
“Ho bisogno di un po’ di tempo senza galline e galli intorno. Perché voglio ricontrollare, con calma e in solitudine, che ogni cosa sia al suo posto” – avrebbe voluto rispondere la ‘povna. Invece si è limitata a un sorriso aperto:
“Me lo dicono anche a città della scuola, che arrivo sempre all’alba. In questo faccio concorrenza al professor Audace”.
Il professor Audace (che – inter alia – è uno dei nonno-maschilisti), si è manifestato poco dopo, puntualissimo.
“Ciao, ho sentito che anche tu sei insonne: sono passato per darti una mano”.
Così, insieme, preparano i faldoni per i cinque del giorno. Quando gli altri commissari varcano la porta, si può in breve cominciare.
Gli orali, a Scuola Bestia, sono una strana faccenda. Perché la sindrome del cane bastonato pervade l’atmosfera tutta intorno. Per la prima volta, da che assiste agli esami, i colloqui si svolgono davanti a una platea deserta. In tutte le altre classi i compagni uditori fanno il tifo, alternandosi. Nella Bestia i candidati si vergognano: “Ci hanno detto che possiamo sfigurare”.
Del resto, se l’unico canale di attenzione percepito in cinque anni è stato quello del sarcasmo, è ben difficile che le cose vadano, in nome di un esame, improvvise a migliorare.
Ciò nonostante, la ‘povna ci prova; con tutta se stessa. Di Audace (che, a suo modo, tra quelli interni, è comunque il meglio pezzo) un po’ ha già detto. Trafficone, dai e dai, ha abbassato la cresta. Ogni tanto prova ancora la battuta, ma la ‘povna lo fredda: “A proposito, sarebbe opportuno andare in segreteria alunni, avete fatto casino negli atti di questa ammissione a maggioranza – come capisci, è da rettificare”.
Lui tace, mangia la foglia, e (più o meno) acconsente. C’è da dire che, se non altro, per le faccende burocratiche si è messo a lavorare.
Il commissario esterno Sociopatico (che fu già insegnante – il mondo è piccolo – del suo Sorriso Tondo) è molto nerd, molto bravo e molto attento. A patto di non azzardare una battuta (ché lui non la capisce) problemi di collaborazione non ci sono. Placida, di inglese, lo è di nome e anche di fatto: di certo non contribuisce a dare personalità al loro gruppo; ma lavora tranquilla, è brava, competente. L’insegnante interna di Italiano, Pulcina Pia, è una che usa ancora etichette come “Decandentismo”; piena di buone intenzioni, parla in continuazione e fa un casino dell’altro mondo. La sua descrizione si riassume negli aggettivi “innocua, ma irritante”. E’ di quelle che non lascia parlare i candidati, si risponde da sola, li confonde. E con lei, proprio per questo, la ‘povna si è trovata a dover troppe volte intervenire. Goniometra chiude il gruppo. E se qualcuno sperava che l’arrivo agli orali la chetasse, aveva sbagliato porta. Presente dove non deve essere, assente dai suoi compiti, dà sulla voce, conduce, coordina. La ‘povna le ha costruito intorno spessi argini. Ma, nonostante tutto, al momento di discutere il voto c’è da usare una mescolanza armonica di carota e di bastone.
Avviene così che la ‘povna si trovi a dover ricordare, e non solo una volta, che “il voto del colloquio non è la somma di sette interrogazioni, ma il risultato di una discussione multi-disciplinare a completamento degli scritti”.
“Però, io credo…”.
“Goniometra, abbi pazienza, quello che credi non conta”.
E’ un circolo vizioso, e via andare.
In mezzo, ci sono i ragazzi. Che la incantano con la loro grazia, come sempre. Anche quando sono così poco sciolti, come accade a Scuola Bestia. Anche quando hanno così tanta paura di lasciarsi andare.
“Allora arrivederci” – lei li congeda uno per uno – “buon futuro, e grazie”.
“Grazie, professoressa?” (lo dicono solo gli occhi, ma parlano in stampatello).
“Certo, grazie. Perché la scuola è per voi; e senza di voi non esiste”.
Lo sguardo della ‘povna punta dritto verso Onesto. Ma la voce è scandita, con intento, in direzione dei colleghi.