Magazine Diario personale

Verde di paura

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Io da piccolo volevo fare il panettiere perché dormivo sul divano-letto.
La lucina verde pallido, che diffondeva un filtro spettrale nella stanza, non faceva altro che fortificare la mia convinzione di bimbo elementare: da grande farò il panettiere oppure lavorerò in una redazione notturna di un giornale. L’importante è non dover dormire la notte.
Mio papà tornava a casa tardi dal lavoro, non prima delle dieci, e si metteva con la mamma a guardare un po’ di tv nella stanza salotto. La stanza salotto era anche la mia cameretta da letto con tanto di divano letto. Così io andavo sotto le coperte con proiezione cinematografica in stanza, anticipando di qualche decennio i moderni standard da iperstanza multimediale. Capitava che si guardasse un incontro di boxe, un film poliziesco, i cow boy, oh i cowboy! Capitava pure che ci fossero scene truculente, orripilanti, sanguinarie. Una volta vedemmo pure La Mummia (quella vera, originale, letale, in bianco e nero, non i pretenziosi remake, praticamente delle comiche a colori).
Scrivo “vedemmo” perché purtroppo io non resistevo alla curiosità di sbirciare le scene più drammatiche, le musiche da alta tensione criminale nelle scene topiche mi venivano a scovare sotto le lenzuola come un canto di sirene. E io sbirciavo. Ancor più purtroppo, il mio cervello ha il brutto vizio di saper razionalizzare brillantemente ciò che accade alla rassicurante luce del giorno. Poi, appena cala la notte, un idiota fatto su in rotoli di carta igienica che entra da un finestrone divelto, senza proferir parola, a uccidere la vittima predestinata e inerme dentro una stanza imbottita di un manicomio, si rivela per ciò che è veramente: la terrificante mummia! Altro purtroppo: una fervida immaginazione non aiuta nelle notti solitarie, proprio no!
Appena la tv si spegneva e i miei genitori andavano a letto, anche il buon senso se ne andava a dormire e io restavo solo, con le mie paure. Contrapponevo per qualche minuto valide argomentazioni: di là ci sono mamma e papà, nulla può nuocermi. Poi l’inconfondibile suono ritmato noto come “russata”, mi metteva di fronte all’evidenza: loro non ci sono più adesso, per le prossime ore tu sei solo, piccolo Kisciotte, manca ancora molto al sorgere del sole, sempre se arriverai a vedere l’alba! Muhahahahahah!!!Controllavo che le imposte della finestra fossero immobili, mi rintanavo sotto le coperte e cominciavo a trasudare paura come un pollo allo spiedo. Ogni notte infradiciavo maglietta, pigiama, lenzuola di litri di terrore puro. Penso che quelle notti decretarono la salute precaria di un adulto soggetto a mal di gola e raffreddamenti.
Ero preda di ogni paura, anche lo scricchiolio sinistro udito in una scena di Nick Carter nel Supergulpbastava a tenermi sveglio. Quando la paura martellava alle tempie, o collassavo spossato nel sonno, o sgusciavo giù dal letto. A piedi scalzi sul pavimento gelido, con il sudore gelato addosso, mi avvicinavo silenzioso sulla porta della camera adiacente. Vedere la sagoma della mamma (seppur d’alone verde) bastava a tranquillizzarmi. Stavo lì in piedi coi brividoni in ogni stagione, per interminabili minuti. Poi, o tornavo nella mia bara gelida e umida, o affrontavo l’impresa. Si trattava di inerpicarsi sopra la testa della mamma, tenendomi alla testiera lignea fottutamente scricchiolante. Oppure mi infilavo gattoni e guardingo ai piedi del letto, risalendo tra i due corpi, attendo a non svegliarli.Avrei anche potuto diventare freeclimber o guida alpina, effettivamente.
Lo scopo era riuscire ad adagiarmi raggomitolato tra mamma e papà. Gelavo all’inverosimile, ma almeno da lì, per il mio corpo assiderato ma non sbranato, vedere albeggiare il sole tra le persiane non era più un’ambizione assurda. Alle volte la mamma si svegliava e mi tirava sotto, senza fare rumore, perché se si svegliava prima il papà venivo scacciato con minaccia di ciabattate nel sedere.
C’era sempre, nella stanza salotto dove dormivo, la lucina verde che la mamma inseriva la sera nella presa alla parete per non lasciarmi al buio. La piccola parte di me pensante sapeva che la lucina aveva buone intenzioni, voleva essere la mia unica, piccola alleata nell’impari lotta contro la paura del buio. La grande parte di me tremante veniva di fatto sbattuta in un epatico limbo da palude stigia, offerto in bella vista a demoni di ogni sorta. È notorio che gli zombie ci sguazzano nella lucina verde cimiteriale! Ed è anche noto che il buio fa paura, ma fa ancora più paura trovarsi avvolti da un'inquietante lucina verde. Quella lucina ti rivela con spietata concretezza che le tue non sono solo fantasie da bambino pauroso. Eccolo il Buio cieco manifestarsi subdolo e verdastro in ogni penombra proiettata sulle pareti e sui mobili!
Quella lucina verde rimane uno dei miei primi, persistenti ricordi dell’infanzia.Poi sono cresciuto, non ho fatto né il panettiere né la guida alpina. Anzi, dopo i quindici anni non ho più saputo cosa vorrò fare da grande.Una cosa è certa: ancora oggi faccio fatica a coricarmi, in piena estate, con la finestra aperta in camera da letto.Certo, adesso che è giorno è facile sfottere! Ma che le mummie ci sopravvivono è un altro pauroso dato di fatto! Specialmente la notte.
K.

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