Magazine Cinema
652 minuti di sceneggiato televisivo che sono un lusso da concedersi, un omaggio a un compositore che ha fatto la storia del nostro Paese, un uomo che, insieme ad Alessandro Manzoni, era lì quando l'Italia nasceva contro ogni previsione, come opera politica e come opera rivoluzionaria. Dalla cultura contadina da cui proveniva, e alla quale sempre appartenne, attraverso l'aiuto di Barezzi, padre della prima moglie Margherita, Verdi emerge pian piano a suon di fallimenti e di delusioni, uscendo dal suo asfittico "borgo natio", per dirla con Leopardi, per approdare alla capitale della musica, quella Milano che era innanzitutto sede della Scala. L'incontro con Giuseppina Strepponi, la vicinanza del suo ex suocero, la trilogia popolare, l'adozione della nipote, tutto rientra in un quadro artistico oltre che umano. Da Verdi, di Renato Castellani, io ho imparato moltissimo: anche volendo far la tara al resoconto che ne emerge, senza sovrapporre allo sceneggiato le pagine del trascinante romanzo omonimo di Franz Werfel, anche accettando a malincuore l'assenza del personaggio di Puccini, o volendo appurare certe informazioni che non so fare mie se non dopo una verifica personale, direi che il quadro dell'uomo Giuseppe Verdi è insieme realistico e intensissimo, puntuale.
Forse, trattandosi dell'82, si tratta di uno sceneggiato poco "accattivante", se non per gli attori (nei panni del protagonista, un amabile Ronald Pickup, che un paio di anni prima era stato anche Stravinsky nel film Nijinsky, Carla Fracci, come compagna della sua vita, l'indimenticabile Barezzi di Giampiero Albertini, o lo schivo Boito di Lino Capolicchio e tutti gli altri). Ogni puntata, anche quando all'insegna di un discreto buonismo (che io comunque preferisco al cinico scempio di oggi), offre mille spunti di riflessione e di ripensamento della musica di Verdi, sempre sui binari delle sue opere, di scelte musicali oculate e colte. Non si disattendono mai le conoscenze e i desideri del grande pubblico (con le arie e i pezzi più celebri), ma al contempo lo si istruisce con intelligenza e garbo, esempio di una televisione che non esiste da lustri. In più, per gli appassionati, Verdi di Renato Castellani vanta una fotografia (a cura di Giuseppe Ruzzolini) preziosa per la qualità di sobrie, elegantissime inquadrature.
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