Dopo essere stato presentato in concorso all'ltimo Festivla di Berlino, arriva nelle nostre sale Vergine giurata, il film che segna l'esordio alla regia di una giovane italiana, Laura Bispuri, autrice con già all'attivo diversi cortometraggi che ha deciso di approdare sul grande schermo con un lavoro girato a basso budget e dall'alta componente multietnica.
Prendendo le mosse dall'omonimo romanzo di Elvira Dones, la Bispuri racconta una storia dalla forte componente drammatica del tutto incentrata sul tema del ritorno. Hana ( Alba Rohrwacher) infatti è una ragazza albanese costretta ad estreme limitazioni sociali a causa della comunità maschilista e retrograda in cui vive. Per riuscire a cercare una svolta nella sua vita, presta un giuramento di verginità che la metterà sullo stesso piano degli uomini. Dieci anni dopo però, la donna sentirà il bisogno di tornare indietro, di riappropriarsi della sua identità, delle sue relazioni affettive e del suo corpo.
Il corpo, appunto, è il vero protagonista della vicenda, "interpretato" splendidamente da Alba Rohrwacher (da lodare anche per lo studio linguistico a cui si è sottoposta prima delle riprese). La Bispuri mette in scena un apparato umano mutilato, limitato, afflitto, con cui la protagonista si sente a disagio, si sente nuda. Ed è proprio con questa nudità che il film gioca sin dall'inizio, mostrando l'attrice sempre vestita (persino negli ambienti più estremi come la piscina) sino a che il personaggio non riuscirà finalmente a tornare indietro, ad accettarsi per quello che è e a sciacquare via (letteralmente con la scena della doccia) il suo passato.
Il percorso della protagonista è costantemente accompagnato da una fatica massacrante ma invisibile ai più (netto ed esplicito il paragone con il nuoto sincronizzato, dove fuori dal livello dell'acqua l'apparenza impone gioia e freschezza, mentre sotto gli atleti soffrono a denti stretti), aggravata maggiormente da un richiamo malinconico verso la sua terra d'origine, un'Albania aspra e cruda con la quale Hana non può non fare i conti. Amore e odio sono i sentimenti che la legano al suo Paese, una realtà da cui è dovuta scappare per ritrovare se stessa ma verso la quale ora sente il bisogno di tornare, rigenerata dalla sua esperienza (la canzone finale lo sottolinea).
Ostacolato da scelte stilistiche di richiamo autoriale un po' troppo azzardate, da svolte narrative sbrigative e per nulla funzionali (la scena della masturbazione nel bagno è uno dei momenti più infelici della pellicola) e da un finale frettoloso e riconciliatorio, Vergine giurata rimane comunque un'opera coraggiosa che lascia ben sperare per il futuro della regista.
Voto: 2,5/4