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Dopodomani il Governo varerà l’attesissimo pacchetto per il lavoro e l’occupazione giovanile. Il premier Enrico Letta ne ha fatto un punto d’onore dei suoi primi mesi di lavoro, e gli va riconosciuto che la strategia del doppio binario Italia-Europa ha quantomeno sollevato, per ora, una discreta attenzione sulla piaga che infesta da oltre un decennio questo Paese, nel disinteresse generale.
Si parla, per venerdì, dell’introduzione di un “bonus assunzioni”, che defiscalizzi di fatto i nuovi impieghi per gli under 30. Si parla anche di ritocchi alla Legge Fornero, che potrebbero però riaprire la porta agli abusi dei contratti a termine, su cui in troppi hanno lucrato negli ultimi anni. Si parla di una semplificazione dell’apprendistato, un’istituzione che sinceramente pare ormai superata per le professioni qualificate (all’estero i nostri laureati e “masterizzati” li assumono direttamente, se qui continuiamo a chiamarli “apprendisti” rischiamo di sminuirli un po’ troppo, anche in termini di stipendio…)
Staremo a vedere: già sabato il Ministro dell’Università Maria Chiara Carrozza ha dato un primo segnale interessante, con lo sblocco dell’assunzione di 1500 ricercatori e 1500 docenti nelle nostre università.
A questo punto vi chiederete: perché il titolo “Vergogna!”, nel “post”? Che c’entra?
L’occasione ce la fornisce, per l’appunto, la “vergognosa” notizia, secondo cui -grazie a una sentenza della Consulta- i baroni universitari (non ce la sentiamo proprio di chiamarli “professori”… questi sono semplicemente degli anacronistici “baroni”), potranno continuare a lavorare anche dopo i 70 anni. Per almeno un altro biennio.
Basta compilare una richiesta motivata (da cosa?) e presentarla in ateneo: un compiacente Senato Accademico, zeppo di complici cariatidi, non farà ovviamente problemi, affinché il caro collega resti in servizio, ad esercitare con gioia il proprio potere, per altri due anni.
E’ ovviamente esplosa una rivolta tra i giovani ricercatori in diverse università, tra cui Bologna.
Questo è il più classico esempio di un Paese dove non bastano le leggi, a cambiare le cose. Bisogna cambiare la mentalità, svecchiare un certo modo di gestire il sistema, rimuovere i vecchi schemi di potere baronali, per introdurne di nuovi, meritocratici.
Ai baroni universitari, molti dei quali ricordo ancora assisi sulle loro auguste cattedre a guardarci con disprezzo nei miei anni universitari, lancio un solo messaggio: “Go Home. It’s over!“
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