Non bastava, evidentemente, una situazione politica instabile con pochi precedenti (forse nessuno) nella nostra storia. Non bastavano, allo stesso modo, gli appelli all’unità, alle intese e all’urgenza, gli editoriali accorati e gli inviti delle nuove forze iperdemocratiche a smetterla con le parole e agire. Bisognava anche fare gazzarra – meglio se in mondovisione – sull’elezione del presidente della Repubblica, la prima carica dello Stato.
E così il nome di un ottimo Capo dello Stato, già dimostratosi assolutamente all’altezza del suo ruolo e dotato di un altissimo senso delle istituzioni, quello dell’ex migliorista Giorgio Napolitano, è stato accostato da Grillo alla parola “golpe” – quel termine che all’ex comico piace particolarmente. Come se la “colpa” della candidatura fosse sua e non – eventualmente – di chi è corso a intercettarlo, con le pantofole già ai piedi, per tirargli la giacchetta e chiedergli di rimanere.
A Grillo si è subito accodata tutta una serie di personaggi e macchiette a cui usare la parola di cui sopra fa storicamente piacere, col risultato che davanti a Montecitorio, mentre scrivo, oltre al Movimento 5 stelle sono presenti: Mascia e il suo Popolo viola, Di Pietro, Ferrero e Rifondazione, Forza Nuova e Casa Pound. E questo cocktail esplosivo basterebbe già da solo a spiegare come la sballata tesi del “golpe Napolitano” sia l’opera in malafede di qualche Mangiafuoco in fase calante.
Poi sono venute fuori le prime stilettate: Travaglio ha scritto di essere «orgoglioso» di ciò che ha tuonato su Napolitano e di aver votato Ingroia (sì, avete letto bene: Ingroia!). La stimata economista Napoleoni ha fatto eco a Grillo, chiamando a raccolta il popolo oppresso a Roma. Diversi presunti intellettuali hanno gridato al complotto della vecchia politica e al prosieguo dell’inciucio della casta. Ma, di nuovo, non è colpa di Napolitano se il Paese è spezzato e ridotto all’impasse da leadership opinabili e veti multipli.
A mio parere, il presidente ci ha fatto un favore. E quell’«assunzione di responsabilità» di cui scrive nel comunicato con cui annuncia la sua disponibilità dovrebbe far riflettere molti. A cominciare da quei parlamentari che, dopo il superamento del quorum e la matematica certezza della sua rielezione, non hanno applaudito. Se questo è il nuovo, andava benissimo il vecchio. Vergognatevi, reclute.
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