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Vermeer e il secolo d’oro dell’arte Olandese alle "Scuderie del Quirinale"
Creato il 06 novembre 2012 da PinkafeDal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013, le Scuderie del Quirinale a Roma ospitano una mostra che ha per oggetto la pittura olandese del XVII secolo.
Tante le opere di artisti rinomati all’epoca, ma poco noti ai più, soprattutto in Italia: Carel Fabritius, Pieter de Hooch, Emmanuel de Witte, Gerard ter Borch, Gerrit Dou, Nicolaes Maes, Gabriël Metsu, Frans van Mieris, Jacob Ochtervelt e Jan Steen.
Il grande, indiscusso Maestro, orgoglio e occasione di questa mostra è Johannes (Jan) Vermeer (1632-1675), il pittore considerato con Rembrandt il più importante esponente olandese del “secolo d’oro”.
Raccogliere insieme otto dei trentacinque dipinti di Vermeer, nessuno dei quali è ospitato in un museo italiano, è veramente un’impresa degna di lode, per la quale vale la pena di affrontare una discreta fila prima di poter accedere alla mostra vera e propria.
Nello spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale - che ha consacrato la propria fama a livello nazionale (e non solo) nel 2010, con la mostra dedicata a Caravaggio - le tele di Vermeer hanno il posto d’onore.
Nei dieci ambienti la temperatura è bassa e costante, l’illuminazione dosata sapientemente per far spiccare nella penombra le tele presentate su sfondo azzurro o verde.
L’incontro con il Maestro avviene nella prima sala, con una delle sue opere più ammirate e, nello stesso tempo quella che si discosta di più dalla maggior parte della sua produzione, che ha per oggetto la rappresentazione di interni domestici con una o due figure umane.
È la Piccola strada di Delft o La stradina, un olio che misura appena 53,5 x 43,5 cm. e che proviene da Amsterdam.
Il fascino di questo dipinto, probabilmente realizzato con l’ausilio di una camera ottica, non è solo nella perfezione dei dettagli, che consente – pur nelle dimensioni ridotte - di cogliere persino la ruvidezza dei rossi mattoni che compongono la casa, ma nello spaccato poetico di un giorno qualunque reso attraverso il lavoro di donne semplici: una ricamatrice, una lavandaia.
È il primo approccio con le "donne di Vermeer", il suo soggetto preferito, presente in quasi tutti i dipinti.
Le tele esibite ci danno la possibilità di ammirare le dame eleganti che fanno parte della ricca società dell'epoca, vestite di seta (Giovane donna con bicchiere di vino) o ricoperte da un manto dorato bordato di pelliccia (La suonatrice di liuto).
Tuttavia, i suoi quadri più famosi, quelli che davvero commuovono lo spettatore, sono dedicati a donne più modeste, spesso intente al loro lavoro: la Lattaia, la Ricamatrice, e la celeberrima Ragazza con turbante, nota come La ragazza con l’orecchino di perla, soggetto dell’omonimo romanzo di Tracy Chevalier, interpretata nella versione cinematografica da Scarlett Johansson.
Questi capolavori, purtroppo, non sono presenti alle “Scuderie”.
Ma c’è un quadro, divenuto icona di questa mostra, che regala un’emozione fortissima al visitatore.
Tutta la città è tappezzata di Lei: ci sorride in modo enigmatico e sconcertante dai cartelloni pubblicitari, e dalle paline alle fermate degli autobus.
È la Ragazza con il cappello rosso.
Datato 1665-1666, questo dipinto minuscolo (22,8x18 cm.) sembra balzare fuori dalla cornice dorata e dal pannello azzurro, e venirci incontro. Il volto, quasi senza sopracciglia, è tutto nella brillantezza dello sguardo, replicata dalle labbra lucide e dal bagliore di perla degli orecchini, un tratto caratteristico di Vermeer. Lo sfondo scuro e opaco, dà ancora maggior risalto al rosso fuoco del cappello, al prezioso oltremare del manto e al colletto bianco bagnato di luce. L’effetto è quello di un impressionismo ante litteram, e di fronte a un simile capolavoro non si può che condividere il giudizio entusiasta di Proust. Lo scrittore francese ammirava il pittore olandese a tal punto da inserirlo nella sua “Recherche”:
“Si tratta sempre della stessa tavola, dello stesso tappeto, della stessa donna, della stessa bellezza nuova e unica; bellezza che costituisce un enigma, in quell’epoca in cui nulla le somiglia, né vale spiegarla, quando si cerchi non già di cercarle parentele in soggetti simili, ma di precisare l’impressione tutta speciale prodotta dal colore”.
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