Vero e falso in grafologia

Da Counselor @empaticalista

La grafologia permette di conoscere “tutto” sullo scrivente.

Falso. La scrittura riflette la personalità nei suoi meccanismi più profondi, ma una certa dose di “sconosciuto” è sempre presente; siamo esseri in costante evoluzione ed il nostro avvenire ci appartiene. La grafologia, sebbene spesso ancor oggi confusa coi metodi predittivi, non è certo una tecnica divinatoria! L’analisi grafologica ci può invece illuminare sul nostro vissuto e favorire la consapevolezza sui punti di forza e debolezza. E come ben sappiamo la consapevolezza è il primo passo di un ulteriore mutamento…

La scrittura cambia con le generazioni ed è condizionata dalle convenzioni sociali.

Vero. Salvo qualche eccezione la scrittura conserva, anche se in minima parte, l’impronta del tipo di calligrafia insegnata sui banchi di scuola, dunque il marchio di una generazione. Agli inizi del secolo la grafia  insegnata era inclinata, con prolungamenti notevoli in alto ed in basso, con fioriture ed abbellimenti nelle maiuscole; oggi tende a raddrizzarsi, ad avere maiuscole più sobrie e soprattutto nei paesi nordici ad assomigliare allo script. Un tempo era d’uso la “bella calligrafia” e gli scolari erano valutati anche per questo, oggi è una pratica desueta. Le generazioni più giovani, più libere nell’espressione grafica, utilizzano altri strumenti (non più la stilografica, ma la penna a biro) per scrivere: il loro grafismo nell’età adulta presenta dunque un altro tipo di costruzione. La grafia è più personalizzata e l’avvento del computer inizia a lasciare i suoi primi segni con lettere schematizzate e semplificate. In particolare le grafie degli adolescenti d’oggi hanno acquisito caratte ristiche evidenti che si ripetono, infatti oltre all’effetto dei meccanismi neuromuscolari e fisiologici la scrittura porta l’impronta delle abitudini, delle convenzioni sociali che variano con i gruppi ed i paesi d’origine.

La grafia rivela il sesso dello scrivente.

Falso. Sebbene nella norma le grafie femminili siano vergate con forme più arrotondate ed accoglienti e quelle maschili siano più angolose, il grafologo non può affermare con certezza se lo scritto che ha davanti agli occhi appartenga ad un uomo o a una donna. Infatti è sempre necessario che il grafologo sia a conoscenza del genere sessuale dello scrivente, in quanto l’analisi può semmai far emergere quanto e come le componenti femminili/maschili siano ben integrate nella personalità e come questa complessa dinamica si manifesti nel comportamento e nel sentito quotidiano.(anima/animus Junghiani). Non è nemmeno possibile stabilire l’orientamento sessuale dello scrivente.

L’assunzione di medicinali può alterare il gesto grafico.

Vero. Anti-depressivi, ansiolitici o eccitanti possono influire sul dipanarsi del gesto grafico, perturbarlo proprio come sono perturbati i tempi di reazione, la qualità dei riflessi ed il grado di vigilanza. E’ pertanto consigliato che il grafologo ne venga informato.

L’intuizione del grafologo interviene nell’interpretazione della grafia.

Vero. L’utilizzo delle tecniche non è sufficiente. E’ necessaria una certa sensibilità, della perspicacia, e certamente dell’intuizione. E’ infatti quest’ultima che permette di stabilire la giusta “diagnosi”, come di evitare i rischi della soggettività. Ma altrettanto deleteria è un’intuizione malcontrollata, lasciata a briglia sciolta ai voli pindarici della fantasia; possiamo invece paragonarla all’intuizione del medico, più conosciuta e riconosciuta, che si poggia su conoscenze, sull’osservazione minuziosa e che si sviluppa con l’esperienza. Al grafologo non deve far difetto nemmeno una certa dose di empatia, caratteristica che permette di meglio comprendere sentimenti e vissuti dello scrivente, e di trovare “le parole per dirlo” utili a non urtare la sua sensibilità e a fare in modo che l’eventuale incontro vis à vis di restituzione dell’analisi divenga momento di crescita ed evoluzione. Il grafologo toglie un velo, e lo deve fare con prudenza.

Non è possibile che un grafologo analizzi la mia grafia: cambia sempre.

Falso. Quante volte i grafologi si sentono dire questa affermazione? In realtà la scrittura cambia “in superficie” secondo le fasi della vita, le emozioni che si stanno sentendo, l’umore del momento… Ma per il grafologo la grafia conserva degli elementi ben precisi, netti, fortemente individualizzati e riscontrabili in tutto lo scritto malgrado i cambiamenti apparenti. Ognuno di noi possiede una maniera unica di scrivere, di formare quel certo tipo di lettera; ognuno di noi dona alla sua grafia una coloritura particolare che la caratterizza ed il grafologo ne sa estrapolare le costanti che si ripetono: i legamenti, i gesti d’attacco (per intenderci, come viene iniziata una parola), un gesto tipo, il ritmo del tracciato, il tratto e la pressione; in particolare questi ultimi possono essere considerati come simbolo dell’indice costitutivo e dell’energia vitale della grafia stessa.

Si può imparare ad effettuare analisi grafologiche studiando dei libri.

Falso. La grafologia, disciplina piuttosto ardua, esige diversi anni di studio, sotto la guida di insegnanti; necessita di esercizi ripetuti e della correzione degli stessi. Richiede un buon livello culturale generale, una certa maturità di spirito, ed il gusto della ricerca, dell’analisi minuziosa e metodica. Apprendere la grafologia è lungo, richiede una grande disponibilità mentale ed attitudine allo studio. Senza reale formazione grafologica non è possibile analizzare una scrittura, tanto meno la propria, in quanto è difficile essere obiettivi con se stessi. Durante il percorso di formazione il grafologo apprende molto anche su di sè, sui suoi meccanismi proiettivi e difensivi e divenendone consapevole fa sì che non  fuorviino l’interpretazione delle scritture a lui sottoposte per l’analisi. Applicare la tecnica grafologica indiscriminatamente, senza essere stati guidati nell’apprendimento e senza aver avuto Maestri che ci abbiano illuminato grazie alle correzioni ed ai successivi approfondimenti che ne derivano, può pertanto diventare un inconsapevole danno per il malcapitato. A ciò aggiungiamo che il non-grafologo, nella norma, riesce a rimarcare le caratteristiche isolate, i singoli segni; mentre il professionista ha appreso una tecnica interpretativa che si avvale anche del  contesto grafico in cui essi si esprimono e della dinamica che creano l’uno in presenza dell’altro, combinato al ritmo e alla qualità del tratto.

Il grafologo è tenuto al segreto professionale.

Vero. Esiste un codice deontologico che protegge la persona, in particolare il grafologo è tenuto a non divulgare materiale senza il consenso dell’autore dello scritto e a non analizzare grafie di cui sia a conoscenza che siano state indebitamente sottratte. Per approfondire qui il link al codice deontologico dell’A.G.P., Associazione Grafologi Professionisti.

Grafologia aziendale: l’analisi grafologica permette all’azienda di conoscere la personalità del candidato.

Falso. E’ severamente vietato al grafologo menzionare quegli elementi che fanno riferimento alla personalità profonda del candidato, infatti i grafologi in formazione vengono allenati in tal senso fino a farlo divenire una sorta di automatismo. Citando nuovamente dal Codice Deontologico: “Nell’attività di selezione professionale egli eviti di toccare gli aspetti della personalità dello scrivente che non sono in rapporto con il posto di lavoro in questione. Egli deve adottare un linguaggio chiaro, prudente, privo di ambiguità, essere del tutto imparziale e rifiutare analisi di compiacenza.”


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