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Articolo di Dario Di Vico pubblicato sul Corriere della Sera l'11 novembre 2015
Nell'Italia attenta ai decimali, capita di dimenticarci di intere province con tassi di disoccupazione assai bassi: una di queste è sicuramente Verona che viaggia al 4,9%, 7-8 punti in meno dell'andamento della media nazionale, numeri migliori della Germania e degli Usa. Gli addetti ai lavori considerano il tasso di disoccupazione «un dato sul quale non morire» preferendo ragionare sulle dinamiche degli occupati ma il caso scaligero è degno di menzione. A tirare fuori il dato è stato il presidente della Confindustria locale, Giulio Pedrollo, in occasione dell'assemblea annuale dei suoi associati e il ministro Giuliano Poletti, presente in sala, ha colto la palla al balzo per dire che «Verona è un esempio per tutto il Paese». La provincia confrontata con il resto d'Italia eccelle e riesce a prevalere anche in Veneto dove il tasso di disoccupazione medio è al 6,6. I dati suddivisi per provincia vengono forniti dall'Istat solo annualmente e il 4,9% si riferisce a fine 2014 e quindi non risente ne del Jobs act né della decontribuzione. Può essere utile però consultare su Venetolavoro.it le assunzioni nella regione nel 2015 e constatare
cosi che la provincia di Verona ne ha realizzate più di 42 mila nel primo trimestre (su un totale Veneto di 188 mila), circa 45 mila nel secondo (con tutto il Veneto a quota 204 mila). Nel terzo trimestre 2015 i nuovi posti di lavoro a Verona sono cresciuti del +1,18% rispetto allo stesso periodo del '14.
La previsione fornita da Confindustria dopo consultazione degli associati parla di
un ulteriore +1,2% per il quarto trimestre. Cosa contribuisce a dare a Verona un mercato del lavoro più dinamico? Un insieme di fattori, è la risposta che danno tutti e vuol dire che quello veronese è un modello di economia locale sui generis (più verticale) rispetto al Nord Est e ai distretti. A fare la differenza è sicuramente la dimensione delle aziende: Verona è prima in Veneto per numero di aziende sopra i 250 dipendenti e ciò determina una serie di effetti a catena. Più occupati, più figure qualificate, più valore aggiunto, più ricerca e anche più multinazionali. Ma anche più
investimenti perché il presidente Pedrollo ha detto che «8 imprenditori su 10 hanno lasciato gli utili in azienda». Oltre alla dimensione delle imprese a conferire smalto all'economia scaligera è anche la diversificazione settoriale, la monocultura non abita qui. La ripresa vista da Verona dunque sembra più veloce: il 72% delle imprese dichiara di aver una buon utilizzo della capacità produttiva installata. Attenzione però che non è dappertutto così, neanche al nord: è di 48 ore fa un campanello d'allarme suonato dalla Confindustria di Varese: "Qui la ripresa rallenta".
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