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Verso di noi e noi li respingiamo. Warsan Shire (traduzione Pina Piccolo)

Creato il 04 novembre 2013 da Met Sambiase @metsambiase

 

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Fra le poesie di Contenitore Lampedusa, la voce della giovanissima poetessa Warsan Shire,  ”non suona lotta”.  E’ la lotta fra l’oppresso e l’oppressore non può limitarsi al pietismo e alla compassione dello sguardo dell’Altro, che poi ha “altro” da fare il giorno dopo. Siamo nati per caso su questa terra e distribuiti a caso nei suoi frammenti di spazio, possiamo differenziare le nostre vite solo riformando in ogni luogo il diritto alla dignità e alla vita stessa. Non è da poco conto ricordalo.
Contenitore Lampedusa vorrebbe  che la tomba marina di Lampedusa sia l’ultima nelle nostre acque,  e i poeti che hanno lasciato i loro versi, credono che  un per una nuova partecipazione sociale tutto quello che si deve scrivere e fare vada fatto oltre il giorno della compassione mediatica.
Tutte le poesie  di Contenitore Lampedusa sono scaricabili gratuitamente dal sito Glob011.

 

Casa
di Warsan Shire
(Traduzione di Pina Piccolo)

 

Nessuno lascia la propria casa a meno che

casa sua non sia la bocca di uno squalo

verso il confine ci corri solo

quando vedi tutta la città in fuga

i tuoi vicini che corrono più veloci di te

in gola il fiato insanguinato

il tuo ex-compagno di classe

quello che ti ha baciato fino a farti girare la testa dietro alla fabbrica di lattine

ora tiene nella mano una pistola più grande del suo corpo

lasci casa tua

quando è proprio lei a non permetterti più di starci.

 

nessuno lascia casa sua a meno che non sia proprio lei a scacciarlo

fuoco sotto ai piedi

sangue che ti bolle nella pancia

 

non ti sarebbe mai saltato in testa di farlo

se non fosse per  la lama che ti stampa minacce incandescenti

sul collo

e nonostante tutto continui a canticchiare  l’inno nazionale

sottotono

e solo dopo aver strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto

singhiozzando ad ogni boccone di carta

ti risulta chiaro il fatto che non ci tornerai.

 

dovete capire

che nessuno mette i figli su una barca

a  meno che l’acqua non sia più sicura della terra

 

nessuno va a bruciarsi i palmi delle mani

sotto i treni

sotto i vagoni

nessuno passa giorni e notti nel ventre di un tir

nutrendosi di giornali a meno che le miglia percorse

abbiano un significato diverso da un qualsiasi altro viaggio.

 

nessuno striscia sotto ai recinti

nessuno vuole essere picchiato

commiserato

 

nessuno se li sceglie i campi profughi

o le perquisizioni a nudo che ti lasciano

il corpo pieno di dolori

 

o il carcere,

perché il carcere è più sicuro

di una città che arde

e un secondino

nella notte

è meglio di un carico

di uomini che assomigliano a tuo padre

 

nessuno ce la può fare

nessuno lo può sopportare

nessuna pelle può resistere a tanto

 

Il

 

Tornatevene a casa neri

rifugiati

sporchi immigrati

richiedenti asilo

che prosciugano il nostro paese

negri con le mani tese

hanno un odore strano

selvaggio

hanno distrutto  il loro paese e ora vogliono

distruggere il nostro

 

le parole

gli  sguardi storti

come fai a scrollarteli di dosso?

 

forse perché il colpo è meno duro

che  un arto divelto

o le parole sono più tenere

che quattordici uomini tra

le cosce

o gli insulti sono più facili

da mandare giù

che le macerie

che le ossa

che il corpo di tuo figlio

fatto a pezzi.

 

a casa ci voglio tornare,

ma casa mia è la bocca di uno squalo

casa mia è la canna di un fucile

e a nessuno verrebbe di lasciare casa sua

a meno che non sia stata lei a inseguirlo fino all’ultima sponda

 

a meno che casa tua non ti abbia detto

affretta il passo

lasciati stare i tuoi stracci

striscia nel deserto

sguazza negli oceani

 

annega

salvati

fatti fame

chiedi l’elemosina

dimentica la tua dignità

la tua sopravvivenza è più importante

 

Nessuno lascia casa sua se non quando essa diventa una voce sudaticcia

che ti mormora nell’orecchio

Vattene,

scappatene da me adesso

non so cosa io sia diventata

ma so che qualsiasi altro posto

è più sicuro che qui.


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