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Verso i Golden Globes \ IO SONO L'AMORE (Italia, 2009) di Luca Guadagnino
Creato il 03 gennaio 2011 da KelvinRiassumiamo brevemente: il film viene presentato alla Mostra di Venezia 2008, snobbato dalla critica nostrana e con un ritorno commerciale pressochè inesistente. Distribuito (si fa per dire) in una cinquantina di sale nello spazio di un weekend, a molti mesi di distanza dal passaggio al Lido, ottiene incassi risibili e viene immediatamente ritirato. La vetrina festivaliera però, per una volta, ottiene il suo scopo: il film viene notato prima da produttori canadesi e poi distribuito anche sul mercato statunitense. Viene quindi presentato prima al Festival di Toronto e poi al prestigioso Sundance Film Festival, con lusinghieri apprezzamenti da parte di tutta la critica nordamericana. Una volta arrivato al cinema, I am love (questo il titolo ‘internazionale’) comincia incredibilmente a sbancare il botteghino americano arrivando ad incassare la ragguardevolissima cifra di 6 milioni di dollari, traguardo raggiunto in passato solo da pochissimi altri titoli stranieri (es. La vita è bella). Non solo: per il Washington Post è da ritenersi tra i quattro migliori film in assoluto del 2010. Variety arriva beffardamente a sostenere che ‘non sembra nemmeno un film italiano tanto è diverso dalle abituali (e sottinteso scadenti) commediole del Belpaese’. Il New York Times lo paragona addirittura a Vertigo di Hitchcock (!).
Tutto questo gli vale una sorprendente nomination ai Golden Globes come Miglior Film Straniero e alla protagonista Tilda Swinton come migliore attrice.
Che dire? Miopia del cinema di casa nostra o abbaglio della critica a stelle e strisce?
Forse la verità, come sempre, sta nel mezzo. Una cosa però è certa: Io sono l’amore non è un film banale, e sicuramente non meritava la supponenza e l’indifferenza del nostro mercato.
La pellicola di Guadagnino è un’opera ambiziosa, cerebrale, forse irrisolta ma che di sicuro non lascia indifferenti.E’ la storia di una famiglia altolocata della Milano-bene, la cui ordinaria e decadente quotidianità viene stravolta dall’improvvisa passione della moglie del capofamiglia per un giovane cuoco appena assunto. Questa storia d’amore impossibile, prima soffocata e poi scoppiata con la forza di un ciclone, genera effetti devastanti in tutti i membri della famiglia, da troppo tempo imprigionati nell’arida e soffocante vita borghese in cui si dibattono da sempre. Il dramma ovviamente è dietro l’angolo, ma l’abilità del regista sta nel non concedere assolutamente nulla al pietismo e al sensazionalismo facile, evitando ‘scene madri’ e sequenze ad effetto.
Il taglio del film è gelido, algido, apparentemente impersonale e decisamente ‘indigesto’ per chi guarda, che si aspetta che ‘accada qualcosa’ in ogni momento… invece i minuti passano e il disagio (dei protagonisti e dello spettatore) cresce senza che sullo schermo si veda qualcosa di ‘eclatante’. Eppure l’inquietudine si tocca con mano, facendo prendere coscienza in chi lo guarda del disfacimento dei valori di una società (in questo caso italiana, ma potrebbe essere di qualunque parte del mondo) basata sull’apparenza e l’ipocrisia.
Certo, il film sotto certi aspetti potrebbe sembrare pretenzioso e autocompiaciuto. ‘Un arido esercizio di stile’ come ha scritto buona parte della critica italiana… che forse non ha tutti i torti ma che, dico io, non ha MAI rivolto le stesse critiche, per esempio, ai film di Michael Haneke: regista elogiato da tutti le cui opere, a mio modestissimo parere, sono le più vicine a questa.
Che dire? Che forse noi italiani (parlo in generale) dovremmo avere un po’ più di pazienza e un po’ più di coscienza critica nel giudicare opere ‘non allineate’ e difformi dagli standard nazionali. Certo, molta critica spocchiosamente continuerà per principio a stroncare Guadagnino, ma lui intanto fa soldi a palate negli States e rischia più di una candidatura ai prossimi Oscar. Non quella però per il film straniero, categoria per la quale l’Italia ha scelto il ruffianissimo, stanco, ipocrita e perbenista La prima cosa bella di Paolo Virzì. Pellicola ‘allineata’ e all’insegna del ‘volemose bene’, tipica del nostro paese. Magari vincerà, ma certo in più di un addetto ai lavori comincia, subdolamente, ad insinuarsi il dubbio: non avremo sbagliato film?
VOTO: * * * *
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