Magazine Pari Opportunità
Paola mi ha segnalato questo breve documentario trasmesso il 29 settembre in tarda serata su Rai tre nella trasmissione "C'era una volta":
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-00c1e5e7-3157-48c1-8036-f88eba7f2769.html#
Si tratta di una versione accorciata di un documentario del 2007 dallo stesso titolo, "Bambole".
Trovo il documentario di un certo interesse, soprattutto perché a un certo punto mostra un dialogo tra il giornalista - che si finge un gestore di un night club italiano - e un proprietario di un night in Romania. Il giornalista si offre di comprare delle ragazze, smascherando così la condizione di semi-schiavitù delle giovani, che a prima vista sembravano libere. Inoltre, a un certo punto c'è un' intervista effettuata in carcere a un trafficante moldavo, che tra le altre cosa mostra la sua vera concezione di rispetto delle donne: "noi le donne, le prostitute, le rispettiamo, non siamo come i rumeni, perché per noi sono una merce redditizia" - dice più o meno così. Insomma, è raro che si mostrino i veri protagonisti dell'industria del sesso, cioè coloro che la organizzano e ci guadagnano sopra e questo documentario lo fa.
Molto istruttivo poi l'inizio, con l'intervista in Brasile a un uomo che afferma che prostituirsi è una libertà per le donne, perché ormai è stata superata la vecchia morale e le donne hanno il diritto di vivere la loro sessualità con tutti quelli che vogliono e perché no - aggiunge - guadagnarci anche sopra. Un meraviglioso e ipocrita rovesciamento allo scopo di normalizzare la violenza, di nascondere come la prostituzione di queste donne non sia un esercizio di libera sessualità ma piuttosto una sua negazione, un abuso sui loro corpi di una società per la quale sono le ultime degli ultimi. Se nasci nelle favelas e per giunta sei femmina non hai scampo, sei in una gabbia. Sei considerata non una persona, ma una risorsa, da un Paese strozzato dal debito, al pari di qualsiasi altro prodotto da utilizzare nel fiorente turismo sessuale ("hai visto come sono belle le nostre ragazze?" dice a un certo punto un uomo, quasi mostrando la volontà di venderne una al giornalista). Il turismo sessuale non è altro che una nuova forma di colonialismo basata sull'inferiorità socio-economica della donna, sulla miseria di una sessualità maschile ridotta a sfogo e consumo, sullo sviluppo selvaggio del capitalismo neoliberista e sulle enormi sperequazioni planetarie.
Non mi sono stupita di vedere bambine sulle strade del Brasile o in un centro di accoglienza per vittime di sfruttamento sessuale in Romania. Non mi sono stupita, perché ho già letto diverse inchieste in cui se ne parla, ma ogni volta è comunque un pugno nello stomaco.
Nonostante tutto, voglio essere positiva e dire che il 15 ottobre manifesterò anche per loro, per tutte le vittime di tratta e sfruttamento sessuale, perché se vogliamo cambiare questo mondo lo possiamo fare solo in un'ottica globale. Se qualcosa di buono possiamo vedere in questa crisi economica, è forse il fatto che ci costringe, nell'incertezza sul nostro futuro, nell'aumento degli stenti quotidiani, a guardare con più solidarietà al destino degli ultimi del pianeta. Ci fa capire che le forze si devono unire, che equità, solidarietà, sostenibilità, diritti umani, stato sociale, non sono degli optional. Che vanno pretesi ovunque e per tutt*, senza alcuna distinzione. Che il sistema basato sul massimo profitto di pochi, che calpesta la centralità della persona è arrivato al capolinea.
Il cambiamento non è rimandabile e deve partire subito, da ognun* di noi.
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