L’ultima settimana si è snocciolata densa, portando infine, caldo, un po’ di giugno, e contribuendo a disegnare, nella percezione di tutti, il senso di fine della scuola.
La ‘povna, dopo la notizia della sua nuova presidenza, l’ha trascorsa soprattutto a fare saluti, ultime cose, e feste (perché quando si arriva al 5 giugno, non si deve più parlare di interrogazioni, spiegazioni e compiti), come da tradizione e da rituale.
Così il mercoledì, insieme ai Merry Men (e continuando una tradizione inaugurata, con loro, l’anno scorso), ha preso un treno, e sono andati al mare. A dirla tutta, la meta originaria doveva essere un’altra (e dovevano andarci insieme all’Ingegnera Tosta): quella dell’anno scorso (perché ogni classe ha la ‘sua’ gita – e la ‘povna è molto attenta a non sovrapporre le appartenenze emozionali). E poi al mare c’era stata con l’Onda – e i Merry Men (che la conoscono), pur se desiderandolo, avevano preferito lasciar stare. Ma poi le cose sono andate diversamente: la meta dell’anno scorso era chiusa, o comunque indisponibile, l’Ingegnera Tosta si era fermata a scuola per aiutare le Quinte; loro, così, avevano improvvisato un cambiamento dell’ultimo minuto utile:
“Troviamoci in stazione e andiamo nella piccola città comunque” – aveva detto la ‘povna – “poi vediamo il da farsi. Al limite, prendo e vi porto in spiaggia, ci si arriva con dieci minuti di autobus. E lì ci divertiamo!”.
Loro avevano aperto la bocca, quasi increduli; ma poi avevano taciuto, saggiamente, perché quando un tabù viene sfatato così, come per dire niente, nella collettiva e corale consapevolezza, quel che resta da fare e seguire la trama come viene, e pedalare.
E così è stato fatto. E sono andati verso il mare, cicalando il loro educato buon umore in un bus pieno di gente. Si sono fermati in un posto, poi hanno deciso per un altro. E lì, giocando sulla sabbia, hanno composto la loro giornata sorridenti, portandosi dietro sempre il sole. Laggiù li ha raggiunti la telefonata di Esagono, che ha detto alla ‘povna le novità sull’assegnazione organico che era riuscito a ricomporre (e che recita, per i Merry Men, due bellissimi nomi per le materie tecniche). La ‘povna ha sorriso moltissimo, dentro i buchi del telefono: “Adesso glielo dico subito!”.
“E se poi succede qualcosa? Meglio di no!” – consigliava, da ingegnere, Esagono.
“Io preferisco essere felice una volta di una cosa che non succederà, piuttosto che non esserlo del tutto” – obiettava la ‘povna, citando a modo suo un libro del 2007.
Esagono ride. “Fai come vuoi, ‘povna, tanto lo fai sempre lo stesso. Però almeno di’ loro che non è del tutto certo”.
La ‘povna esegue, e tutti, alla notizia, si lanciano in una danza tribale.
Sulla strada del ritorno, i segni del sole sulla pelle, la ‘povna li guarda con amore, e pensa che sono sgarrupati e splendidi. Grazie a loro quest’anno – e glielo ha pure detto – è stato migliore di come poteva essere. E a chi volesse chiedere corsi e ricorsi, la ‘povna risponde che, no, non sono, né saranno mai, in nessun modo un’altra Onda (e come potrebbero, del resto: questi qui sono alunni che lei si è caricata sulle spalle, o viceversa, e si porta appresso come suoi studenti, ai quali spiega cose, mette i voti, insegna ufficialmente dentro un’aula; quegli altri erano suoi, e basta). Ma, nello stesso tempo, mentre sorride e li saluta (“A domani, allora, ciao belli!”), non esita a far proprie le parole di Rebecca:
“Via, prof., le siamo entrati nel cuore”.