Cerci ai tempi felici del ToroFare la tara alle convocazioni in azzurro è molto spesso un esercizio di sterile accademia. Perché la Nazionale non è una selezione All Stars, di quelle che per troppo tempo sono andate di moda nel football del secolo scorso, scimmiottamento delle usanze di altri sport di squadra, raffazzonate accozzaglie dei migliori giocatori del momento messi insieme per disputare improbabili amichevoli di fronte a pochi spettatori. No, la Nazionale, per progetto e filosofia, è qualcosa di assai più serio, molto più assimilabile a un club: certo, in linea di massima deve farvi parte la crema del movimento calcistico locale, ma non sono frequenti i casi in cui riescono a figurarvi elementi magari non di eccellenza sul piano della classe pura, ma utili al cittì di turno per caratteristiche tattiche, disponibilità al sacrificio, importanza psicologica e morale all'interno dello spogliatoio. Dal Casiraghi dell'era Sacchi (portato ai Mondiali americani nel periodo più infelice della sua carriera, quanto a capacità di inquadrare la porta avversaria) al Giaccherini prandelliano, gli esempi si sprecano. Però, a volte, capire è veramente difficile. In vista dell'impegno europeo con la Croazia a Milano, e della successiva amichevole benefica (ma dallo scarsissimo appeal tecnico, va onestamente riconosciuto) con l'Albania a Genova, Conte ha inserito nel suo listone Balotelli, Cerci e Moretti, e francamente, per quanto ci si sforzi, non si riescono a scovare motivazioni valide per giustificare tali scelte. La... benevolenza critica di "Note d'azzurro" nei confronti del "Mario non più super" è conosciuta dai miei pochi lettori e non è il caso di spiegarla per l'ennesima volta: mi corre solo l'obbligo di ricordare che questa estate, dopo lo scempio Mondiale, avevo auspicato un momentaneo allontanamento dal Club Italia del fumantino attaccante siculo - bresciano, perlomeno fino al momento in cui egli non avesse dimostrato, con la bontà delle prestazioni e con un miglioramento dell'atteggiamento in campo, di meritare un ritorno nel gruppo. Ebbene, non mi pare che questi primi mesi al Liverpool abbiano fatto registrare passi importanti di Balo verso la tanto sospirata maturazione, anzi: i problemi caratteriali sono ben lungi dall'essere risolti (lui non si aiuta, e nessuno pare aver voglia di aiutarlo, già scritto anche questo), il suo rendimento è modesto e la sua incidenza sulle alterne vicende dei Reds pressoché nulla. Situazione ancor più buia per Cerci, la cui luce di abile palleggiatore e buon fromboliere si è spenta col rigore calciato fra le mani di Rosati in quel Fiorentina - Torino di fine campionato, un 2 a 2 che aveva fatto sfumare il sogno europeo dei granata, poi rifiorito esclusivamente per... questioni burocratiche. Da allora, una Coppa del Mondo disastrosa (scarso minutaggio e difficoltà insormontabili nel saltare l'uomo, la sua principale caratteristica), e un ruolo da comparsa nell'Atletico Madrid, poche presenze e tanta panchina. E Moretti? Un difensore non più di primo pelo, ignorato dai predecessori di Conte nella fase migliore della sua carriera, ossia ai tempi della positiva esperienza di Valencia; quest'anno, un primo scorcio di stagione da sufficienza piena, ma nulla di trascendentale, solo ciò che dovrebbe essere la normalità per un medio difensore di una media Serie A. Certo, tre casi che meritano letture differenti. Non esiste alcuna giustificazione tecnica per il ripescaggio del buon Alessio, mentre per Mario, lo si sa, il discorso è da sempre assai più complesso. Anche se non tutti sono disposti a riconoscerlo, si tratta pur sempre di uno dei maggiori talenti espressi dall'avaro calcio italiano dell'ultimo decennio, e in azzurro ha uno score di tutto rispetto: in tre stagioni da titolare ha messo a segno tredici gol, quasi tutti decisivi: non molti dei suoi più illustri predecessori son riusciti a fare di meglio. Comprensibile, dunque, che un CT alla prese con un momento delicato del nostro vivaio, e un conseguente laborioso ricambio generazionale, abbia una certa fretta di recuperare alla causa un talentuoso mattocchio che, se adeguatamente disciplinato, potrebbe ancora risultare fondamentale. Ma, ripeto, occorreva un segnale concreto da parte del ragazzo, segnale che invece non è arrivato: doveva essere questa la base per un credibile rilancio di Balotelli, tanto più che, alla luce delle buone prove offerte da Immobile, Zaza e Pellè, non vi era alcuna necessità estrema di accelerare il reinserimento. Per quanto riguarda il difensore dei granata, invece, non resta che allargare le braccia sconsolati: sia detto con il massimo rispetto, ma è un elemento di seconda fascia che, nei tempi ormai lontani delle vacche grasse (nel senso di abbondanza di "azzurrabili") non avrebbe mai trovato spazio nella selezione nazionale; oggi, con l'assenza di Bonucci, gli acciacchi di Astori e Romagnoli, i vari Bianchetti e Biraghi non ancora pronti per il grande salto, si è costretti a certe scelte di ripiego che intristiscono assai. La speranza è che, fra San Siro e Marassi, possa finalmente conoscere l'esordio il bravo Rugani, uno dei pochi prospetti di autentico valore in un reparto che un tempo, in Italia, sfornava a getto continuo calciatori di assoluta affidabilità.




