A bordo della CMA CGM Medea, 26 settembre 2015 –
Oggi ho fatto quattro giri e mezzo di jogging, saltando anche qualche ostacolo a poppa. Sto pensando se esiste per caso un primato di corsa sulla Medea. Ho contagiato anche il mio copasseggero che anche lui si e’ messo a correre nonostante mi avesse detto che non faceva mai sport.
Verso le 10, mentre stavo leggendo di califfato nell’ultimo libro del collega de La Stampa Domenico Quirico (Il Grande Califfato, appunto), sento un tremito dello scafo. Guardo fuori dall’oblo' e noto che ci siamo fermati. Quando non si naviga, le onde (pochissime) si infrangono contro lo scafo e producono dei suoni un po’ sinistri. Salgo alla plancia dove incontro Paul, giovane ufficiale francese con un piercing alle sopracciglia. Sono stati spenti i motori ed e’pure stato messo un foglietto sopra il telegrafo da macchina (non so se si chiama cosi’...dove si comanda il motore insomma). Siamo a 56 miglia da Beirut e siccome il posto al porto e’ prenotato per domani mattina alle 5, siamo largamente in anticipo. Quindi per tutto il pomeriggio e parte della sera, la Medea stara’ alla deriva scarrocciando a EST, per le onde e vento che arrivano dalla parte opposta. Di fatti la prua si sposta dopo poco a Sud. La cosa mi lascia di stucco, perche’ non mi sembra vero che un mastodonte del genere potesse essere lasciata cosi’ alla balia del mare, anche se siamo in acque profonde. Rimando sul ponte per quasi tutta la mattina a osservare l’orizzonte e a chiacchierare con gli ufficiali di turno che rimangono di guardia ovviamente, anche se non si naviga. Esamino per bene le carte del porto di Beirut e un’altra che indica le direzioni delle corrente e dei venti nell’Atlantico e nel Mediterraneo.
Non c’e’assolutamente nulla, nessuna nave intorno a noi. Manco una nuvola. Anche il banco di delfini che ieri si divertiva con le onde sollevate dallo scafo se ne e’ andato. Non c’e’ vento e fa un grande caldo. Decido dopo pranzo di andare a prendere il sole a prua, sul cordame, dove pero’ ci sono nugoli di moscerini che mi infastidiscono. Dopo un po’ arrivano anche gli operai a tirare su dei tiranti da un enorme boccaporto. Usano una rumorissima gru. Certo, questi sono gli svantaggi di una cargo cruise, penso,che ti ritrovi degli operai che lavorano... Poi mi metto ad osservarli, sono un francese, un rumeno e due indiani. Il francese da’ gli ordini in francese con il rumeno che cerca di tradurli in inglese agli indiani. Ma e’ evidente che non sa ne’ francese, ne’ inglese. L’effetto e’comico, perche’ poi passano alla comunicazione gestuale.
Aldino ha trovato un nuovo posto panoramico per la birra al tramonto. E’ una nicchia nell’’angolo’ dello scafo a poppa, una pedana dove ci sono due cilindri (tavolini) e un “bancone” che si affaccia sul mare. Ce ne sono due, in quello di sinistra vediamo il tramonto e poi ci spostiamo in quello di dritta per vedere la luna appena sorta. Perfetto, a parte il grasso e la fuliggine. Non navighiamo, quindi c’e’ anche meno rumore dei motori.
Si riparte verso le 22, molto lentamente. Si vede tutta la costa del Libano e anche alcune navi mercantili. Una piu’ piccola che si chiama Yaz (cosi’compare sul radar) potrebbe essere una vedetta israeliana.
L’ufficiale di turno, il simpatico Mihaita, mi spiega l’allarme dell’’uomo morto”. Serve per tenere sveglio il pilota quando e’ da solo. Se non viene pigiato entro 30 secondi, suona nella stanza del comandante e se il comandante non risponde entro 5 minuti, scatta un allarme generale su tutta la nave.