Avrà trentacinque anni, un completo blu con camicia azzurra e delle scarpe marroni: dev’essere un pendolare di ritorno dal lavoro. Piccoli dettagli parlano per lui: la cravatta allentata sul colletto, il braccio che penzola mollemente lungo il corpo, la schiena che poggia insolente sul palo centrale, i piedi incrociati. Tutto sembra rifiutare – finalmente – ogni traccia di compostezza forzata tipica del posto di lavoro, aprendo la mente al relax. Legge così, in piedi, tenendo a tracolla una borsa di pelle quasi vuota, come se ne avesse dimenticato il contenuto sulla scrivania dell’ufficio. Poco distante, di contrasto, un’altra borsa esplode di arnesi da businessman: un laptop, dei fogli, una cartellina, un blocco note fanno capolino dalla cerniera aperta. In mano al proprietario, una rassegna stampa di stampo politico viene evidenziata nei suoi passi salienti con rigore e fare certosino.
Il nostro lettore non ci bada, e pigramente, legge. Ha il naso piccolo, i capelli corti, la bocca sottile che si piega nella lettura scivolando tra le espressioni, dal corrucciato al divertito, dal dubbioso al soddisfatto. E’ concentrato, ma tra una fermata e l’altra trova furtivamente il tempo di guardarsi attorno. E’ rilassato, come se quel vagone stipato fosse un’isola deserta. Come se lontano dal fracasso del treno che corre sui binari lui veleggiasse già verso altri luoghi, verso altri lidi. Verso Mauritius, probabilmente.
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