Bella intervista realizzata dagli amici di Venezia United, il supporters Trust del FBC Unione Venezia, a Gianluca Greco, socio fondatore della A.P.S. Fondazione Taras 706 a.C. e membro del Consiglio Direttivo del supporters trust tarantino, che ripercorre le vicende dell'associazione di tifosi proprietaria del 10% delle quote del club, dalla fondazione del Taranto FC 1927 alla recente acquisizione della maggioranza da parte di Domenico Campitiello, .
Il sorteggio del turno preliminare di Coppa Italia ha regalato all’Unione Venezia la sfida casalinga contro il Taranto FC 1927. I rossoblu tarantini tornano al Penzo a ventidue anni di distanza dalla loro ultima apparizione, l’11 ottobre 1992, in serie B, vittoria arancioneroverde per 1-0, gol di Del Vecchio al 78′. Per noi di VeneziaUnited l’occasione per andare alla scoperta della straordinaria esperienza di rinascita del club rossoblu, fallito nel 2012 e rifondato dai suoi tifosi:
“Taranto siamo noi. Davvero. Taranto FC 1927, società fondata e partecipata dai tifosi”. Si legge questo aprendo il sito ufficiale del club rossoblu. Una storia che VeneziaUnited ha già raccontato ma che ora, prima della sfida casalinga di Coppa Italia, vogliamo ripercorrere con Gianluca Greco, socio fondatore di Fondazione Taras e membro del Consiglio Direttivo del supporters trust tarantino.
Società fondata e partecipata dai tifosi, ma cosa significa in concreto?“Noi crediamo che una società di calcio non sia una azienda qualsiasi, certo deve avere dei gestori, troppo spesso sbrigativamente definiti padroni-patron-proprietari, ma non può (e non deve) avere dei clienti. E i proprietari veri sono (e devono essere) i tifosi e l’intera comunità a cui ciascun club fa riferimento. Non si tratta di utopia o di sterili dichiarazioni d’intenti, nel nostro caso siamo riusciti a tradurre in pratica, sotto diversi punti di vista, questo principio portando all’interno delle stanze dei bottoni, come si dice, la voce dei tifosi, grazie ai “diritti particolari” previsti, nello statuto del Taranto FC 1927, a favore di Fondazione Taras che rappresenta i tifosi tarantini”.
Fondazione Taras, appunto, cos’è e quando e come nasce?“L’Associazione di Promozione Sociale Fondazione Taras 706 a.C, vuole essere una sorta di Casa Taranto. Un progetto fatto di persone, un laboratorio di idee aperto a tutti, dove il tifoso non delega più ma diventa protagonista per costruire insieme il futuro del Taranto. L’associazione nasce a marzo 2012, durante la parte finale di un campionato che stavamo vincendo sul campo ma che sapevamo di perdere fuori, perchè la situazione societaria era palesemente drammatica. Così, dal basso, una trentina di tifosi hanno cercato di mobilitare trasversalmente la comunità cittadina e la tifoseria per rivendicare un ruolo attivo nelle vicende del calcio cittadino”.
Un periodo, quello della primavera-estate del 2012, particolarmente vivace per la città di Taranto, con la mobilitazione cittadina per la vicenda ILVA…
“Si, è stata una stagione importante, durante la quale, in diversi ambiti sociali, la città ha dato prova di voler far sentire la sua voce. Un risveglio culturale che ha attraversato l’intera comunità tarantina. Da quella stagione sono nati movimenti di cittadini che, rivendicando il diritto alla salute e immaginando un’altro modello di sviluppo industriale, stanno cercando di costruire una città diversa. Molte di queste persone partecipano anche alla nostra esperienza, per molti versi affine, ma non ci sono legami organici in senso diretto anche se la sensibilità verso i temi ambientali è diffusa nella tifoseria come testimonia la vicenda dell’iniziativa RespiriAMO Taranto“.
Quali sono stati i vostri primi passi? “Appena nati cercavamo di far conoscere la nostra ‘mission’ ma l’emergenza che andava profilandosi con il rischio di non iscrizione del club rossoblu, ci ha costretto ad affrontare gli accadimenti. Abbiamo quindi deciso, il 20 luglio 2012, di fondare una nuova società per dare un futuro ai colori rossoblu. Nasce così il Taranto FC 1927. Il sogno di un club davvero ‘nostro’ ci fa propendere per uno statuto che, con l’inserimento di ‘diritti particolari’, valorizzi e tuteli la partecipazione dei tifosi e della comunità. Una scelta audace, e un pò fortunata, premiata quando un gruppo di imprenditori decide di unirsi a noi, nell’opera di salvataggio del calcio rossoblu, per iscrivere il club alla serie D sfruttando il lodo Petrucci”.Il Taranto di D’Addario, ad un passo dalla B, fallisce, il Taranto rifondato dai tifosi, rinasce in serie D, come ha accolto la tifoseria e la città questa novità assoluta e, per certi versi, rivoluzionaria?“Con entusiasmo ed il giusto grado di consapevolezza che questa era l’unica cosa giusta da fare. Grazie al lavoro di coinvolgimento e alla traversalità del nostro gruppo, tifoseria e stampa hanno accolto positivamente la novità. Principi e concetti così nuovi non erano facili da assimiliare ma la risposta è stata importante e positiva: da marzo a luglio, quando abbiamo fondato il Taranto FC, abbiamo raccolto in men che non si dica 500 soci (con quote da 50 euro), da luglio a fine anno abbiamo raddoppiato gli associati, fino ad arrivare ai 2200-2300 soci di oggi. Un risultato importante, ottenuto anche attraverso la scelta di ridurre la quota associativa (oggi di 10 euro) per favorire la maggiore inclusività possibile, per permettere a tutti di potersi sentire partecipi, una scelta che riteniamo vincente”.
In questi due anni come si è caratterizzata la vostra partecipazione alla gestione del club rossoblu?“Il primo anno, alle prese con l’emergenza della rifondazione del club, ci siamo concentrati sull’aspetto economico e organizzativo, portando dapprima un contributo finanziario diretto (50 mila euro) e promuovendo in autonomia la campagna abbonamenti, completamente gestita da noi, con buon riscontro in termini di tessere (pur in assenza di significativi risultati sul campo, vista la stagione di assoluta transizione). Un impegno che ha portato pubblico ed incassi. Abbiamo supportato il club, collaborando per l’attività di stewarding, promuovendo una campagna marketing (attraverso la vendita del merchandising per raccogliere fondi). Abbiamo imposto una politica dei prezzi popolari per incentivare il radicamento del club nella comunità, radicamento promosso anche attraverso iniziative specifiche come la ‘giornata Pro Taranto’, organizzata al termine della ‘Settimana dell’orgoglio rossoblu’, con decine di iniziative in tutta la città, in scuole, luoghi di ritrovo e di lavoro, che hanno portato 2500 persone, tutte paganti, allo stadio per una partita senza alcun interesse di classifica nella seconda parte del campionato. E’ arrivata, nel frattempo, la seconda ricapitalizzazione, la Fondazione, pur lasciando libertà ai tifosi di partecipare oppure no, è riuscita a raccogliere 30 mila euro che hanno permesso di far crescere la nostra quota nel capitale sociale dal 13% al 15%”.
“Durante l’estate 2013 abbiamo deciso che era necessario un passo in avanti legando il nostro apporto economico alla ricostruzione del settore giovanile del club (avevamo solo la Juniores e si ventilava l’ipotesi di dare in appalto a soggetti esterni la gestione dell’intero settore giovanile da costruire ex-novo). Presentiamo quindi formalmente in cda la richiesta di gestione del SG. La nostra partecipazione alla ricapitalizzazione (47 mila euro) conseguente alla risposta positiva del cda ha prodotto l’aumento della nostra quota di possesso del Taranto FC (18%). La nostra gestione partecipata coinvolge poi due sponsor di maglia, facendo lievitare gli introiti del settore giovanile ad un totale di 92mila euro di cui ne saranno spesi 72mila per creare da zero un settore giovanile completo con tre formazioni, una Juniores, gli Allievi ed i Giovanissimi. Lavoriamo con un occhio attento alla funzione sociale dello sport cercando di coinvolgere anche le realtà più disagiate del territorio, ma senza perdere di vista i buoni risultati sportivi che alla fine della stagione vedranno gli Allievi concludere il loro campionato al secondo posto ed i Giovanissimi vincere il loro”.
“Provando a tracciare un bilancio possiamo dire che, senza Fondazione Taras, il Taranto non sarebbe nato nel 2012 e nel 2013 non avrebbe avuto un settore giovanile degno di questo nome. Un settore giovanile che, anche quest’anno nonostante l’estate tribolata che abbiamo vissuto, è stato al centro del nostro impegno, un lavoro che ha portato al lancio della scuola calcio, la prima in tutta la storia del calcio rossoblu”.
Hai parlato di estate tribolata, ci vuoi raccontare cos’è successo e qual è la situazione ad oggi?“A dicembre 2013, in occasione della prima relazione del revisore dei conti, ci siamo accorti che il budget previsto ed approvato in cda era stato ampiamente sforato e, in proiezione, alla fine dell’anno ci saremmo ritrovati con un debito di qualche centinaio di migliaia di euro in mancanza di nuove entrate. Abbiamo quindi deciso di lanciare pubblicamente l’allarme sui rischi che correva il club. Abbiamo scelto di farlo prima di una partita fondamentale per la stagione (da secondi in classifica ospitavamo la prima), senza badare alle polemiche di alcuni tifosi che ci accusavano di destabilizzare l’ambiente, perchè ritenevamo che, a mercato ancora aperto, fosse necessario intervenire subito dando priorità al riequilibrio dei conti ed al risanamento delle casse del club, anche a costo di ridimensionare le aspettative sportive. Dal presidente arrivano ampie e pubbliche rassicurazioni sul fatto che la situazione sia sotto controllo. Quello che ci manca, a suo parere, è la mentalità imprenditoriale. Le rassicurazioni pubbliche, da parte di Nardoni e Petrelli, rispettivamente presidente e vicepresidente, continuano per tutta la primavera, ma la situazione dei conti è ben diversa, a febbraio comunichiamo a tutti i soci che il disavanzo previsto è di 600 mila euro e che il presidente ed il vicepresidente assicurano personalmente la copertura dell’intera cifra.
Al termine della stagione, con la delusione per la mancata vittoria del campionato, vengono al pettine tutti i nodi, il disavanzo reale è di 400 mila euro al netto dei crediti esigibili. I soci di maggioranza prendono finalmente atto della situazione e si attivano per cercare una soluzione e imprenditori interessati all’acquisto di quote societarie per ripianare i debiti. In questa fase il nostro ruolo è stato decisivo, in una società con 32 soci cedere parte della società non è cosa semplice, noi ci siamo attivati per velocizzare questo passaggio perchè non vedevamo alternative. Grazie al nostro intervento, e nonostante evitabilissismi tira e molla di diversi soci, abbiamo raccolto procure a cedere per un 7% da numerosi soci minori, a cui abbiamo aggiunto una quota pari all’8% che, unite alle quote cedute dai soci di maggioranza, ha consentito il subentro di Domenico Campitiello che ora detiene il 52% del Taranto. In sostanza abbiamo garantito, ancora una volta, un futuro al club rossoblu”.
Queste vicissitudini ovviamente hanno rallentato la partenza della nuova stagione sportiva rossoblu, qual è la situazione da questo punto di vista a pochi giorni dalla trasferta in laguna?“Il caos estivo, non soltanto ha ritardato la preparazione della nuova stagione, ma ha, cosa ben più grave, impedito la presentazione della domanda di ripescaggio che, vista la situazione determinatasi in Lega Pro avrebbe significato il ritorno del club rossoblu nella terza categoria calcistica nazionale. Con l’arrivo dei nuovi soci di maggioranza le prospettive per proseguire il grande lavoro di rilancio del club rossoblu ripartono, con Fondazione Taras che conserva il 10% del capitale sociale e tutta la forza delle idee, dei progetti e del consenso di una grande comunità. Parlando della situazione strettamente sportiva, premesso che Fondazione Taras non è mai entrata nelle scelte tecniche, il Taranto oggi è un cantiere aperto, il direttore sportivo Montervino in questi giorni si sta occupando dell’allestimento della squadra. Credo che l’obiettivo non può che essere quello di onorare l’impegno, non ci facciamo soverchie illusioni su un risultato favorevole dopo neppure una settimana di allenamenti. Poi, sai, le imprese impossibili sono il sogno di tutti i tifosi… Più che al risultato, comunque, la nostra attenzione è rivolta a questo divieto impostoci che limita la partecipazione e mette un bavaglio alla passione. Un divieto che ci sembra peraltro assurdo perchè siamo un club che militando in serie D, non ha l’obbligo della sottoscrizione della tdt nè per abbonarsi nè per seguire la squadra in trasferta. E’ un peccato che questo divieto ci impedisca di poter organizzare qualcosa insieme a voi per promuovere i nostri comuni progetti in favore della partecipazione attiva dei tifosi alla governance dei loro club”.
da: veneziaunited.com