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Potrei parlare per ore con Paolo della sua trentennale esperienza in radio, cinema e TV, musica e moda, ma non posso scordare il soprannome che nella mia testa è rimasto suo di diritto da quando l’ho conosciuto: mister novantaquattro presentazioni. Un vero record per un autore emergente, davvero unico in Italia se prendiamo in considerazione il fatto che l’opera in questione fu pubblicata in forma indipendente, ma questo già ce la dice lunga sul suo carattere istrionico e battagliero.
Paolo De Grandis, veneto classe ’67 con un forte legame con la sua terra, è quanto di più moderno e frizzante possa essere oggi l’immagine di un vero artista a tutto tondo, anche se mi riesce difficile immaginarlo passare di punto in bianco dai clamori delle scene al silenzio e alla solitudine che notoriamente accompagnano lo scrittore.
Paolo, come si fa a non soffrire questo passaggio?
Fortunatamente, pur rimanendo sempre e comunque me stesso, so adeguarmi a molte sceneggiature, a svariati paesaggi e quindi, a prepararmi per le scene della vita che ho scelto e che sempre più spesso scelgono me. Quindi, stare su un palco, piuttosto che davanti a qualsiasi platea, non pregiudica il mio bisogno di scendere poi a compromessi con quei personaggi o luoghi che nascono dalla mia tortuosa fantasia e che, talvolta abbisognano di silenzi e spesso di sorde suspense.
2) Ormai non sei più considerabile un esordiente da un bel po’, per quanto la tua bibliografia comprenda due titoli (più un terzo in uscita nel 2015) ma… 94 presentazioni! Come si riesce a fare tanto di un solo libro (“Tanto è lo stesso”, 2012)? E’ un record?
A sentire gli addetti ai lavori, credo si possa dire che nessuno in Italia è riuscito a promuovere un solo libro per così tante volte. Quindi sembra sia un vero e proprio record. Come ho fatto? Ho pensato prima e voluto poi, che più gente possibile lo leggesse per potermi donare quella sorta di immortalità che gli autori in fondo bramano.
3) Chi è il lettore del tuo libro?
Ho visto molti volti in questi due anni (“Tanto è lo Stesso” è stato presentato ufficialmente il 30 novembre del 2012), tutti diversi. Ma posso tranquillamente asserire che i miei lettori mediamente sono identificabili in donne dal 25 ai 60 anni, più spesso mamme . D’altronde, in più di qualche occasione, il racconto va a colpire quel tipo di sensibilità che è prettamente femminile.
4) A proposito di donne: impazza la moda dei libri romance ed erotici. Come ne esce la figura, l’immagine della donna moderna da tutto questo secondo Paolo?
Premetto la mia avversità alle letture erotiche, men che meno a quelle sbandierate. Basti pensare che la mia lettura erotica preferita era al massimo ‘Postalmarket’ che non aveva poi molti testi! Per quanto riguarda le donne dei nostri giorni, sono decisamente emancipate, tanto da spaventare noi uomini, povere lumache pronte ad entrare nella nostra casetta al minimo problema ansiogeno, lasciandole sole ad aspettare. E se non arriviamo? Leggono…e sognano.
5) C’è chi dice che l’editoria italiana è una casta, in cui trionfano clientelismi e snobismo verso gli italiani a scapito di nuovi e validi autori. E’ così per quanto ne sappia tu? Come vedi la questione?
Se scrivi in un modo che alla gente non piace, prima o poi se ne accorge e non ti legge più, arrecando un danno anche e soprattutto alla casa editrice! Può succedere che qualcuno ne abbia approfittato, ma non credo si possa parlare di clientelismi o caste. Certo che se possono aiutare un amico di un amico, magari…
6) Ora ti porto un ragionamento visto che ti intendi anche di altre forme espressive:da che mondo è mondo i musicisti e cantanti che vogliono introdursi nell’ambiente musicale devono farsi notare, promuovendosi ed esercitandosi “sul campo” da soli, senza guide almeno per un tratto di strada e, per quanto ne sappia io, nessuno ci trova niente di scandaloso. Perché invece chi promuove un suo libro viene molto spesso vituperato se non, peggio, sbeffeggiato? Cosa non mi quadra?
Leggere è molto difficile, richiede impegno e tempo. A volte tanto! E che se ne voglia o no, molto più di ascoltare una canzone. Chi non sa ‘leggere’ non può capire lo sforzo nello scrivere una storia, inventare dei nuovi personaggi piazzandoli in nuove pagine e facendoli vivere!
7) Torniamo a te. Sai bene cosa vuol dire l’adrenalina da palcoscenico: cosa c’è invece di così stimolante nella scrittura?
Calarsi in altre vite. Ritrovarsi ricchi e famosi in poche righe, come assassini spietati in altre, uomo senza valori, come mamma votata al sacrificio.. e altro ancora. Scrivere vuol dire spaziare, volare e stupire! Anche se stessi. Quando sali sul palco lasci fuori tutti i tuoi problemi e ti cali in un altro personaggio. In fondo vivi un’altra vita pure lì, diventando un personaggio: il tuo.
8) Curiosità: la domanda più scema che ti abbiano mai fatto?
Una volta mi chiesero se scrivendo ci si può arricchire. Pensai al conto in banca di Ken Follet e al mio. Così guardai oltre e non risposi.
9) Una domanda che non ti hanno mai posto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere?
Sì, certo: a questa.