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Due giovani investigatori privati che stanno indagando sulla scomparsa di uno studente universitario, riescono a trovare l'appartamento in cui vive. All'interno dell'abitazione scoprono una serie di videocassette VHS molto particolari. I video mostrano infatti contenuti terrificanti, che fanno pensare che la scomparsa del giovane studente sia collegata ai terribili fatti mostrati dalle videocassette...
Il primo "V/H/S" era stato un esempio importante di avanguardia cinematografica in campo Perturbante. Il Collettivo di registi (tra cui anche Ti West, non so se mi spiego) aveva prodotto un mocku a episodi che rinfrescava le sorti del genere e trasmetteva nuova passione. Personalmente mi attendevo che il secondo esperimento del Collettivo, che comprende adesso il Sanchez di "The Blair Witch Project" (1999) fosse in verità almeno sulla stessa linea del primo, cioè che fosse guidato dalla stessa ispirazione. Purtroppo non è così, sebbene il raccordo tra i vari episodi mostrati dalle videocassette nel film risulti più coerente e narrativamente sensato: i due investigatori che entrano nell'appartamento risultano cioè abbastanza credibili nella loro funzione di Io narrante impersonale. Sono tuttavia gli episodi stessi a non convincere, a parte forse l'ultimo, di cui parleremo fra breve. La presenza di Edùardo Sanchez nel Collettivo di registi sostenuti da Bloody Disgusting e Co., appare ad esempio sbiaditissima, con quella storia improbabile e inutilmente splatter degli zombie nel bosco dove un ignaro ciclista va a farsi un giro ("A Ride in the Park"). Dico inutilmente splatter perché certo l'uso del gore è qui intenso e anche interessante sotto vari profili, ma il genere mocku, si sa, tende ad assorbire notevolmente ogni altro effetto, a meno che non sia utilizzato da mani sopraffine (come quelle ad esempio di Barry Lavinson in "The Bay" - 2013). In "The Bair Witch Project" Sanchez e Myrick avevano poi usato maggiormente l'atmosfera che la carne per colpire lo stomaco dello spettatore, evocandone i fantasmi, più che le budella, come accade invece nell'episodio diretto da un Sanchez che sembra qui più attratto dal concreto che dall'elemento emotivo-peturbante. Anche il primo episodio, "Phase I, Clinical Trials", diretto da Adam Wingard, perde tutto il suo pathos sovrannaturale quasi subito, cioè dopo che il protagonista si guarda allo specchio nello studio medico e ci mostra un occhio protesico a telecamera appena impiantato nel suo cranio. Il tema dell'allucinosico poteva essere trattato ben diversamente, ma ancora una volta la concitazione dei movimenti di macchina, tipica del mocku, ammazza sul nascere l'evocazione appiattendola su un "realismo" che in fin dei conti distrae e basta. "Safe Haven" di Gareth Evans e Timo Tjahjanto, diciamolo francamente, è una storia banale: abbiamo la solita setta con il padre-guru psicotico, i due giornalisti che vanno ad intervistarlo e la successiva catastrofe-carneficina demoniaca. Il tutto è però risolto con uno stile molto adolescenziale e alla Creepshow, soprattutto nella sequenza finale dove dominano visivamente le bave sanguinolente del protagonista morituro, sovrastato dall'orribile mostro che gli impartirà la sua zampata finale. Parte bene e mantiene un'atmosfera molto suggestiva "Slumber Party Alien Abduction", girato da Jason Eisener, che ci mostra la quotidianità solitaria di un gruppo di preadolescenti e adolescenti lasciati da soli in casa dai genitori partiti per il week-end: ottimo uso del realismo delle riprese, bravissimi i ragazzi scelti come attori, con quegli apparecchi ortodontici così simili a quelli dei vostri figli o dei vostri nipoti. Buona, in questo episodio, anche la fotografia accesa e rutilante al punto giusto nel descrivere i vari giocattoli, i palloncini dei gavettoni e quant'altro. La soluzione narrativa della storia, che chiama in causa addirittura un'invasione aliena, non può tuttavia che ricordarci la mitopoiesi classica della fantascienza statunitense, con in prima fila "E.T.", aldilà della bella sequenza dell'improvvisa e scioccante invasione all'interno del salotto di casa. Ciò che in verità colpisce di questa seconda prova del Collettivo è la presenza, in ogni episodio, del mostrum, lovecraftiano, o alla Victor Salva se preferiamo, un monstrum sottolineato e rimarcato fino alla nausea nella sua matrice estetico-perturbante statunitense. Un omaggio a tale filone del cinema horror d'oltreoceano? Una sottile nostalgia del vecchio horror di Tobe Hooper, con i suoi motel vicino alla palude, i suoi Creeper, i suoi Tall Men? Non sappiamo, ma l'effetto generale di "V/H/S 2" è proprio questo, e cioè un'operazione mossa dal desiderio di rinverdire i desertici terreni del Cinema Perturbante, attraverso uno sguardo mockumentaristico su tutta la materia. Il risultato è però scarso soprattutto perché a mio avviso, il genere mocku è difficilmente integrabile a quel quid di onirico e insieme di piacevolmente inquietante che costituisce la filigrana peculiare di certo cinema perturbante statunitense degli anni d'oro. Rimane interessante la volontà di sperimentazione gruppale di questi giovani registi, la cui dedizione alla materia certo non difetta, e che sarebbe così bello poter vedere anche dalle nostre parti. "V/H/S 2": deludente rispetto al primo episodio, tuttavia consigliato per chi desidera tastare il polso della creatività registica perturbante contemporanea in suolo nordamericano. Regia: Simon Barrett, Adam Wingard, Edùardo Sanchez, Gregg Hale, Timo Tjahjanto, Gareth Huw Evans, Jason Eisener Soggetto e Sceneggiatura:Simon Barrett, Adam Wingard, Edùardo Sanchez, Gregg Hale, Timo Tjahjanto, Gareth Huw Evans, Jason Eisener Fotografia: Tarin Anderson, Stephen Scott, Seamus Tierney, Jeff Wheaton Cast: Adam Wingard, Lawrence Levine, L.C. Holt, Kelsy Abbott, Hanna Hughes, Devon Brookshire, Samantha Gracie Nazione: USA, Canada, Indonesia Produzione: Magnet, The Collective, Bloody Disgusting, 8383 Productions Durata: 96 min.
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