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Vi aspettavo al varco

Creato il 03 ottobre 2010 da Albino

“E quindi, che fare? Accettare la propria natura, supinamente, farsene una ragione e vivere in pace con se stessi, lasciare che la corrente ci trasporti dove eravamo destinati a finire, sin dall’inizio? Oppure combattere per un sogno, fottercene della nostra natura piu’ intima, cambiare, sbilanciarci, remare a mani nude controcorrente, intestarditi nel dirci che siamo noi i padroni del nostro destino?”

Bella la favoletta del try hard, del ganbatte, del cambiare, remare a mani nude contro la corrente. Fa tanto uomo padrone del suo destino.

Ma il mare in cui si rema non e’ la vita, il destino, gli eventi. Io stavo parlando di seguire la propria natura o andarci contro. E’ quello che fanno in molti, nel momento del dubbio: seguono quello che “vorrebbero essere” in nome dell’ autodeterminazione, con la scusa di andare contro al proprio destino, e nel frattempo dimenticano di controllare quello che sono in realta’.

Secondo quelli che mi dicono che no, bisogna fregarsene della propria natura piu’ intima e operare di sola ostinazione dico: vi portera’ mai alla felicita’ tutto cio’? Non e’ molto piu’ semplice accettare semplicemente se stessi?

Un po’ come fanno certi omosessuali dopo un certo percorso emotivo, accettano semplicemente se stessi e la smettono di lottare contro la loro natura. E trovano la pace (parlo in generale, eh). Perche’ non dovrei seguire anch’io la mia natura, perche’ dovrei lottare contro i mulini a vento? Sarebbe come cercare la soluzione di tutto al di fuori di me, quando invece devo solo trovare, dentro, quello che voglio essere. E farlo, a prescindere da tutte le costrizioni esterne (laurea, carriera, famiglia, benpensanti, eccetera).

Volete altri esempi di gente che si interstadisce per “voler essere” qualcosa senza accettare quello che e’ in realta’? Andate a farvi un giro nelle aulee del primo anno, primo semestre di ingegneria. Troverete percentuali non indifferenti di persone che si sono iscritte li’ con l’idea di voler raggiungere una buona posizione nel mondo del lavoro, un domani… dimenticando il dettaglio che odiano i numeri, che non ci capiscono, che non sono portati.
Anche quando alcuni di questi dovesse con grandi sforzi raggiungere una sudata laurea, c’e’ da chiedersi, sarebbero felici di quello che fanno? Sarebbero dei buoni ingegneri? Avrebbero passione per il loro lavoro? L’ingegneria e’ un lavoro che per il 5% del tempo e’ la cosa piu’ interessante al mondo, e per il 95% una noia mortale di documenti, scartoffie, codice da scrivere, riunioni, ripetizioni di cose gia’ fatte, test, monkey job, whatever. Uno che non e’ nato per farlo, potrebbe raggiungere lo status di Dott. Ing? Certo. Sarebbe la cosa giusta per lui? Bah. Sarebbe felice? Probabilmente no. E quindi: perche’ remare contro la corrente?

Ora, vi chiederete, di cosa sto parlando, e soprattutto, dove volevo arrivare? Boh, dicevo cosi’ per dire. Tanto per fare un post pour parler.



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