13 aprile 1779
Eppure lo sapete quanto dolore la vostra gioia m’infonde e quanta gioia la vostra felicità m’incute. Credete sia facile tutto questo? Credete sia semplice vivere dentro di me questa scissione degli intenti, dei sentimenti, dell’amore che omai so di nutrire nei vostri confronti? E credete sia facile continuare a lasciare che il vostro rapporto con il re continui ad essere, continui ad esserci? Non potete credere davvero che sia cosa comune per un uomo dividere ciò che gli è più caro senza sentire il petto infiammarsi e dolere, lancinare, sferzare senza cessa. Lo ammetto, non è che possa negarlo più di tanto, ancora ho tentato di dimenticarvi e Dio sa solo come, Dio sa solo con chi, Dio… che non termina il suo supplizio su di me. Mi domando, mia amata, quale colpa ho commesso per meritare questo artiglio dentro e quale merito io abbia per potervi ancora osservare, sfiorare, parlare. Vorrei potervi dire addio e scomparire senza lasciar traccia, ma non ci riesco e quasi invisibile mi presento nei luoghi a voi consoni per carezzarvi lieve con il mio solo sguardo che so disperato. Non ho dimenticato nulla dei nostri incontri fugaci e prudenti, delle nostre parole sussurrate per poi negare il gesto del capo, del nostro bacio più bello che ha saputo serrare le catene feroci che neppure entro la Bastiglia sanno essere più ferree. Come posso cancellare di voi il profumo, l’eleganza e la dolcezza, il sorriso e la pelle di neve simile al mio Paese distante? Non lo farò, mia adorata, luce di un buio profondo, speranza vana di una vita ormai votata a voi. Nessun’altra donna potrà mai eguagliarvi, a nessun’altra donna potrò dare di me un solo lembo di pelle come una sola goccia del mio sangue, come un solo pensiero della mia mente avvinta. Ditemi, regina del mio regno segreto, ditemi cosa desiderate più di qualsiasi gioiello e qualsiasi gloria e io, servo vostro in una passione messa al morso, solleverò i mari, i fiumi e le montagne per voi. Oso del dirvi questo, ignoro la vostra maternità, mi riparo nel margine in cui ho scelto di stare… perché voi amo, null’altro, solo voi.
Vostro incatenato Fersen
lettera immaginata da Barbara Risoli:
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