Via alla “no fly zone” in Libia. Villa San Martino è stata inserita nella mappa dei luoghi non bombardabili dell’Onu

Creato il 18 marzo 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
La goccia che probabilmente ha fatto traboccare il vaso è stato l’ultimo discorso del Cojonello in tivvù. Stare davanti a una telecamera non è una cosa semplice. Quando si accende la lucina rossa della “ripresa”, c’è chi non riesce ad aprir bocca e chi invece viene colto dal raptus della notorietà e diventa un logorroico della madonna. Se Gheddafi fosse meno pazzo di quello che in effetti è, l’ultima comparsata televisiva se la sarebbe risparmiata o, se proprio l’orgasmo causato dal coito con la telecamera non fosse stato così violento, avrebbe attenuato i toni del suo delirio. A parte le minacce all’Europa e all’Italia (salvo poi sapere che la Libia ha confermato tutti i contratti con l’Eni dell’'amico' Paolo Scaroni), il mite e riflessivo Muammar, parlando della imminente presa di Bengasi, si è espresso con queste parole: “Vi stiamo venendo a prendere, vi troveremo anche dentro gli armadi, arrendetevi deponendo le armi altrimenti non avremo pietà”. Alla violenta dichiarazione del Cojonello, al quale la flebo di valeriana della fida amazzone Aisha non aveva evidentemente fatto alcun effetto, ha prontamente risposto l’ambasciatore britannico all’Onu, Mark Lyall Grant, che ha dichiarato: “Le forze di Gheddafi già colpevoli di gravi crimini contro i civili sono a ridosso di una città di un milione di persone e con 2500 anni di Storia”, ergo, occorre fermarlo. Così. Con dieci voti a favore e cinque astensioni (nessun voto contrario), la istituzione della “no fly zone” si è materializzata in un amen. Felicissimo Sarkozy, che già non vedeva l’ora di menare le mani (evitando in questo modo di restituire i soldi per la sua campagna elettorale a Gheddafi), e che si era detto pronto ad agire da solo pur di non permettere più all’aviazione libica di bombardare i civili. L’Italia si è immediatamente adeguata dichiarandosi disponibile a concedere le basi per gli aerei delle forze d’intervento Onu, ma rifiutandosi di impegnare mezzi e uomini battenti bandiera tricolore. Diciamolo, la decisione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha fatto tirare un sospiro di sollievo anche a Berlusconi al quale Gheddafi, dandogli del “traditore di una fraterna amicizia” e pretendendo il pagamento delle royalties per lo sfruttamento dei diritti d’autore del bunga bunga, aveva lanciato minacce pesantissime e il bombardamento con le "bombe di Maradona" dell’isola di Lampedusa. Quello che più sorprende di tutta questa losca faccenda, è che ci sono voluti giorni, e qualche migliaio di vittime civili, per assumere una decisione che andava presa subito dopo l’inizio della macelleria via aria di cui si erano resi protagonisti i Mig libici e soprattutto dopo aver constatato che le rotelle del cervello di Gheddafi e dei suoi “figli scemi” (definizione di Lucia Annunziata), non erano state tarate per un corretto funzionamento. E l’Italia? Non avendo una politica estera decente, non avendo personaggi rappresentativi (oggi The Economist parla di un’Italia ai minimi storici per quanto riguarda il “peso” internazionale), non avendo idee né strategie se non quelle della salvaguardia penale di “culo flaccido” amante delle “nannine”, il nostro ruolo non può che essere quello di “supporto logistico”; ci limitiamo cioè ad ospitare sul nostro territorio situazioni che solo la nostra posizione geografica  ha creato, essendo incapaci di intraprendere una qualsiasi azione diplomatica degna di questo nome. “Ospitiamo” nel ghetto lampedusano 2800 profughi a fronte degli 800 posti disponibili e diamo il permesso agli aerei e alle navi dell’Onu di partire e di approvvigionarsi nelle nostre basi. Niente altro. Affittacamere e tenutari di bed&breakfast 12 mesi l’anno. E comunque, nonostante tutto, sempre meglio che essere contestati da quella masnada di comunisti che ieri hanno costretto Silvio ad uscire dalla sagrestia di Santa Maria degli Angeli. Al grido di “dimissioni” e “bunga bunga”, il presidente del consiglio è stato costretto a prendere le uscite secondarie della Basilica romana per non essere sottoposto al fuoco di fila di contestatori che non hanno perso l’occasione per dimostrargli tutto l’affetto che nutrono nei suoi confronti. Stucchevole il commento di Enrico Mentana ai fischi al Nano², definiti dal cerchiobottista di La7 “fuori luogo” e “c’entravano come i cavoli a merenda”. Come se le contestazioni dovessero avvenire al chiuso di “case chiuse” o al massimo davanti alla “casa chiusa” di Arcore. Evidentemente Mentana è il discepolo prediletto di Paolo Mieli che ieri sera ad Annozero ci ha illuminato con l’ennesima dose di buonismo “a senso unico”. “L’assenza dei leghisti alle celebrazioni del 150°? - ha detto il Mieli - Non facciamone un dramma, ci sta che in un paese ci sia qualcuno che la pensi diversamente dalla maggioranza”. Ma siccome non stiamo parlando di Inter-Milan, diciamo noi, gente che viene pagata dai cittadini di questo paese forse farebbe bene a rispettarlo un po’ di più questo paese. O ni?

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