Dopo una lunga pausa dal mio blog causa fattori esterni, riprendo con uno degli argomenti incubo per la maggior parte delle mamme: togliere il ciuccio.
Al contrario infatti di molte colleghe mamme che ancor prima dell'arrivo del loro bimbo sono convinte che il ciuccio sia una vera e propria ancora di salvezza, io avevo sviluppato una specie di fobia. Già durante prima gravidanza, ero partita con l'idea che Cesare MAI E POI MAI avrebbe usato ciuccio, andando controcorrente rispetto ai pensieri del 90% (almeno) delle persone con cui parlavo.
Il solo pensiero di abituare mio figlio a qualcosa che mi avrebbe costretto probabilmente a sudare sette camice per farlo sparire mi spaventava.
Ricordo che prima del parto non li comprai nemmeno proprio per evitare di cadere in tentazione. Sapevo che un utilizzo precoce avrebbe potuto interferire con l'allattamento e io desideravo tanto allattare e poi non volevo che qualcuno in un mio momento di distrazione infilasse nella bocca del mio bimbo quel "coso" di plastica solo per tappargli la bocca dal pianto. Pensarci mi faceva correre i brividi lungo la schiena e lo ammetto, avevo letteralmente demonizzato quello che con il tempo risultò una delle migliori invenzioni dell'uomo dopo la corrente elettrica e la ruota.
Dopo la nascita di Cesare passavo il mio tempo cercando di giustificare la mia scelta alle mille mila domanda che mi venivano fatte e alle mille miliardi di esclamazioni: "M a il ciuccio non glielo dai?" Cesare tra l'altro i primi quasi due mesi della sua vita era un bambino molto quieto perché mangiava e dormiva e non aveva davvero l'esigenza di un ciuccio ma, nonostante tutto, l'incessante e martellante domanda non cessava mai di essermi fatta.
Avevo seriamente iniziato pensare che forse il ciuccio l'avrebbe reso più bello...
Tralasciando l'ironia, con il tempo dovetti cedere anche io a questa esigenza (per entrambi) in quanto con la comparsa delle prime coliche si era dimostrato un valido aiuto per Cesare che lo aiutava a placare i suoi pianti e per noi che potevamo dare risposo ai timpani per quegli strazianti e incosolabili dolori.
Ovviamente le coliche come hanno avuto un inizio, hanno avuto una fine (e meno male) anche se davvero molto tardiva visto che hanno terminato la loro comparsa intorno all'ottavo mese compiuto e, superato questo momento, il ciuccio diventò un esclusivo compagno di sonno. Raramente Cesare lo utilizzava durate la giornata e se succedeva, era per stanchezza pre nanna o per i minuti successivi al risveglio.
Tutto questo fino alla nascita di suo fratello.
Dopo l'arrivo di Vincy infatti il suo legame con il ciuccio era diventato morboso: passava tutto il suo tempo con il tappo (come lo chiamo io) in bocca e persino di notte, mentre prima rilassandosi nel sonno lo perdeva, non lo mollava un solo minuto.
Più il tempo passava e peggiore era il suo attaccamento. Giornate in cui persino suo fratello lo doveva usare solo perché lo usava lui e altri invece in cui per un motivo o per l'altro riusciva a distrarsi da questo vizio, non appena vedeva il fratello usarlo eccolo che iniziava con la solfa " Mamma voglio il ciuccio ".
Per tutta questa serie di motivazioni ero sinceramente convita che il divezzamento più difficile per Cesare sarebbe stato proprio quello del ciuccio.
Lui che era così inseparabile da averne uno in ogni stanza, in ogni borsa e in ogni casa, con il suo essere bambino era capace di perderne anche due al giorno, infilandoli in ogni fessura o sotto qualsiasi mobile, facendoci impazzire per ritrovarli e riuscendo a farci rimanere sprovvisti nel momento del bisogno. Con il passare del tempo però, Vincy piano piano è cresciuto ed entrambi hanno iniziato a conoscersi, ad esplorarsi e a passare sempre più tempo insieme.
Nei mesi la gelosia e il bisogno continuo di attenzioni per privarne il fratello non è certo svanita ma indubbiamente molto diminuita e, in tutto questo, è iniziata a svanire lentamente anche la sua necessità del ciuccio.
Ed è così che una sera come tante dopo l'ennesima, estenuante ed inutile ricerca dell'introvabile ciuccio e approfittando del suo buonumore prenanna, ho colto la palla al balzo. Gli ho detto che i ciucci non si trovavano da nessuna parte e dopo avergli fatto appurare che effettivamente la mamma era sincera, l'ho accompagnato a letto e mi sono sdraiata di fianco a lui fino a che non ero sicura dormisse.
Anche il giorno successivo fu simile, sia dopo pranzo che dopo cena: il ciuccio non c'era, la mamma non lo aveva ancora trovato e siccome lui non è piccolino come Vincy, sarebbe stato bravissimo a fare la nanna anche senza.
La terza sera invece sembrava che avesse accusato il colpo, ma da buona mamma ho cercato di raccontagli una minifavola sul ciuccio che almeno fino ad oggi ha retto alla perfezione:
" Il giorno prima di perderlo, mentre lui era al mare, suonarono il campanello di casa e la mamma aprì la porta. Una volta aperta vide che non c'era nessuno e controllò in giro per essere certa che non avessero sbagliato. Proprio in quell'attimo un topolino le passò sotto le gambe e corse in giro per casa fino ad arrivare in cameretta e, vedendo il ciuccio di Cesare sul letto, decise di prenderlo e portarselo via. La mamma lo inseguì per tutta la casa ma lui, veloce come Flash, scappò uscendo dalla porta e non tornò mai più "
Dopo questa storia non ha più fatto un solo capriccio per il ciuccio, merito anche del topolino e del fatto che fosse veloce come uno dei suoi supereroi preferiti. Quando è stanco l'unica cosa che fa è venire e dire che ha sonno e si fa accompagnare nel letto.
Le prime volte voleva anche che mi sdraiassi con lui, adesso invece è tornato tutto come prima: lui nel suo letto e io o al pc o in cucina. Ogni tanto mi chiede " Dov'è il ciuccio?" ma solo perché vuole che gli venga raccontata la storia del topolino e io, delle volte, per essere sicura che la favola gli sia chiara gli ripeto la domanda come un pappagallo e allora lui risponde " L'ha preso il topolino! "
La sua ricerca, la sua curiosità... tutto si conclude sempre con questa frase e, anche se per qualcuno il divezzo dal ciuccio può sembrare un passaggio obbligato o semplice, per me è stato un grande passo nella quale ho visto crescere mio figlio. Il primo grande passo verso la sua indipendenza infantile.
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