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Via Poma, un mistero che dura da 22 anni

Creato il 24 marzo 2012 da Stenazzi

Le considerazioni del criminologo Carmelo Lavorino sul processo per l’omicidio di via Poma.

Premesso che i risultati certi e scientifici della perizia ricalcano totalmente quanto ormai dico e scrivo da anni (tre libri, una cinquantina di articoli ed altrettante interviste), gradisco precisare che l’unico punto conclusivo peritale che non condivido è quello dell’orario della morte.

I periti considererebbero inattendibili le analisi del contenuto gastrico della vittima ai fini della datazione della morte, ma un fatto è un fatto, ed è un fatto che tale contenuto sia “150 cc di poltiglia”, contenuto che se Simonetta fosse stata uccisa dopo le 18:30 doveva essere minore, se non, addirittura, completamente assente.

I periti, non si sa ancora in base a quali certezze e ragionamenti, ritengono attendibili (ma perché mai? Come fanno a dirlo? Prendono per oro colato le testimonianze visto che non sono state confutate?) le dichiarazioni sulle telefonate che vedrebbero Simonetta viva dopo le 17:45, ergo, Simonetta sarebbe morta dopo. Ma queste sono congetture della sentenza di primo grado, dell’accusa e di altri, in realtà sono apodittiche e incerte. Il ragionamento appare viziato da due errori logici: 1) mettere a presupposto del ragionamento la conclusione senza averla dimostrata; 2) basare il ragionamento e il presupposto su un dato incerto attribuendo allo stesso la qualità della certezza.

Allora occorre rispondere a due quesiti: 1) Simonetta non avrebbe mangiato la pizzetta che usava consumare entro le 17, perché mai? 2) Simonetta non avrebbe toccato il computer e né lavorato dalle 16:30 a seguire, nonostante fra le 17 e le 17:30 “bramava” avere tali dati per lavorare, perché? 3) Quali sono le certezze di attendibilità delle telefonate? Cosa ne sa il perito?

Inoltre, la Corte dovrebbe valutare i seguenti aspetti/quesiti che da anni enuncio:
I. la telefonata che la dipendente dell’AIAG Luigina Berrettini dice di avere ricevuto da Simonetta alle 17:05 non è credibile, oppure non è mai avvenuta, o è il frutto di un’abilissima messinscena e di finissimi depistaggi: nessuno ha indagato in tal senso.
II. Simonetta è stata uccisa prima delle 16,50 e non dopo le 18,30: questo cambia lo stato delle cose, le persone da sospettare e la consistenza di alcuni alibi.
III. Vi è stato uno spietato, machiavellico e diabolico inganno per confondere le prove, le percezioni e gli elementi fondamentali dell’inchiesta.
IV. L’assassino ha usato moltissime volte la mano sinistra per colpire Simonetta.
V. L’assassino è un personaggio territoriale e ambientale, ovvero collegato, di via Poma e dell’ufficio dove lavorava Simonetta.
VI. L’arma del delitto è proprio quel tagliacarte che alle ore 15 non era sulla scrivania di una dipendente dell’ufficio (Maria Luisa Sibilia) e che dopo l’omicidio “qualcuno” ha provveduto a lavare per poi lasciarlo nella stanza della dipendente.
VII. Simonetta e Luigina Berrettini non si conoscevano di persona, avevano colloquiato al telefono solo un paio di volte. Non è normale che Simonetta abbia telefonato alla Berrettini in quanto già conosceva il dato che le stava chiedendo, o meglio, che la Berrettini dice esserle stato chiesto.
Tre i casi: 1) Simonetta Cesaroni ha telefonato alla Berrettini, però, vi sono elementi contrari fortissimi che annullano detta possibilità; 2) una falsa Simonetta Cesaroni ha telefonato alla Berrettini; è probabile, ma vi sono elementi ostativi molto forti; 3) La Berrettini non ha ricevuto alcuna telefonata, e qui si aprono diversi scenari intriganti, inquietanti e inesplorati.


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