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Ci sono dei libri che senza un trascorso personale simile a quello che viene narrato, probabilmente non si apprezzerebbero. E non perché siano scritti male o la trama sia brutta. Ma semplicemente perché non si capirebbe. "Viaggi a perdere" è uno di quei libri. Si può apprezzare lo stile, ironico e fresco, ma anche poetico a volte. Si può sorridere delle avventure sentimentali poco fortunate (per usare un eufemismo) della protagonista e sperare insieme a lei che il principe azzurro prima o poi arrivi davvero. Ma se non si è vissuta una rottura, soprattutto se di una storia lunga, con conseguente momento di sconforto, panico ma anche euforia e follia, forse non si riescono a cogliere tutte le sfumature, dalle più assurde alle più tristi, che questo libro porta alla luce.
Perché quando una storia finisce, non importa se per un tradimento, per il semplice esaurimento dell'amore o per tutti gli altri motivi (e sono davvero tanti) per cui una relazione può finire, si prova davvero quel senso di spaesamento e di paura che la protagonista incarna tanto bene. Si sta malissimo. Si piange. Si beve più mojito di quanto il tuo fisico possa sopportare. Si ha paura di rimanere soli. Si smette di credere nell'amore e nel principe azzurro. Si guarda a ogni persona come un possibile futuro fidanzato. Si conoscono le persone più bislacche, in chat o sul treno, si accetta di andare ad appuntamenti combinati, si lascia il numero a uomini che in momenti normali vorresti che nemmeno sapessero il tuo nome. Si attende con un'ansia che rasenta la follia un messaggio, una chiamata, e ci si fanno mille paranoie se queste non arrivano. Insomma, si fanno un sacco di cazzate di cui, a poco a poco, con il passare del tempo, si riesce a ridere.
In questo libro, tutto questo viene descritto davvero bene. All'inizio si prova un po' di pena per la protagonista, che potrebbe risultare un po' patetica. Ma poi, a poco a poco, si inizia a ridere insieme a lei, per le situazioni in cui suo malgrado si mette. Ci si arrabbia un po', perché gli uomini descritti purtroppo a volte (non sempre eh), sono davvero così: paura di crescere, paura di impegnarsi o paura di sconvolgere totalmente la propria vita (e lo sono a venticinque anni, come lo sono a quaranta), per cui meglio solo una storia di sesso, divertirsi e basta. E poi si arriva alla fine, contenti perché la donna è riuscita a riprendere possesso di sé, a capire che se il principe azzurro non arriva, nel mentre ci si può accontentare di quelli di un altro colore, senza troppe pretese e troppe aspettative. Perché alla fine c'è sempre tempo e quello vero, prima o poi, arriverà.
Mi è piaciuto molto il modo in cui l'autrice ha esposto tutto questo turbinio di emozioni e passioni, il suo inserire strofe di canzoni che rappresentano i vari momenti, il suo rendere la protagonista una donna credibilissima, con le sue manie, le sue fragilità ma anche la sua voglia di riscatto, e condendo la storia con altri piccoli racconti, di scene di coppia e di vita, a volte forse un po' esasperati, che però sono davvero così.
E poi c'è un capitolo, due paginette o poco più, che mi è piaciuto in maniera particolare, per il suo potere descrittivo ed evocativo: quello su che cos'è Genova (una città che a me piace tantissimo) per la protagonista. Credo che ogni città che riesca a far nascere delle pagine così debba essere per forza una città bellissima. Una piacevole scoperta!
L'unico interrogativo che mi rimane è se i cellulari, le e-mail, internet, le chat e la tecnologia in generale abbiano giovato o meno all'amore e ai rapporti tra le persone. A volte sembrerebbe di sì, altre proprio no.
Titolo: Viaggi a perdere Autore: Rossana Vesnaver Pagine: 140 Anno di pubblicazione: 2012 Editore: L'Erudita ISBN: 78-88-6770-006-6 Prezzo di copertina: 13,00 €
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