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Viaggiando tra i biscotti del Piemonte [Part 1]

Da Traveltotaste

Viaggiando tra i biscotti del Piemonte [Part 1]

Il Piemonte è una regione rustica ma che si può anche definire raffinata per le sue antiche tradizioni e i salotti eleganti dove, tra le discussioni per creare l’Italia, venivano consumate grandi quantità di dolci. Inevitabile quindi ci fosse un’enorme scelta di dolciumi e pasticcini un po’ frivoli.

Le paste di meliga sono tipiche delle valli di Cuneo e la loro ricetta è tanto antica da perdersi nel tempo. Sono biscotti poveri preparati nelle case contadine con le materie prime reperibili in casa. Si racconta che siano nati dalla necessità derivata dopo un cattivo raccolto che fece salire alle stelle il prezzo del frumento. I fornai, infatti, iniziarono a mescolare il fior di farina (l’attuale 00) alla farina ricavata dal mais destinata alla preparazione di dolci. Al giorno d’oggi sono a rischio di estinzione le paste di meliga prodotte in famiglia, dove era abitudine infornarle dopo aver cotto il pane. Un tempo erano considerati i dolcetti delle feste mentre adesso si trovano in bar e pasticcerie, l’importante è che siano di un bel colore giallo, friabili, profumati e che la farina di mais scricchioli leggermente sotto i denti.

La storia del krumiro, dolce tipico di Casale Monferrato, risale al 1870 quando il pasticcere Domenico Rossi inventò i dolci dopo una serata trascorsa con gli amici al Caffè della Concordia a bere il Krumiro, liquore di moda a quel tempo. La data ufficiale della nascita di questi biscotti, però, risale al 1878, anno della morte del primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II. La forma a manubrio tipica dei krumiri viene infatti attribuita ai baffi portati dal Re, mentre per quanto riguarda il nome non se ne conosce con certezza la provenienza. Le ipotesi sono due: potrebbe derivare dal fatto che sono composti da pasta frolla, prodotto un po’ capriccioso e che non permette di stabilizzare la forma del biscotto oppure può riferirsi ad una tribù araba che utilizzava spade a forma di mezzaluna le cui incursioni in Tunisia del 1881 provocarono l’invasione francese della regione. I riconoscimenti non mancarono nel passato, i krumiri furono infatti molto apprezzati all’Esposizione universale di Torino del 1884 quando ottennero la medaglia di bronzo. L’anno dopo arrivò il primo brevetto e quindi i tre successivi diplomi di fornitura della casa reale. Alcune pasticcerie cercarono di imitare i biscotti ma questo contribuì solamente a consolidare lo stretto legame tra il pasticcino e Casale Monferrato. Legame rimasto intatto nel corso degli anni, anche quando a Rossi succedette la famiglia Ariotti e infine i Portinaro, attuali titolari del marchio.

Viaggiando tra i biscotti del Piemonte [Part 1]

Sull’origine dei baci di dama, invece, c’è una diatriba non risolta tra chi sostiene che siano nati a Tortona, in provincia di Alessandria, e chi li attribuisce ad un’invenzione di un pasticcere di casa Savoia nel 1852. Quello che è quasi certo è che il nome derivi dalla loro forma che assomiglia a due labbra nell’atto di baciare. La ricetta originale prevede l’utilizzo delle mandorle, prodotto difficile da reperire e più costoso delle nocciole, ed è uno dei fattori che, da sempre, contraddistinguono la produzione dei Baci di Dama oltre ad essere il segnale della qualità ricercata dai pasticceri tortonesi sin dall’Ottocento. Esattamente come un bacio di un’elegante signora, mai volgare e sempre soave, anche questo biscotto accarezza le labbra in un morbido abbraccio facendone desiderare altri ed altri ancora.

I Savoiardi nacquero nel tardo Medioevo per mano del cuoco della corte di Amedeo VI di Savoia, in occasione di uno sfarzoso pranzo in onore del re di Francia. Dopo il successo riscosso durante in banchetto i biscotti vennero consumati abitualmente dalla Reale Casa Savoia. Sono molto leggeri e friabili grazie agli albumi contenuti nella ricetta che dovono essere montati a neve molto ferma. Durante la cottura, infatti, le bollicine d’aria dell’impasto si dilatano regalando ai Savoiardi la tipica consistenza spumosa. Una ricetta risalente al Cinquecento ne indica la composizione: «Si fanno con poca farina, albume d’uovi e zuccaro». Tuttavia questi dolcetti arrivarono nelle zone d’influenza dei Savoia subendo alcune modifiche. In Francia lo troviamo citato nel dizionario di cucina di Dumas mentre in Sardegna perse parte delle uova assumendo una forma più appiattita. In Sicilia abbandonò gli albumi diventando più biscottato e meno soffice.
Conosciuti anche con il nome di
biscotti al cucchiaio, i Savoiardi si prestano per la realizzazione di dolci classici come la zuppa inglese oppure vengono serviti per accompagnare creme.

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