Tunisi è decisamente una città capitale, vi abita un decimo della popolazione del paese, è sede del governo ed è il centro di tutto ciò che avviene nel paese, oltre ad essere il punto di arrivo per la maggior parte delle escursioni nell’area settentrionale del continente africano, un vero grande porto. Viaggio effettuato nel 2006.
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Tunisi affonda saldamente le sue radici in un passato medioevale arabo. Nei mille anni precedenti l’arrivo dell’Islam, era un insignificante vicina del porto di Cartagine. Nonostante fosse di più antica fondazione, il suo ruolo storico era stato di secondaria importanza e si limitava spesso a fungere semplicemente da base per gli invasori che cercavano di conquistare la città più grande, importante, ricca e famosa. Non gli arabi, che, vice versa, preferirono il sito meno esposto dando così importanza alla città già dal IX secolo, edificandovi la grande moschea che ancora sorge nella Medina e scegliendola come capitale imperiale. “Arrivammo a Tunisi, oggetto di tutte le nostre speranze, focolaio della fiamma di ogni sguardo, luogo di incontro di viaggiatori dall’est e dall’ovest. Questo è il luogo dove si incontrano flotte e carovane. Qui troverete tutto ciò che un uomo possa desiderare. Volete andare per via di terra? Ecco innumerevoli compagni per il vostro viaggio. Preferite il mare? Qui ci sono imbarcazioni che vanno in tutte le direzioni. Tunisi è una corona i cui gioielli sono i quartieri, i suoi sobborghi sono come un giardino fiorito costantemente rinfrescato dalla brezza.” Queste sono le impressioni riportate da un viaggiatore del XIII secolo. Certo lo sbarco al porto de La Goulette (che significa “la gola”) non fa più lo stesso effetto di qualche secolo fa, ma è indubbio che comunque Tunisi è, e rimane un nodo cruciale per le comunicazioni tra il nord Africa e l’Europa, una città viva, giustamente caotica di quasi 2 milioni di abitanti ed anche alquanto piacevole, nella quale spendere volentieri un paio di giorni. Nonostante le dimensioni, le zone più interessanti possono essere visitate a piedi e, prendendo alloggio nei pressi della parte più vecchia è possibile lasciare tranquillamente posteggiata la moto. E sarà così in parte, trascorrerò il mio primo giorno vagando nella Medina e nelle viuzze dello stretto angusto, affascinante quartiere dell’Halfohuane. Tunisi a suo modo è una città viva, ma non come la intendiamo noi. La vita notturna non offre ritmi da sabato sera o da movida spagnola, la Medina chiude i battenti dopo il tramonto e la centralissima Avenue Bourghiba non va oltre le 23.00, ma qui si comincia a respirare un’atmosfera diversa che serve a calarsi nell’ambiente arabo. Una specie di apprendistato a ritmi differenti ma ugualmente interessanti e piacevoli. In compenso le mattine iniziano presto e perdersi nei vari souk della città è esperienza divertente ed affascinante: confusione, colori, odori, aromi, c’è un po’ di tutto. E bighellonando che ho trovato nei pressi del quartiere dell’Halfohuane diverse officine meccaniche per moto. Il giorno dopo approfittando della bella giornata, perché no, mi concedo una passeggiata motorizzata per la città. Conoscerò così Neffeti Mondher, il proprietario di una delle officine. Mi dice che in tutta Tunisi ce ne sono circa una ventina e che c’è un discreto parco circolante. Effettua riparazioni ed assistenza anche sulle moto di nuova generazione, grazie a dei tester che gli consentono di controllare le moderne centraline. “Quasi come in Europa” scherza. Ma Tunisi è anche una serie di piccoli centri limitrofi che ormai di fatto sono stati assorbiti dalla città. Tra questi il più famoso e visitato è senza dubbio quello di Sidi Bou Said, splendidamente arroccato su di un colle a strapiombo sul mare da cui si godono splendide vedute sul porto e sulla città. Asfissiata dai turisti di giorno, diventa un incantevole borgo la sera ed al mattino presto. A testimonianza della bellezza del luogo, è stata scelta come residenza anche dal presidente Ben Alì. Non molte le possibilità di alloggio, e molto care a parte l’eccezione trovata, menzionata più in basso. E la sera conoscerò Karim, lavora in uno dei negozi sulla strada principale dove inizia la via pedonale e con il quale trascorrerò una simpatica serata a casa sua insieme a Ajmen, che non parla italiano a parte i termini calcistici ed i cori delle varie squadre del campionato italiano. Gustando una buona bottiglia di vino e vedendo il tramonto dalla finestra, prima di immergersi nell’incontro Milan-Lyon valevole per la Champions Leaugue ed a cui Ajmen ci costringerà ad assistere. Resisterò un tempo ed una bottiglia di vino rosso prima di congedarmi e concerni una passeggiata per le vie lastricate del paese.
Il mercato degli schiavi di Tunisi
Attività in passato assai sviluppata e lucrosa, vide tra i mercati più floridi e con maggior attività, anche quello della città tunisina. Gli schiavi condotti a Tunisi venivano portati nel Souk (mercato) el Berka. I più sfortunati provenivano dalle prigioni sotterranee della Kasbah di La Goulette, dove venivano mostrati ai potenziali compratori, che per prima cosa controllavano la saldezza dei loro denti, perché gli schiavi non specializzati finivano per andare a lavorare sulle navi corsare dove venivano nutriti esclusivamente con biscotti duri. La maggior parte di essi erano catturati in mare, anche in acque lontane come la Manica, ma c’erano anche frequenti scorrerie sulle città costiere italiane, francesi e spagnole. Era un commercio brutale, anche se la tradizione occidentale è sempre stata ben felice di sorvolare sugli altrettanti feroci corsari che rifornivano i mercati degli schiavi della città di Pisa, Genova ed altre dell’Europa. La pirateria e la schiavitù erano generalmente ben accettate, anche se non ufficialmente, come un redditizio complemento ai commerci nel bacino del Mediterraneo. Alla fine del ‘700 le flotte europee avevano ormai espulso i pirati dai mari. Inizialmente la tratta degli schiavi trans-Sahariana compensò la diminuzione degli schiavi dal Mediterraneo, facendo le fortune di Tunisi dove alla fine del secolo, ogni anno venivano venduti più di 6.000 di essi. Nei decenni seguenti però le tasse, insieme alla concorrenza dei mercati di Tripoli ed alle guerre nel sud, mandarono in rovina il commercio. Infine, nel 1846 Ahmed Bey, che si stava costruendo la reputazione di sovrano illuminato, abolì la tratta degli schiavi ed i mercati furono chiusi. Gli africani sono restati e, mentre in passato hanno subito discriminazioni, trovando lavoro quasi solo come domestici, oggi fanno parte integrante della società tunisina.
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