Ormai da qualche anno, cioè da quando per me la parola “vecchio” ha assunto il suo effettivo significato, al ritorno da un viaggio all’estero, appena rimetto il piede sull’amato/odiato suolo italiano, devo esclamare:
“Finalmente eccomi a casa!”
Indipendentemente da come è stato il viaggio, bello o brutto, noioso o interessante. In realtà io sto bene nel mio appartamento milanese, lì ho a disposizione le cose che amo, i miei libri, il mio computer, una moglie che, pur borbottando, mi accudisce come solo lei sa fare e mi prepara (salvo il venerdì in cui, purtroppo, si mangia sempre il pesce) deliziosi piatti, mattina, mezzogiorno e sera. Non devo correre con un piatto in mano lungo i banconi del self service di un albergo, sgomitando con altri ospiti affamati, alla ricerca di qualcosa che si avvicina almeno un po’ a ciò che piace a me. Non devo alzarmi alle quattro di mattina per arrivare all’ora giusta nel sito da visitare, non devo sorbirmi centinaia di chilometri in bus o in aereo per spostarmi fra le varie regioni del paese straniero che mi sta ospitando… Insomma, il fatto incontestabile è che non ho più l’età per fare lunghi viaggi. Ecco perché ho messo come incipit di queste note una mia foto in cui tutto ciò che ho appena scritto risulta ben evidente. In quella ripida salita, su un antico selciato romano, immerso in un prato verde decorato da splendidi papaveri, ci sono io, grassottello, che arranco, ultimo del gruppo, per raggiungere un luogo denso di storia, un luogo così bello da rimanere scioccati e di cui vi parlerò nei prossimi post.
Qualcuno, un po’ malizioso, potrebbe chiedermi: “Ma se hai tutti questi retro-pensieri, perché, ogni qualvolta ti propongono un viaggio all’estero sei uno dei primi ad aderire?”
La risposta è facile: a me è sempre piaciuto viaggiare. Da giovane, per mille e una ragione, non ho potuto farlo e ora che posso permettermelo, perché non dovrei andare? Lo so, lo so, che già il secondo giorno fuori dall’Italia, alla prima difficoltà, vorrei tornarmene a casa, però resisto, e seguo con grande forza di volontà ogni iniziativa che la guida locale ci propone. La natura umana è proprio strana, e io ne sono un esempio eclatante! Quest’anno c’erano tutte le condizioni (le scuse) per non aderire al viaggio in Turchia, eppure, testardo come sono, ho voluto partire lo stesso. Due mesi fa (ormai lo sanno anche i sassi) mi ero rotto l’omero del braccio sinistro e non ero ancora fisicamente a posto; due giorni prima della partenza, per un fastidioso quanto doloroso ascesso a un dente, avevo metà faccia (quella sinistra) gonfia come un pallone; terzo, si andava in un paese in cui usano il sesamo in quantità industriale e lì ho scoperto, a mie spese, che nei ristoranti e negli alberghi nessuno sa che per chi ne è allergico questa spezia è come veleno. Si rischia uno shock anafilattico e, persino, la morte per soffocamento se la lingua si gonfia troppo. Il sesamo, come dice la letteratura medico-scientifica, è un frutto dalle mille proprietà benefiche, tra queste ricordo che l’assunzione di semi di sesamo è un toccasana per le ossa, migliora le funzioni del fegato, è efficace nella rimozione dei vermi intestinali, riduce i reumatismi e i dolori articolari, stimola la circolazione e contribuisce a migliorare la digestione. L’olio di sesamo, ricavato dai semi, viene impiegato per la cura della pelle, per effettuare massaggi rinvigorenti, contro la forfora e per contrastare la congestione nasale. Tutte queste formidabili caratteristiche farebbero al caso mio: come mai, allora, per me il sesamo è un veleno?! Il buon Dio ha, forse, introdotto delle eccezioni per punire chi, come me, non è mai stato un buon cristiano?
Pur con tutto ciò contro ho voluto partire lo stesso e, devo ammettere che ho fatto bene. La Turchia è un grande e splendido paese, dalle tante sfaccettature che merita di essere visitato almeno una volta nella vita. Con un tour organizzato, insieme a una cinquantina di amici/amiche della mia stessa età, lo abbiamo girato in lungo e in largo e moltissime volte siamo rimasti a bocca aperta di fronte a inaspettati spettacoli della natura e dell’ingegno umano. Di tutto questo parlerò diffusamente nelle prossime puntate, accompagnando il testo con dei brevi filmati che ho girato sul posto.
In queste note introduttive mi premeva sottolineare l’animo con cui sono partito, la fatica e la stanchezza che ho dovuto superare in pro di tutto ciò che di bello ed entusiasmante ho avuto la possibilità di vedere in un paese lontano da noi non più di tre ore di aereo. La prima tappa è stata Istanbul, una città di quasi 15 milioni di abitanti, con caratteristiche diverse da quartiere a quartiere. Una città magnifica ma terribile da girare sia in macchina sia in bus, sia in bici. Siamo poi volati nell’Anatolia centro occidentale: lì abbiamo visitato il sito archeologico di Hierapolis e molto altro. In bus abbiamo attraversato la Cappadocia, una regione che affascina con i suoi paesaggi lunari e le tante case scolpite nel tufo. Per ammirarla al meglio siamo persino saliti su una mongolfiera! Il nostro viaggio è terminato nella regione Egea con un’immersione nella storia antica raccontata dalle rovine di Efeso e con il successivo pernottamento a Smirne (Izmir), una città moderna, occidentalizzata, in grande espansione e con già un capitale di cinque milioni di abitanti.
L’unica nota stonata della Turchia è che correndo, come abbiamo fatto noi, da un luogo a un altro, non abbiamo avuto la possibilità di entrare in amicizia con gente del posto, sia della nostra età sia più giovane, per carpirne speranze e delusioni. L’unico contatto con il loro mondo è avvenuto attraverso gli astuti commercianti dei vari bazar e bancarelle e ascoltando le parole della nostra guida turca, un bel tipo, accesissimo fumatore, decisamente contrario al regime attuale. Secondo costui, l’unico personaggio che ha goduto e gode di indiscussa popolarità è Atatürk il fondatore della Turchia moderna, deceduto nel 1938.
Molti di noi si sono chiesti come il cosiddetto padre della patria sia riuscito, senza grandi proteste e tumulti da parte delle tante popolazioni che abitavano quelle terre, a chiudere tutti i luoghi di culto. In alcune località, oggi oggetto di turismo, abbiamo potuto constatare con i nostri occhi quanto le diversità religiose siano state e siano ancora causa di odio e lotte fratricide fra gente di diverso credo e come ciò abbia portato, nei secoli, allo scempio di opere d’arte prodotte da religioni in decadenza.
In Turchia, per fortuna, non abbiamo incontrato l’Islam ottuso e intransigente, ma abbiamo respirato una certa aria di libertà nei costumi e nel modo di comportarsi della gente. Ci sono donne col velo e donne con la minigonna e col capo scoperto, però nelle moschee tutti si comportano con rispetto. Anche se è una notevole rottura di scatole, senza problemi noi turisti ci siamo tolti le scarpe e le donne si sono coperte il capo per potere ammirare l’interno delle grandi moschee di Istanbul. Camminando su enormi e bellissimi tappeti, abbiamo vissuto l’atmosfera di vera religiosità di quei pochi fedeli che riescono a pregare rivolti alla Mecca, anche se dattorno ci sono migliaia di persone che parlano e scattano foto di nascosto.
Prima di terminare, vi anticipo alcune immagini scattate da mia moglie:
Moschea di Solimano a Istanbul
Chiesa di Santa Sofia a Istanbul
Gran Bazar a Istanbul
Minicrociera sul Bosforo
Villaggio nel tufo in Cappadocia
Castello di tufo in Cappadocia
La mia signora e io davanti a tre strane rocce col cappello.
Paesaggio “lunare” in Cappadocia
Gita in mongolfiera sui “Camini delle fate”
Dervisci Danzanti
Le Cascate Pietrificate di calcare bianco a Pammukale
La grande biblioteca romana a Efeso
Da questa mini carrellata di foto si può già avere un’idea delle bellezze che abbiamo ammirato in Turchia: ma questo è solo l’inizio. Arrivederci alle prossime puntate che pubblicherò man mano che saranno pronti i relativi filmati che ho girato – fortunosamente – in loco.
Nicola