I. Nei vecchi libri e ancor di più nelle vecchie riviste s’annidano parassiti che secernono sostanze lisergiche, almeno per quanto mi riguarda, perché ogni volta che salgo sugli scaffali alti – è lì che metto la carta stagionata – ho un trip. Accade – quasi sempre, ma non solo – quando, nauseato del mondo e delle sue follie, mi viene voglia di vomitargli in faccia due righe, ma poi m’accorgo che sono tanto nauseato da non volergli dare neanche questa soddisfazione, al mondo. In questo caso – sempre più frequente negli anni – rinuncio: mi elevo dal basso livello in cui giacciono tv, radio, pc, telefono e giornali: sistemo la scaletta e, piolo dopo piolo, conquisto vette dove l’aria è tersa e l’uomo mi pare meno bestia: evito il presente e mi dedico al passato. E più il presente mi disgusta, più salgo e vado indietro. Vedo Veltroni? Tirò giù le annate di Rinascita. Leggo un incipit di Veneziani? Mi ci vuole un Adriano Romualdi del 1965. M’imbatto in un dibattito pubblico tra Oscar Lafontaine e Paolo Ferrero? Mi riprendo solo col mitico n. 23-24/1965 dei Quaderni Piacentini. Non è una cura: sarei tentato dall’ipotesi che si tratti di ascesi spirituale, se non fosse che mi nausea pure la metafisica: mi vien da credere che dalla carta stagionata opportunamente parassitata si sprigionino tossine psicotrope dallo stupefacente effetto calmante, collateralmente antiemetico, con corteo di traveggole e vertigini, però sempre gradevoli.Se non mi sono spiegato bene, consentite che provi con un esempio: mi capita tra le mani, dopo tanti anni, un numero di Panorama, quello in edicola venerdì scorso; e lo sfoglio (devo dire: con un anticipo di antipatia verso ogni pag.); e a pag. 21 mi piglia una tal nausea da avere un irrefrenabile bisogno di buttare giù due righe; ma qui desisto e mi decido per l’ascesi... Ma forse è necessaria una digressione.
II. Dare Panorama a chi ha chiesto l’Espresso è svista da non considerare grave se l’edicolante è sulla sessantina e va verso i settanta: dai tempi di Tangentopoli, ma forse già dai tempi della caduta del muro di Berlino, le differenze tra i due fascicoli sono venute a farsi evidenti anche ai distratti, ma per lunghi decenni hanno avuto forti analogie di contenuti e stili, talvolta lo stesso culo in copertina, e ogni analogia, quando consolidata, ha una certa inerzia da stasi nel processo di divaricazione. Sarebbe più corretto dire contrazione al posto di distrazione: i culi cominciano a non somigliarsi più, contenuti e stili cominciano a divergere, ma distraendoti ti sembrano sempre uguali: l’inerzia ti contrae la vista, uno ti chiede l’Espresso e tu gli dai Panorama.“Non è grave”, ho detto all’edicolante che mi serve da una vita e col quale ho un po’ di confidenza, ma ho aggiunto: “Però lo faccia ancora, signor Peppe, e le do fuoco al pollaio”.“Non ho tempo per leggerli, li vendo solo. E mi sono sembrati sempre un doppione…”.“E lo erano, ma dica: probabilmente un tempo non poteva fare differenza tra le facce di chi chiedeva l’Espresso e di chiedeva Panorama, ma adesso?”.“A pensarci è vero: chi chiede Panorama ha quasi sempre una faccia da farmacista… Non so se mi spiego…”.“Magistrale impressionismo… E mi dica: ho per caso la faccia da farmacista, io?”.“Adesso no, ma c’è stato un periodo in cui l’aveva”.“Ok, mi tengo Panorama”.Chiusa la digressione.
III. A pag. 21 di Panorama (39/XLVIII) c’è un tizio (ci mette anche la faccia) che elogia la riforma Gelmini, che “in fondo vuole ripristinare severità ed efficienza”.Ripristino mi dovrebbe significare che un tempo la scuola aveva severità ed efficienza, e che oggi non le ha, progressivamente perse, ma adesso ci pensa la Gelmini. Parlerà di una scuola severa ed efficiente con cognizione di causa, questo rubrichista? Non pare proprio: gran casinista al liceo, inconcludente all’università, sempre in evidenza per la pessima condotta e il pessimo profitto. Ma allora di quale scuola parla? Avrà mica in mente le sue elementari moscovite? Dice che la scuola deve tornare ad essere “un’istituzione collegiale tendenzialmente severa”, ma deve trattarsi di una scuola che già non c’era più ai tempi suoi. Nostalgie di purezze sfuggite per un soffio, come quando arrivi a capire che l’embrione è tuo fratello solo dopo che ne hai fatti fuori tre.“Questo è l’unico modello di scuola che integra, che esprime e giustifica la stessa nozione di istruzione pubblica. Il resto è canto, swing mentale, musica leggera”. Lo guardi e l’artista swing sembra lui, un Gorni Kramer o giù di lì. Presto, la scaletta, qualunque cosa sia almeno a tre metri di altezza... Una boccata di De Maistre, una pagina di Evola, qualunque cosa...
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