Viaggio nel primo Novecento: tre mostre da non perdere
ARSENALE CREATIVO
L’arte di fine Ottocento e del primo Novecento è sicuramente la mia preferita. Se i grandi maestri della pittura come Giotto o Da Vinci hanno creato opere meravigliose e tecnicamente impeccabili, le correnti che si sono sviluppate dall’Impressionismo in poi hanno dato all’arte una dimensione più soggettiva e personale, in cui la personalità dell’artista, la sua storia e la sua visione del mondo diventano preponderanti. Tutti i miei artisti preferiti appartengono ai questi pochi decenni, che hanno dato vita ad avanguardie tuttora attuali e ad opere d’arte così diverse tra loro, ma così potenti nella loro capacità di comunicare ed emozionare lo spettatore. Per concludere il 2015 e iniziare il 2016 al meglio, tre sono le mostre che mi sono ripromessa di visitare assolutamente.
ALFONS MUCHA | Milano, Palazzo Reale
Quella con Alfons Mucha è una storia d’amore che dura da molto tempo, dagli anni delle superiori, quando durante l’ora di storia dell’arte venni a conoscere il mondo dell’Art Nouveau. L’epoca del Liberty e della Secessione Viennese è stata semplicemente gloriosa: ha aperto il Novecento con raffinata eleganza, decorando salotti e viali di delicati motivi floreali e armoniosi pattern geometrici, ha elevato le cosiddette “arti minori”, come la gioielleria, l’arredamento e l’artigianato, portandole allo stesso livello della pittura e architettura, ha dato un enorme slancio creativo alla grafica e alla pubblicità e ci ha regalato alcuni tra gli artisti più memorabili del secolo.
Alfons Mucha è stato uno degli esponenti più importanti dell’Art Nouveau di fine Ottocento e primo Novecento. I suoi manifesti colorati, con soggetti femminili vestiti di fiori, gioielli e abiti stupendi, sono diventati oggi il simbolo di un periodo storico e hanno avuto un’enorme influenza anche nei settori dell’illustrazione, della pubblicità e del design.
La mostra di Palazzo Reale, dal 10 dicembre al 20 marzo, racconta la sua carriera in un percorso di 149 opere, a cui si unisce un’ampia selezione di ceramiche, mobili, disegni e complementi d’arredo realizzati dagli artisti europei del periodo, per ricostruire le atmosfere affascinanti della Belle Époque.
MARC CHAGALL | Brescia, Museo di Santa Giulia
Un ’bout come Van Gogh e altri grandi esponenti del primo Novecento, Chagall è uno di quegli artisti difficilmente riconducibili ad una sola corrente artistica. Le sue opere mescolano elementi artistici e culturali diversi: la tradizione popolare della Russia, dove visse e studiò per diversi anni, episodi biblici tipici della sua cultura ebraica, ma anche diversi aspetti delle avanguardie francesi, tra cui il cubismo e il fauvismo, che assimilò durante gli anni a Parigi.
Uno stile assolutamente unico e fortemente riconoscibile, ricco di poesia e riferimenti all’infanzia, con un uso del colore che, nel tempo, supera i contorni delle figure per espandersi liberamente sulla tela e diventare indipendente dalla forma. La mostra di Brescia, aperta fino al 15 febbraio, si focalizza sui capolavori degli anni russi, dal 1907 al 1924, tra cui La Paseggiata, in cui Chagall si ritrae insieme alla moglie Bella, a simboleggiare l’amore che lega due persone trascendendo i limiti della natura.
GIORGIO DE CHIRICO | Ferrara, Palazzo dei Diamanti
Devo ammetterlo, quello per De Chirico è un interesse che è emerso più tardi, perché anni fa, quando lo studiavo, davvero non riuscivo a capirne la grandezza. Una grandezza che nasce dall’aver letteralmente inventato un genere pittorico, la pittura metafisica, che vuole rappresentare ciò che è oltre l’apparenza fisica della realtà, oltre l’esperienza fisica dei sensi. Gli enigmi che percorrono l’esistenza prendono forma, dando vita ad atmosfere sospese e cariche di inquietudine: piazze deserte fuori dal tempo e stanze segrete con prospettive vertiginose, popolate da manichini da sarto, sculture classiche e personaggi muti, senza volto.
La mostra di Palazzo dei Diamanti è aperta fino al 28 febbraio e raccoglie le opere realizzate proprio a Ferrara, dove l’artista arrivò nel 1915 e realizzò i quadri che diedero vita alla pittura metafisica. Icone della modernità, che hanno avuto una profonda influenza sul dadaismo e surrealismo, nonché sull’arte e architettura italiana di epoca fascista.
Per completare questo viaggio nel primo Novecento, segnalo anche la grande mostra dedicata a Toulouse-Lautrec, con circa 170 opere provenienti da Budapest, appena inaugurata al Museo dell’Ara Pacis di Roma e aperta tutta la primavera fino all’8 maggio 2016.
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