Una ragazza si è avventurata fino là, dove i giorni sembrano eterni, nell'alternarsi d'interminabili ore di buio e lunghissime giornate di sole senza fine, tra i ghiacci polari, a 1200km dal polo Nord, a Longyearbyen, nell'isola norvegese di Spitsbergen, avamposto di civilizzazione del remoto arcipelago artico delle isole Svalbard. Un'avventuriera ed il suo husky, un David Bowie a quattro zampe.
È appena arrivata all'aeroporto di quella che sembra una cittadina di Saturno, scende dall'aereo, il freddo polare le gela subito il naso, l'avevano avvertita. Il suo compagno di viaggio ha il pelo bianco candido, si chiama Freddie ed è finalmente a suo agio.
Ritira i bagagli, esce e prende un taxi. Con un gentile cenno e qualche verso di norvegese da sopravvivenza, si fa guidare attraverso quel serpente d'asfalto nero, la statale che gira attorno Longyearbyen e si contorce lungo un deserto di pietre e ghiaccio sporco. Si addormenta cullata da pensieri boreali.
La sveglia un dolce mugolio di Freddi e la voce rauca e simpatica del taxista, che sta blaterando qualcosa che si mescola con il torpore del risveglio dalla siesta. La luce è fioca, l'atmosfera d'eterno tramonto continua uguale a quando è sbarcata dall'aereo, pensa. Senso dell'orientazione, del tempo e dello spazio, sembrano e sono persi. Paga, scende dal taxi e appogia il suo zaino vicino ad una grande pietra al lato del serpente nero. Sembra messa lì a posta, vaneggia tra sè e sè. Il taxista la saluta, è abituato a vedere gente del continente venire fin laggiù, piantare una tenda e fare il McCandless dell'Artico per qualche giorno. Sorride e se ne ritorna per lo stesso cammino.
Dentro la tenda igloo fa caldo, è un modello di tenda costato un occhio della testa dove ci puoi accendere anche un fuoco se vuoi. Sorride. Freddie sembra sonnecchiare mentre mangia rapidamente le sue crocchette. Lei quattro fette biscottate con un po' di formaggio e un tè. Si riaddormentano poco dopo, la tazza di tè in un angolo della tenda e fuori ancora il tramonto.
È l'alba. È l'alba? Una slinguaccita di Freddia sveglia la nostra guerriera dei ghiacci che glielo chiede proprio al suo migliore amico, dopo un'occhiata dalla finestrella dell'igloo, si guardano, poi uno abbaia e l'altra ride. Era l'alba? Che ora era?
Non c'è nessun orologio, il cellulare è un modello antico della Nokia, senza cambio automatico dell'ora, segna le due del pomeriggio.
Non aveva chiesto l'ora al taxista e non si ricordava nemmeno a che ora fosse atterrata, quale fosse il fuso orario e per quante ore avesse dormito. Sinceramente, non gliene fregava niente, si sentiva ripostata e questo bastava.
Prepara un caffè, lo beve con mezza dozzina di biscotti, un pezzo di pane e una barra di cioccolato nero. Freddie crocchette ed acqua.
Smontano la baracca e cominciano la marcia.
Le pietre ed il ghiaccio sporco lasciano spazio alla neve farinosa, sempre più compatta man mano che i nostri due si inoltrano nella tundra polare. Passano le ore, aveva attivato il cronometro del cellulare e ne segna già tre dall'inizio della marcia, ora di fare una pausa.
Freddie abbaia d'improvviso, lei alza lo sguardo ed eccolo lì, a qualche centinaio di metri, un imponente blocco rettangolare di cemento, un po' sinistro senza dubbio, una porta di metallo ed un ponte levatoio che sembra l'entrata ad un castello dell'era cyborg: è il Svalbard Global Seed Vault.
Lei lo conosce bene ma finalmente ce l'ha davanti ai propri occhi. È il deposito sotterraneo dove sono raccolti esemplari di tutti i semi esistenti sulla faccia della Terra. Gestito dal governo norvegese, il Global Crop Diversity Trust ed il Nordic Genetic Resource Center e costruito nel 2006 grazie al finanziamento della Bill & Melinda Gates Foundation, la Fondazione Rockefeller, la Monsanto, il gruppo Syngenta, la DuPont/Pioneer Hi-Bred, il Gruppo Consultivo per la Ricerca Agricola Internazionale ( CGIAR) ed il governo norvegese (per un costo di circa 30 milioni di euro), il Vault nasce con la funzione ufficiale di "fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica accidentale del patrimonio genetico tradizionale delle sementi". L'obiettivo dichiarato è quello di garantire la conservazione della maggior parte delle colture più importanti della Terra, come riso, mais, frumento, patate, mele e così via. Nel nostro pianeta esistono circa un milione e mezzo di tipi differenti di semi alimentari e l'impianto norvegese ha una capacità di stoccaggio complessivo di 4.500.000 esemplari.
L'isola Spitsbergen è stata considerata ideale in quanto priva di attività tettonica e per la presenza del suo permafrost. Il Global Seed Vault è costruito a 130 metri sopra il livello del mare, "per assicurare che rimanga all'asciutto anche nel caso di scioglimento dei ghiacciai". Si compone di tre sale di 27 metri di lunghezza, 10 di larghezza e 6 di altezza. Le chiusure hanno porte di acciaio e la struttura è costruita in calcestruzzo, "in modo da resistere ad una eventuale guerra nucleare". I semi sono confezionati in speciali pacchetti di quattro strati e sigillati termicamente per escludere l'umidità. Le unità di refrigerazione che raffreddano i semi a -20 e -30 °C, sono alimentate dal carbone estratto localmente ed il terreno ghiacciato impedisce alla temperatura di salire oltre i -3,5 °C.
Freddie e la nostra guerriera rimangono davanti al deposito, non c'è nessuno a parte loro eppure si sentono osservati. Freddie è nervoso e lei sta pensando a cosa ci sia mai là dentro, a parte i semi...
Perchè non ci possono essere solo semi, pensa.
Perché lei già conosce la versione ufficiale però un giorno, mentre leggeva un'intervista ad uno scienziato norvegese coinvolto nel progetto, si soffermò su queste parole: " in quel deposito sono conservati preziosi materiali, necessari per il miglioramento genetico e lo sviluppo della ricerca in molte aree della ricerca biologica di base [...]".
Là dentro ci sono scienziati che sperimentano sul genoma vegetale, animale e umano o è solo un deposito per assicurarsi il dominio (non semplicemente la salvaguardia) della produzione agricola dell'intero pianeta in un'era post-nucleare? Non lo sapeva. Era arrivata fino alle Svalbard proprio per scoprire cosa ci fosse là dentro.
Perché i dubbi sulle dichiarazioni dei principali finanziatori privati del progetto, Rockefeller e la Monsanto, sono piú che leciti, considerata la loro natura di persone infime ed ipocrite, parte integrante di quel gruppo di individui ed aziende che rappresentano il peggio dell'umanità contemporanea, persone che vivono grazie ad astute bugie ed alla volontà di speculare perennemente sulla vita umana, gente che agisce per evitare che il mondo diventi un luogo migliore dove tutti godano di salute e vivano nell'abbondanza ed in pace.
Si avvicinano al Vault e li perdiamo di vista, l'eterno tramonto è finalmente tramontato e la notte del circolo polare artico avvolge i nostri due paladini.
Non abbiamo saputo più nulla nè di lei, nè di Freddie.
Matteo VitielloLeggi anche:
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