Con il primo capitolo Adam Green era riuscito laddove nessuno, giocando sul remake, sullo splatter, sulla parodia e disperatamente su chissà che altro, aveva realmente ottenuto qualcosa, e il suo grezzo festival gore, una scema, ultraviolenta, divertentissima carrellata di omaggi e citazioni aveva rinfrescato un genere, lo slasher, che fuori dal suo ventennio ideale non ha mai avuto vero motivo di esistere, e lo faceva giocando intelligentemente con gli stessi mezzi di allora, mostrando un coraggio e una capacità esecutiva che creavano una naturalità così anni Ottanta, nello sfoggio nudistico, nell’ironia rozza e nell’esagerata ferocia, a tratti davvero incredibile. Hatchet II non funzionava con la stessa forza, pur con un notevole lavoro dialogico utile a caricaturare un modo di creare personaggi e fare cinema andato del tutto perso, l’assenza di una vera e propria trama e il ritmo altalenante lo facevano capitolare in qualche momento di troppo. Ma il terzo episodio riporta in vita il mostruoso Victor Crowley e le sue paludi sanguinolente nel migliore dei modi grazie a una regia solida ed efficace (BJ McDonnell sostituisce Green, che rimane a sceneggiare e a produrre) che spazza via con un ritmo comico/splatter micidiale certe lacune dell’episodio precedente.
Non che Hatchet III mostri qualcosa di nuovo, tutto è incentrato come sempre sui violentissimi, assurdi e variopinti massacri di Crowley, che strappa teste, budella e colonne vertebrali con una furia farsesca irresistibile – stavolta malamente affrontato, oltre che dalla storica protagonista Marybeth, da una decisa sensitiva, dalla disorganizzata polizia e dai cazzutissimi SWAT, sterminati senza problemi dal primo all’ultimo. C’è dell’altro? Assolutamente no, ma nonostante la mancanza totale di qualsiasi novità la pellicola tiene benissimo per i suoi 80 minuti grazie a personaggi tagliati con la giusta dose di ironia (su tutti l’agente Winslow, protagonista, assieme al brillante cammeo di Sid Haig, del momento più spassoso del film), un valido rapporto causa/effetto tra le azioni dei personaggi e gli omicidi di Crowley, e ovviamente l’alto bodycount, che raggiunge numeri ragguardevoli.
Probabilmente il miglior capitolo della trilogia, e pur essendo un terzo film-fotocopia appare fresco, scoppiettante, ricco di inventiva splatter, ingegnosamente parodistico e, per una volta tanto, privo di inutili nudi gratuiti – in fondo non c’era spazio, Victor Crowley ha davvero troppa gente da squartare, e la sua stazza carismatica rende questo prodotto, in fondo innocuo, davvero godibilissimo.