
Un campionario di influenze parecchio a vista ma l'impressione di credere sempre in quello che si fa e un'onestà intellettuale che fa parecchio simpatia anche oltre i meriti oggettivi di questo film ad episodi fatto praticamente in casa con i tre registi a occuparsi un po' di tutto, dalla fotografia al montaggio.
Alla fine quello che rimane è una visione soddisfacente tra thriller, horror, vampire story e storiacce da grindhouse tarantinate.
Ci si diverte e ciò basti. Ora un'occhiata ai tre episodi.
1 ) PENNY DREADFUL/ SLASH IN THE BOX : Penny Dreadful è una specie di bambolina zombie ( una specie di Bette Davis/Baby Jane giovane ma totalmente folle oppure una versione femminile di Beetlejuice ) che assieme ai suoi amici Ned, un morsicato da zombi e a un lupo mannaro ragazzo, chiamato Wolfboy, accoglie malcapitati, attirati da un annuncio nel suo cinema in cui le prime file sono riempite da bambole inanimate. Si siedono e vedono i due episodi che compongono il film ma poi per l'ospite va a finire male visto che finisce o sgozzato brutalmente o affettato con una mannaia. Alla fine dell'episodio Penny e i suoi amici regalano una scatola magica a un avventore che la riporta a casa dalla moglie. Ma farà molto male, quella scatola non è innocua come sembra.

Penny Dreadful è l'episodio che fa da cornice e chiude il film ricollegandosi all'inizio in una sorta di circolarità.
Codiretto da Eliza Swenson e Leigh Scott parte da un canovaccio abbastanza consunto e non si eleva molto dal suo status di episodio cornice , di solito sempre il più debole in ogni antologia horror che si rispetti.
C'è qualche spunto interessante, c'è un discreto uso della suspense nel breve segmento ambientato nella casa ( l'episodio Slash in a box che dura in tutto quattro minuti o poco più) in cui è stata portata la scatola magica, mentre sanno di già visto il cinema vuoto e riempito con bambole inanimate e risulta un po' caricaturale il personaggio di Penny Dreadful che viene sovraccaricato di un'ironia che cattura poco, tocco ironico acuito dai due comprimari , lo zombie e il piccolo Wolfboy che cercano di far ridere e non incutere paura. Per quello c'è Penny col suo abbigliamento vistoso da bambola di altri tempi, un po' andata a male nel frattempo. Diciamo senza infamia e senza lode . ( VOTO 6 / 10 )
2 ) THE MORNING AFTER : la giovane Alice si risveglia in modo brusco nel bel mezzo della mattina e cerca di capire che cosa è successo la sera prima. E tra vari flashbacks scopriremo che ne son successe delle belle.
Diretto da Eliza Swenson cerca un modo nuovo di raccontare una storia di vampiri. Peccato che la resa sia un po' troppo televisiva anche se l'idea di raccontare tutto attraverso vari flashbacks flettendo l'unità temporale tra passato e presente riesce a creare un buon ritmo e a destare quel minimo di interesse che fa proseguire la visione senza troppe complicazioni. C'è la sorpresina nascosta nel finale ma è un qualcosa che rilegge alla lontana un po' quello che si raccontava in Intervista col vampiro di Jordan. Solo che qui è declinato tutto al femminile. Del resto la regia è ad opera di un giovane, bella e valente donzella, il suo tocco si deve vedere. Un po' fastidioso l'uso , decisamente vintage del green screen dietro gli attori nelle sequenze in macchina , qualcosa in auge negli anni '50 , vederlo adesso suona un po' troppo falso e dà l'impressione del vezzo autoriale fine a se stesso. Personaggi maschili che sono abbastanza inutili e che fanno da contorno inanimato. Acerbo ma la ragazza può crescere, decisamente. ( VOTO : 5,5 / 10 )

3) THE SLAUGHTER HOUSE : nel periodo dei figli dei fiori, o perlomeno così sembra, un gruppo di ragazzi col loro furgoncino Volkswagen si ferma in una stazione di servizio per fare benzina e sono invitati a cena dal benzinaio presso la sua casa poco distante. In realtà i ragazzi non sono innocenti come sembrano e prendono il controllo della casa sparando e uccidendo. Ma la famiglia che li ospita non ci sta a fare da agnello sacrificale e si ribella. Arriva poi il capofamiglia ( un maestoso Sid Haig) che finisce di mettere tutto a posto , giusto in tempo per liberare suo figlio Rusty, maniaco con la motosega e con la faccia coperta da una maschera da hockey....

Diretto da Leigh Scott è il più lungo dei tre episodi e anche quello forse meglio articolato. Tra La casa dei 1000 corpi, The Texas Chainsaw massacre e Grindhouse , The Slaughter House è una perfetta simulazione di slasher anni '70 richiamato sia dai titoli di testa che dalla fotografia tipicamente settantiana.
Ha un po' lo stesso significato che aveva The House of the devil di Ti West nei confronti degli horror anni '80. Sono degli omaggi rispettosi a un certo tipo di cinema
Le influenze e le fonti di ispirazione sono chiare ( Tarantino, Hooper, i Santarita Sakkascia assieme a I Ratti della Sabina e Jimmy il Fenomeno, accidenti , il generatore automatico Paolo Sorrentino di sources of ispiration si è impadronito di me e della mia tastiera ) sin dall'inizio ma Leigh Scott cerca di rileggere la materia con una sorta di ironia distorta in cui si cerca di ribaltare ( almeno all'inizio ) i clichet delle famiglie composte da maniaci omicidi.

Nonostante sia il meno originale forse del lotto è l'episodio che mi ha convinto di più .Un usato sicuro. ( VOTO : 6,5 /10 ).
Vi piacciono le antologie horror?
A me si , tanto.
The Penny Dreadful picture show è un ottimo passatempo, onesto, fatto in casa e per questo fa parte di quel cinema realizzato con pochi soldi e tante idee che è da difendere sempre e comunque.
Niente di miracoloso. Ma ci si può divertire.
( VOTO : 6 / 10 )
