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Victor Hugo – contro la pena di morte

Creato il 17 ottobre 2010 da Ivy
victor hugo

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Che idea si fanno dunque gli uomini dell’assassinio?

Come! In giacca non posso uccidere, in toga posso! Come la tonaca di Richelieu, la toga copre tutto. Vindicta pubblica? Oh, ve ne prego, non mi vendicate. Assassinio, assassinio! Vi dico. All’infuori del caso di legittima difesa, inteso nel suo senso più ristretto (perché una volta che il vostro aggressore ferito da voi sia caduto, voi dovete soccorrerlo), l’omicidio è forse permesso? Ciò che è vietato all’individuo è dunque lecito alla comunità? Il carnefice quale sinistra specie d’assassino, l’assassino ufficiale, l’assassino patentato, mantenuto, fornito di rendita, chiamato in certi giorni, che lavora in pubblico, uccide in pieno sole, avendo tra i propri arnesi la “la spada della giustizia”, riconosciuto assassino dallo Stato; l’assassino funzionario, l‘assassino che ha la sua nicchia nella legge, l’assassino in nome di tutti! Esso ha la mia procura e la vostra per uccidere. Strangola o scanna, poi batte la mano sulla spalla della società e dice: “Io lavoro per te, pagami”. È l’assassino cum privilegio legis, l’assassino il cui crimine è decretato dal legislatore, deliberato dal giurato, ordinato dal giudice, permesso dal prete, protetto dal soldato, contemplato dal popolo (…)

La civiltà rifletta a ciò: essa risponde del carnefice. Ah, voi odiate il crimine sino a uccidere il criminale? Ebbene, io odio l’assassinio sino a impedirvi di diventare assassini. Tutti contro uno, la potenza sociale condensata in ghigliottina, la forza collettiva impiegata per un’agonia, che cosa vi è di più odioso? Un uomo ucciso da un uomo spaventa il pensiero, un uomo ucciso dagli uomini lo costerna.

Bisognerà ripeterlo continuamente? Quest’uomo, per riconoscere se stesso ed emendarsi, per liberarsi dalla schiacciante responsabilità che gli pesa sull’anima, aveva bisogno di tutto quanto gli rimaneva di vita voi gli concedete pochi minuti; con che diritto? Come osate accollarvi questa temibile abbreviazione dei diversi fenomeni del pentimento? Vi rendete conto di questa responsabilità dannata da voi, e che si svolge contro di voi, e diventa vostra? Voi fate qualche cosa di peggio che uccidere un uomo, uccidete una coscienza.

Con quale diritto costituite Dio giudice prima dell’ora fissata? Che qualità avete per obbligarlo a iniziare il processo? La sua giustizia è forse uno dei gradi della vostra? La vostra sbarra e la sua sono forse sullo stesso livello? Di due cose l’una: o siete credente, o non lo siete. Se siete credente, come osate gettare un’immortalità nell’eternità? Se non lo siete, come osate gettare un essere nel nulla?

C’è un criminalista che ha fatto questa distinzione: “Si ha torto di dire esecuzione; ci si deve limitare dire riparazione. La società non uccide, recide”. Noi siamo laici, noi, e queste sottigliezze ci sfuggono.

(…) Ricapitoliamo. Così tutte le questioni, tutte senza eccezione, si ergono intorno alla pena di morte: la questione sociale, la questione morale, la questione filosofica, la questione religiosa.

(…) Non vi siete dunque mai chinati sull’ignoto? Come osate precipitare chicchessia là dentro? Un’esecuzione capitale è la mano della società che tiene un uomo al di sopra dell’abisso, si apre e lo lascia andare; l’uomo cade, e il pensatore, cui certi fenomeni dell’ignoto sono percettibili, sente trasalire la prodigiosa oscurità. O uomini, che avete fatto? Chi dunque conosce il brivido dell’ombra? Dove va quell’anima? Che ne sapete?

Vi è nei pressi di Parigi un campo orribile, Clamart: è il luogo delle fosse maledette; il luogo di convegno dei suppliziati; non uno di quegli scheletri è lì con la propria testa. E la società umana dorme tranquilla accanto a ciò!

(…) L’uomo che pensa è riconoscibile da un certo misterioso rispetto per la vita.

So bene che i filosofi sono costruttori di castelli in aria. Con chi ce l’hanno? Dicono che la pena di morte è un lutto per l’umanità. Un lutto? Vadano un po’ a vedere la folla ridere attorno al patibolo; rientrino dunque nella realtà! Dove essi vedono il lutto, noi scorgiamo il riso. Quella gente vive sulle nuvole. Parlano di costumi selvaggi e di barbarie perché si impicca un uomo o si taglia una testa di tanto in tanto. Bei sognatori! Niente pena di morte, ma ci pensate? È possibile immaginare niente di più stravagante? Come, niente più patiboli e, nello stesso tempo, niente più gurerre: non uccidere più nessuno, domando e dico che buon senso ci sia! Chi ci libererà dai filosofi?

(…) Comunque sia, signore, voi vi preparate a discutere di uovo questa enorme questione dell’assassinio legale. Coraggio: non lasciate la presa, tutti gli onesti uomini si accaniscano per riuscire.

Victor Hugo – contro la pena di morte
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