Magazine Cinema
Regia: Sebastian Schipper
Origine: Germania
Anno: 2015
Durata: 140'
Attori principali: Laia Costa, Frederick Lau
Stamattina mi sono imbattuto quasi per caso in un commento rilasciato da Darren Aronofsky, colui che al netto di Noah dovrebbe essere qualcosa tipo uno dei miei registi preferiti o giù di lì
“Victoria rocked my world"
Interessato a scoprire se l’arte della marchetta lo avesse distrutto completamente o se valga ancora la pena aspettarsi barlumi di intelligenza da parte sua ho recuperato il film in questione.
Durante il tragitto da faccio colazione a guardo un film scopro che Victoria è un unico piano sequenza da 140 minuti. “Ma un piano sequenza vero eh” ci tiene a precisare Schipper nell’intervista che leggo mentre sistemo la scrivania, “Abbiamo girato il film tre volte, il take che abbiamo tenuto è quello girato a Berlino dalle 4:30 alle 7:00 del 27 Aprile 2014”, minchia.
La storia è semplice. Una ragazza spagnola a Berlino dopo aver fatto serata in un club incontra quattro ragazzi che la coinvolgono in un cazzo di casino. Il classico film in cui il personaggio principale inanella una scelta sbagliata dopo l’altra e TU spettatore urli allo schermo insulti perché è ovvio ciò che succederà. Questa volta non così ovvio ma soprattutto non così ingiustificato come accade di solito.
La caratterizzazione dei personaggi è molto accurata. Victoria ci viene presentata come una ragazza insicura, in cerca della possibilità di costruire una vita sociale che non ha mai avuto. Una che probabilmente è fuggita da una città che le stava ormai troppo stretta e ha scelto di ripartire da Berlino. È tratteggiata da una malinconia che le si legge negli occhi nonostante l’aria spensierata, che si rabbuia in un attimo quando tenta di attaccare bottone col barista che non la caga di striscio.
Incontra quattro ragazzi del posto, un vortice di sfumature che va da un estremo all’altro. Sonne a un estremo, un po’ cazzaro ma gentile e Boxer all’altro, da subito irascibile e violento. In mezzo Fuss e Blinker, uno troppo strafatto e uno troppo esaltato.
Nella prima parte del film Victoria potrebbe in qualsiasi momento abbandonare la barca, salutare tutti e andare a prepararsi per aprire la caffetteria in cui lavora... Ma non lo fa. Inizialmente è lei a rincorrere gli eventi, quasi a non volerseli fare scappare, forse per noia, forse per solitudine. Man mano si avrà un’inversione di rotta e la sua capacità di sottrarsi agli eventi diventerà praticamente nulla fino a quando la sua partecipazione torna maledettamente attiva, fino al finale in cui diventa il direttore d’orchestra della melma in cui s’è addentrata.
Il fatto che sia completamente girato con camera in spalla permette alle immagini di adattarsi facilmente al ritmo del film. Dalle inquadrature precise e lente delle passeggiate per strada si passa a quelle frenetiche e poco precise degli inseguimenti. Il modo in cui inquadrature, colori e colonna sonora dialogano tra loro in certi punti potrebbe ricordare qualcosa di Refn ma non si tratta di un unico “filtro” adottato per tutto il tempo, è qualcosa che varia in base alle circostanze.
In conclusione, un film che vale davvero la pena recuperare. Non ci sono ancora date su una possibile release italiana ma non ha senso aspettare. Una spagnola e dei tedeschi che si esprimono in un inglese elementare e sgrammaticato, a volte aiutandosi a gesti, non serve che vengano doppiati.
Victoria ha avuto quattro candidature agli European Film Awards di quest’anno e non ha vinto un bel niente ed è un vero peccato
Ingmar Bèrghem
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