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Victoria alexander, let it be ...

Creato il 04 luglio 2010 da Isn't It Romantic?

VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ROMANCE

VICTORIA ALEXANDER, LASCIA CHE SIA ROMANCE


VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...
Victoria Alexander was an award winning television reporter until she discovered fiction was much more fun than real life. She turned to writing full time and is still shocked it worked out.
Since the publication of her first book in 1995, she has written twenty-three full length novels and six novellas. She has readers around the world and has twice been nominated for Romance’s Writers of America prestigious RITA award. In 2009 she was given a Career Achievement Award from RT Bookclub and was named Historical Storyteller of the year in 2003.
During her journalism career, Victoria covered every president from Ford to Clinton. She knows firsthand what it feels like to be surrounded by rising floodwaters and inside a burning building. She’s interviewed movie stars including Kevin Costner, ridden an elephant and flown in a governor’s helicopter. She’s covered a national political convention and Pope John Paul II’s historic visit to Denver as well as small town festivals celebrating everything from walnuts to Glen Miller.
Today, she lives in Omaha, Nebraska with her husband, a son in college and a daughter working in film. She has two bearded collies, Sam and Louie (named from characters in one of her books) who believe they’re human!
Her website: www.victoriaalexanderbooks.com

Victoria Alexander will answer to all of your questions and will give away an autographed copy of one of her books to a reader among all those who will partecipate and leave a comment. So don't forget to sign your comment with your name or a nickname.

Victoria Alexander è stata una pluripremiata giornalista televisiva fino a quando non ha scoperto che la narrativa era molto più divertente della vita reale. Da allora si è dedicata alla scrittura a tempo pieno ed è ancora scioccata che abbia funzionato.
Dalla pubblicazione del suo primo libro nel 1995, ha scritto ventitré romanzi e sei novelle. Ha lettori in tutto il mondo ed è stata nominata due volte ai premi RITA. Nel 2009 è stata insignita del Premio alla Carriera di Romantic Times ed è stata nominata Narratrice Storica dell'anno nel 2003.
Durante la sua carriera giornalistica, Victoria ha seguito ogni presidente da Ford a Clinton. In prima persona ha sperimentato inondazioni e incendi. Ha intervistato stelle del cinema tra cui Kevin Costner, cavalcato un elefante e volato sull’elicottero di un governatore. Ha coperto le convention politiche nazionali e la storica visita di Papa Giovanni Paolo II a Denver, nonché festival cittadini in onore di tutto, dalle noci a Glen Miller.
Oggi vive a Omaha, Nebraska con il marito, un figlio che va al college e una figlia che lavora nel cinema. Ha due Bearded Collie, Sam e Louie (dal nome dei personaggi in uno dei suoi libri) che credono di essere umani!
Il suo sito: www.victoriaalexanderbooks.com

Victoria Alexander risponderà a tutte le vostre domande e estrarrà a sorte una copia autografata di un suo libro tra tutte coloro che parteciperanno con un commento. Perciò non dimenticate di firmarvi con un nome o un nick.

 

VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...


INTERVIEW / INTERVISTA
Dear Victoria we are delighted you accepted to be interviewed on the occasion of the Italian release of Let It Be Love, hoping it will be a pleasurable experience for you to get in touch with Italian readers. I know you have a special fondness for our country, isn’t it ?

My husband and I both love Italy and can't wait to visit again. My mother's family was originally from Torino.
Cara Victoria, siamo lieti che tu abbia accettato di essere intervistata in occasione della pubblicazione di Lascia che sia amore (Let It Be Love), confidando che per te sia un’esperienza piacevole entrare in contatto con le lettrici italiane. So che hai una predilezione per il nostro paese, non è vero?

Sia io che mio marito amiamo l’Italia e non vediamo l’ora di tornarci nuovamente. La famiglia di mia madre era originaria di Torino.

VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...
Before becoming an author you were a successful reporter, who also won several prizes, and covered a variety of stories, including the one that inspired the film Boys don’t cry. Why did you decide to give up such a career and switch into writing books? Did you ever repent and miss the adrenaline of your old job?

I spent a lot of years as a reporter and I wouldn't trade that experience for anything. But eventually you want to do something else. I did miss it a little the first year after I left news—especially when there would be a big story and I really missed the excitement of elections. But fiction is so much more fun than real life. In fiction, I can go anywhere, do anything, be anyone. You can't beat that.
Prima di diventare scrittrice eri una reporter di successo, che aveva vinto anche numerosi premi e seguito una gran varietà di storie, inclusa quella che ha ispirato il film Boys don’t cry, per il quale Hillary Swank ha vinto il primo Oscar. Perché hai deciso di abbandonare quella carriera e passare alla narrativa? Ti sei mai pentita di questa scelta e rimpiangi mai l’adrenalina del tuo vecchio lavoro?

Ho fatto la giornalista per molti anni e non scambierei quest’esperienza con nient’altro. Ma a un certo punto volevo fare qualcosa di diverso. Per un po’, soprattutto il primo anno, ho sentito la mancanza del mio vecchio lavoro, particolarmente quando c’era una grande storia da seguire, e mi è mancata molto l’eccitazione tipica delle elezioni. Ma la narrativa è molto più divertente della vita reale. Nella finzione posso andare ovunque, fare qualsiasi cosa, essere chiunque. E tutto questo è insuperabile.
With you resume, one would expected you to choose a different genre, maybe chick-lit or contemporary women’s fiction, so why did you pick romance then?

This answer is easy—I fell in love with romance. I've always been a big reader but I didn't even read romance until about a year before I started writing. In romance I found fabulous heroes and wonderful heroines who were strong and smart and determined. So when I started writing it was natural to write what I loved.
Con il tuo curriculum professionale ci si sarebbe aspettati che tu scegliessi un genere diverso, magari chick-lit o women’s fiction, invece hai scelto il romance, come mai?

La risposta è semplice: mi sono innamorata del romance. Sono sempre stata un’avida lettrice, ma non avevo mai provato questo genere fino a circa un anno prima di iniziare a scrivere. Nel romance ho trovato eroi favolosi ed eroine meravigliose che sono forti, intelligenti e determinati. Così, quando ho iniziato a dedicarmi alla narrativa, è stato naturale scrivere di ciò che amavo.
Which have been, for you, the main differences between writing for the press and writing fiction? How much is your style changed and which one is more congenial to you, the previous one or the actual one?

The biggest difference is that a real life story doesn't always make sense. Facts are facts and cannot be changed. A fictional story has to make sense. At the end of the book, the loose ends have to be tied up in a logical manner. I do like fiction better because I like being able to give the bad guy what he deserves and give my characters a happy ending.
In terms of style, for me, my true voice is a lot stronger in fiction. Since I'm not dealing with the facts of what happened, I'm free to change both the story and how I tell it.
VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...
Quali sono stati, per te, le principali differenze tra la scrittura giornalistica e la narrativa? Quanto è cambiato il tuo stile, e quale tra i due generi ti è più congeniale?

La differenza più grande è che una storia, nella vita reale, non sempre ha senso. I fatti sono fatti e non possono essere modificati. Una storia di fantasia, invece, un senso deve averlo. Alla fine del libro, tutti i vari passaggi devono essere legati in modo logico. Amo la narrativa perché mi piace poter dare al cattivo ciò che merita e ai miei personaggi un lieto fine.
In termini di stile, la mia voce autentica è molto più forte nella narrativa. Dal momento che non devo attenermi alla realtà dei fatti, sono libera di cambiare sia la storia sia la maniera in cui la racconto.
Talking about style, irony is certainly your trademark. I suppose this the way both the woman and the writer see, or wish to see, the world: through the lens of humor.
I think this goes back to my reporter roots. I covered way too many stories that were tragic and made people cry. I don’t want to do that in fiction. I much prefer to make readers smile.
Parlando di stile, l’ironia è sicuramente il tuo marchio di fabbrica. Suppongo che questo sia il modo in cui tanto la donna quanto la scrittrice vedono, o desiderano vedere, il mondo: attraverso la lente del’umorismo.
Credo che questo si ricolleghi alle mie radici di reporter. Ho seguito fin troppe storie che erano tragiche e facevano piangere la gente. Non voglio farlo nei miei libri. Preferisco di gran lunga far sorridere i lettori.
Most of your books sport witty dialogues that resemble a theatrical play or the sophisticated comedies of the forties. Did they actually inspire you?
I think they must have. I loved old movies as a kid especially romantic comedies. And when I write a book, I tend to see it in my head as a movie.
La maggior parte dei tuoi romanzi sfoggia dialoghi arguti che assomigliano a quelli di una piéce teatrale o, meglio ancora, a quelli delle commedie sofisticate degli anni Quaranta. Ti hanno effettivamente ispirata o è solo un’impressione?
Ritengo che tu abbia ragione: da bambina amavo i vecchi film, in particolare le commedie romantiche. E quando scrivo un libro, nella mia testa tendo a vederlo come un film.
Did you ever consider to write anything dramatic, just simply for a change? Or the prospect would scare you?
I have a few angsty moments in my books here and there but again I would much rather make people laugh than make them cry. There's way too much sorrow in the world. I read for enjoyment and I much prefer to read stories that make me laugh.
Hai mai pensato di scrivere qualcosa di drammatico, anche semplicemente per cambiare? O la prospettiva ti spaventa?
Qua e là, nei miei libri, si trova qualche momento angosciante, ma ancora una volta preferirei di gran lunga far ridere la gente che farla piangere. C’è già troppo dolore nel mondo. Leggo per divertimento e preferisco di gran lunga leggere storie che mi facciano ridere.
VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...
When creating a novel where do you start from: the plot or the characters? Or your formula varies from book to book?
It does vary from book to book. The book I just finished (The Perfect Mistress) started with a plot—the inheritance of scandalous memoirs. The book that just came out (Desires of a Perfect Lady) stared with the characters—star-crossed lovers who needed to be reunited.
Quando costruisci un romanzo da dove parti: dalla trama o dai personaggi? Oppure la tua formula varia da libro a libro?

Varia da libro a libro. Il libro che ho appena finito (The Perfect Mistress) è partito dalla trama, in questo caso l’eredità di uno scandaloso diario di memorie. Il libro che è appena uscito (Desires of a Perfect Lady) è partito dai personaggi, una coppia di amanti sfortunati che aveva bisogno di riunirsi.
Your first book, in 1995, was a time travel Yesterday and Forever, but after few contemporary, you focused mostly on historical romances, with the Effington and Last Man Standing series. Was it your option, in the sense that you wrote what you prefer, or the result of pressure from the market and the Publishing House?
I didn't start out to write a series. One Effington book just grew from the one before. I would meet an interesting character in one book and want to explore him or her in a book of their own. The Last Man Standing books were intended to be a series from the beginning because I loved the idea of these guys betting about who would be the last to marry.
Il tuo primo libro, nel 1995, è stato un time-travel, Yesterday and Forever (inedito in Italia), ma dopo pochi contemporanei ti sei concentrata soprattutto su romanzi storici, con le serie Effington e Last Man Standing. È stata una tua scelta, nel senso che hai scritto quello che ti piaceva, oppure il risultato delle pressioni del mercato e della casa editrice?
Non ho mai deciso di scrivere una serie. Semplicemente, ogni libro della serie Effington derivava da quello precedente. Incontravo un personaggio interessante in un libro e poi mi veniva voglia di esplorarlo dedicandogli un romanzo. Invece, nel caso di Last Man Standing i libri erano destinati sin dall’inizio a costituire una serie, perché amavo l’idea di questi ragazzi che scommettono su chi sarà l’ultimo a sposarsi.
In Italy you are mainly known for the Effington series, eleven book so far, full of alpha heroes and seducing women. Would you indicate, among all those, your favorite book and pair of protagonists?
Tough question and I don’t really have an answer. In many ways they're all my favorites because they're all different. There are things about each of them that makes them, in some way, my favorite. I love When We Meet Again because it's Prince Alexei's story and I had wanted to write it for a while. I love The Pursuit of Marriage and The Marriage Lesson because they're fun romps. I love the masquerades of the heroes in both The Husband List and The Lady in Question. I love the task Pandora gives Max in The Wedding Bargain. I love the continuing quest for the lost jewels in The Prince's Bride and Her Highness, My Wife. I love the surprising strength of the heroine in Love with the Proper Husband. And I love A Visit from Sir Nicholas because it's about second chances and is set at Christmas.
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In Italia sei conosciuta principalmente per la serie Effington, composta finora di undici libri, piena di eroi alfa e donne seducenti. Fra tutti questi, quali sono il tuo romanzo preferito e la tua coppia preferita di protagonisti?

Domanda difficile e non ho davvero una risposta. Per molti versi sono tutti preferiti perché sono tutti diversi, ognuno con caratteristiche proprie. Mi piace When We Meet Again [Al nostro nuovo incontro, “I Romanzi” n. 887, (NdR)] perché è storia del principe Alexei ed era da un po’ che desideravo scriverne. Amo The Pursuit of Marriage [I giochi del destino, “I Romanzi” n. 704, (NdR)] e The Marriage Lesson [Lezione per giovani sposi, “I Romanzi” n. 582, (NdR)] perché sono leggeri e divertenti. Amo le mascherate degli eroi sia in The Husband List [Marito in prova, “I Romanzi” n. 729, (NdR)] sia in The Lady in Question [Mai più sola, “I Romanzi” n. 694, (NdR)]. Amo la sfida di Pandora a Max in The Wedding Bargain [Patto di nozze, “I Romanzi” n. 716, (NdR)]. Mi piace la continua ricerca dei gioielli perduti in The Prince’s Bride [La sposa del principe, “I Romanzi” n. 569, (NdR)] e Her Highness, My Wife [Sua Altezza, mia moglie, “I Romanzi” n. 742, (NdR)]. Mi piace la forza sorprendente dell’eroina in Love with the Proper Husband [Non ti sposo per amore, “I Romanzi” n. 848, (NdR)]. E amo A Visit from Sir Nicholas [La visita di Sir Nicholas, “I Romanzi” n. 863, (NdR)] perché parla di seconde possibilità ed è ambientato a Natale.
The women of the Effington series are strong and humorous, apparently weak and dull heroine have no place in your stories. Do these women represent what Victoria Alexander is or what she would like to be?
In some ways, there is a lot of me in my heroines. But I think my heroines are who, at my very best, I would like to be.
Le donne della serie Effington sono tutte forti e spiritose: a quanto pare, le eroine deboli e scialbe non trovano posto nelle tue storie. Queste donne rappresentano ciò che Victoria Alexander è, oppure cosa vorrebbe essere?
In qualche modo, c’è molto di me nelle mie eroine. Ma penso che loro rappresentino ciò che, al mio meglio, mi piacerebbe essere.
Let it be love is truly the last volume of the series or do you plan to write more in the future? And how did you feel when composing it: sad or relieved?

I never felt Let it Be Love was the end since it led into the Last Man Standing books. I left a lot of characters without stories so I suspect I'll return to the Effingtons at some point. There are definitely more Effington stories I want to write including at least one contemporary Effington book.
Lascia che sia amore è veramente l’ultimo volume della serie o hai intenzione di scriverne altri? E come ti sei sentita quando lo hai terminato: triste o sollevata?

Non ho avuto la sensazione che Lascia che sia amore costituisse la fine della serie, dato che da questa è derivata quella di Last Man Standing. Ho lasciato parecchi personaggi senza le loro storie, quindi sospetto che a un certo punto tornerò agli Effington. Ci sono sicuramente ancora diverse storie su di loro che voglio scrivere, e almeno una moderna.
Animals, particularly dogs, have a special place in your life: you have two Bearded Collies, Louie and Sam. This one also shows as narrator in your book Play it again Sam. How did you come up with such an idea?
Honestly, I have no idea. Which is probably part of the fun of it.
Gli animali, soprattutto i cani, hanno un posto speciale nella tua vita: infatti hai due bei Bearded Collie, Louie e Sam. Quest’ultimo è addirittura il narratore del tuo libro Play It Again Sam. Come ti è venuta un’idea del genere?
Onestamente, non lo so. Il che, probabilmente, rappresenta una parte del divertimento.


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Could you tell us about what you are working right now and your future projects?

I just finished The Perfect Mistress about a woman who has inherited the scandalous memoirs of her great-grandmother and the very proper earl who wants to keep them from being published. It's the start of a new—and as yet untitled—series.
Puoi dirci su cosa stai lavorando in questo momento e quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho appena finito The Perfect Mistress, che tratta di una donna che ha ereditato il diario di memorie della sua scandalosa bisnonna e del conte, molto formale, che invece vuole evitarne la pubblicazione. Costituisce l’inizio di una nuova serie ancora senza titolo.
Anything else you would like to add for your Italian readers?

First—thank you all for liking my books! Secondly—the last time I was in Italy I got to meet with some readers in Venice. We had a lovely time and I can't wait to do it again. I keep trying to learn Italian so the next time I come I hope to be able to say more than "where is the bus to Milan."
C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere per le lettrici italiane?

Prima di tutto vi ringrazio di amare i miei libri! In secondo luogo, l’ultima volta che sono stata in Italia ho avuto modo di incontrare alcune lettrici a Venezia. Abbiamo trascorso una bella giornata e non vedo l’ora di farlo nuovamente. Continuo a cercare di imparare l’italiano, così la prossima volta che verrò spero di poter dire qualcos’altro oltre a “dov’è l’autobus per Milano?”.
EXCERPT / ESTRATTO
da "LASCIA CHE SIA AMORE"

VICTORIA ALEXANDER, LET IT BE ...
Prologo
Dicembre 1853
— Siamo proprio di umor nero, oggi — osservò Oliver Leighton, conte di Norcroft, posando uno sguardo pigro sul gruppetto dei suoi amici più cari che, come al solito, erano riuniti nel salone del loro club preferito.
— C’è poco di cui stare allegri — rispose Nigel Cavendish, figlio del visconte di Cavendish, fissando il brandy nel bicchiere. — Il tempo passa in fretta. Sta già per finire un altro anno, e noi diventiamo sempre più vecchi e più vicini all’inevitabile tragico destino che ci attende.
— Detesto arrivare nel bel mezzo di una conversazione. — Jonathon Effington, marchese di Helmsley e futuro duca di Roxborough, si lasciò cadere sull’unica sedia rimasta vuota e rivolse agli amici un sorriso radioso. Anche quel giorno, sprizzava buonumore e lasciava trasparire la sua natura inesorabilmente gioiosa che affascinava in ugual misura uomini e donne, e che poteva essere molto irritante. — Dall’espressione dei vostri volti deduco che state parlando del matrimonio, o sbaglio?
— Cos’altro farebbe tremare di paura in questo modo un branco di uomini adulti? — replicò Gideon Pearsall, visconte di Warton, con quel suo fare cinico che aveva elevato ad arte.
— Già, cos’altro? — borbottò Cavendish.
Helmsley inarcò divertito un sopracciglio.
— Certo, tutti quanti sappiamo che è nostro dovere sposarci e generare un erede a cui lasciare il titolo, le proprietà, il patrimonio, il nome e così via, ma questo non significa che ne siamo felici. Il matrimonio è una prospettiva scoraggiante per qualsiasi uomo sano di mente. — Warton fece segno a un attentissimo cameriere di portare ancora da bere. — E nessuno di noi potrà evitarlo ancora a lungo.
— Io non so se voglio continuare a evitare il matrimonio — replicò con fare mite Helmsley, e accettò un bicchiere. — È solo che non ho ancora trovato la donna giusta.
Warton alzò gli occhi al cielo. — Vuoi dire quella che ti infiammerà il cuore?
— Per non parlare dei lombi — precisò Cavendish.
— Una donna che sfiderà la tua mente — aggiunse Oliver con un gesto teatrale. — E il resto del tuo corpo.
Helmsley lasciò vagare uno sguardo divertito sugli amici. — L’ho già detto?
— Ogni santa volta che si finisce per parlare di matrimonio — rispose Warton con un sospiro. — Vediamo se ricordo tutti i requisiti che dovrà avere la futura lady Helmsley. Sono parecchi, se non sbaglio.
— Come è giusto che sia — ribatté Jonathon con voce salda. — Mia moglie un giorno sarà la duchessa di Roxborough, una posizione non facile da ricoprire.
— Come non lo è quella di moglie perfetta — commentò Oliver, sbuffando. — La tua idea di “perfezione” si accorda di più con ciò che gli uomini razionali chiamerebbero “difficoltà”.
Warton lasciò andare un sospiro longanime. — Sono tutte sciocchezze.
— Per me portano solo guai — aggiunse tetro Cavendish.
— Già, mi sa che hai ragione. — Helmsley aggrottò la fronte con aria benevola. — Avevo bevuto troppo quando ne ho parlato?
— È probabile. — Warton si strinse nelle spalle.
— Anche se in realtà le tue richieste non variano molto, che tu sia ubriaco o del tutto sobrio. Bisogna riconoscerti una certa coerenza, immagino, o forse la tua è solo testardaggine. — Oliver studiò l’amico.
A prima vista, nessuno l’avrebbe definito ostinato. Jonathon Effington era un tipo attraente, e il suo bell’aspetto era accentuato da un’aria sicura e cordiale. Se poi a ciò si aggiungevano il titolo, le prospettive e il patrimonio di famiglia, c’era da chiedersi come mai non avesse ancora trovato la sposa che rispondesse perfettamente a tutte le sue aspettative. Di certo non mancavano candidate ansiose di diventare la futura duchessa di Roxborough. Ma Helmsley aveva fatto capire chiaramente da un pezzo di non volere la sposa sottomessa, beneducata e rispettabile che la società inglese era così abile a sfornare.
— Per quanto sciocco possa sembrare a noialtri, Helmsley non desidera una moglie troppo docile e ciecamente obbediente. — Oliver sollevò il bicchiere in direzione dell’amico. — Che Dio abbia pietà di lui.
— Speriamo in Dio — replicò Warton. — Perché una moglie del genere non l’avrà di certo.
— A me non dispiacerebbe, se fosse ciecamente obbediente — commentò Cavendish. — E tuttavia sarei disposto a sacrificare una certa dose di obbedienza in favore di un bell’aspetto. Come minimo dovrebbe essere molto carina. E anche di buona famiglia, è chiaro, con una dote di tutto rispetto.
— Niente di tutto questo conta davvero, quando si sceglie la donna con cui passare il resto della vita — commentò Helmsley in modo insopportabilmente altezzoso, poi sfoderò un gran sorriso. — Anche se in effetti è preferibile che sia carina e tutto il resto.
— Dopotutto ci devi andare a letto. — Warton sorseggiò il brandy con espressione pensierosa. — Comunque un enorme patrimonio rende più piacevole un volto e un corpo non molto attraenti.
Warton non parlava sul serio, lo sapevano tutti, ma amava interpretare il ruolo del cinico disincantato.
A ben guardare, il loro era un gruppetto stranamente eterogeneo, per essere così unito. Benché simili per posizione ed età, quegli uomini erano diversi tra loro come se provenissero da civiltà differenti. Warton, con i suoi lineamenti scuri e affascinanti e la natura cupa, era incline al cinismo, in antitesi con il bel viso d’angelo di Cavendish e la sua tendenza a cacciarsi nei guai. Helmsley era invece l’ottimista del gruppo e non c’era nulla che amasse più di una scommessa, uno scherzo o un investimento. Quanto a Oliver, be’, non sapeva esattamente come descriversi, ma era convinto di racchiudere in sé, in qualche strano modo, alcune caratteristiche di ciascuno degli altri, nel bene e nel male.
— Tu, Jonathon Effington, lord Helmsley, futuro duca di Roxborough — esclamò Oliver, puntando un dito accusatorio — sei un uomo simpatico!
— Piaci alle donne — aggiunse Cavendish.
— Sì, lo so. — Helmsley sfoderò un gran sorriso. — Che c’è di male?
— C’è che ci fai diventare matti.
Jonathon scoppiò a ridere. — Non essere ridicolo.
Oliver si protese verso di lui. — Ti rendi conto che le donne sembrano non odiarti mai, nemmeno dopo che tu le hai lasciate?
— Be’, certo che no. Perché dovrebbero...? — Tacque un istante. — Cosa vuoi dire, con esattezza?
Oliver abbassò la voce con fare eloquente. — Hai mai fatto infuriare una donna tanto da ricevere un vaso in testa?
— O uno schiaffo? — aggiunse Warton. — Forte?
— Ti è mai capitato di dover raggiungere la tua carrozza con indosso solo una sottilissima vestaglia da donna perché i tuoi vestiti sono finiti nel caminetto? — fece eco Cavendish.
A un tratto tutti gli sguardi si voltarono verso di lui.
— Forse è successo solo a me — aggiunse Nigel sottovoce. — Comunque sia, Helmsley, hai afferrato il punto, no?
— A dire il vero non so. Io mi considero un gentiluomo — ribatté deciso Jonathon. — E sì, immagino di essere simpatico. Non ci vedo niente di sbagliato.
— Tranne ciò che uno ha sacrificato per esserlo. — Warton sorseggiò con aria grave il liquore.
— Sacrificato? — Helmsley inarcò sospettoso un sopracciglio. — Cos’è che ho sacrificato?
— La passione — rispose Warton con voce compiaciuta.
L’altro sbuffò. — Sciocchezze, io...
— Non c’è mai stata passione in nessuna delle tue relazioni, vecchio mio — incalzò Oliver.
— Ma è ridicolo — ribatté lui, indignato. — Ne ho provata un sacco di passione. Io trasudo passione. Praticamente mi segue per strada. E di certo nessuna donna si è mai lamentata di una mancanza di passione da parte mia. — Mandò giù il resto del brandy. — Mancanza di passione, ah!
— Stiamo parlando della passione dello spirito, o del cuore — replicò Oliver.
Warton annuì. — Dell’amore, se vuoi.
Cavendish alzò il bicchiere. — L’amore.
— Chiamalo come preferisci, Jonathon. — Oliver lo osservò. — O la passione. Tu non ti sei mai lasciato trasportare. Non ne sei mai stato sopraffatto. È proprio per questo che tu e qualsiasi donna che cattura per un po’ la tua attenzione alla fine ve ne andate ognuno per la propria strada senza recriminazioni.
— O promesse di eterno affetto da parte sua. — Warton agitò allegro la mano. — O persino minacce...
— O parenti che giurano di inseguirti in capo al mondo per trinciarti come un pollo se solo ti azzardi a... — Cavendish si interruppe un attimo, poi trasalì. — Anche questo è successo solo a me, eh?
— Non è affatto divertente — disse pacato Helmsley. — Sono appassionato come tutti voi, forse anche di più. È solo che metto la maggior parte della mia passione in ciò che scrivo.
Oliver soffocò un gran sorriso. Jonathon si vedeva già come il nuovo Charles Dickens, ma non aveva ancora pubblicato nemmeno un verso, e non esserci riuscito era per lo più segno della sua integrità. Il suo padrino, infatti, era un editore di tutto rispetto e sua madre scriveva romanzi d’avventura e d’amore. Le sue opere sarebbero senz’altro state pubblicate, ma lui preferiva firmarle con un nome d’arte, nella speranza che venissero accolte favorevolmente per il loro valore e non per le conoscenze della sua famiglia. Fino a quel momento la sua integrità era rimasta intatta, sebbene il suo orgoglio fosse stato duramente messo alla prova.
— In realtà, forse — disse, osservando pensieroso gli amici — non è per la mia mancanza di passione che mi muovete quest’accusa, ma proprio perché sono bravo e ci so fare con le donne.
Oliver e Warton si guardarono l’un l’altro.
Cavendish sbuffò sdegnato. — Solo perché non sei mai stato coinvolto in uno scan...
— Né mai lo sarò. Io — Helmsley si alzò e fece un inchino teatrale — sono un vero gentiluomo. Questo, sommato al mio fascino e a un’innata comprensione della natura femminile, fa sì che quando una signora e io decidiamo di lasciarci lo facciamo senza recriminazioni, promesse deliranti e — lanciò uno sguardo mesto a Cavendish — minacce di smembramento. Quanto alla questione della sposa perfetta, non intendo scusarmi se so esattamente cosa voglio; quando la troverò, non perderò tempo e la sposerò subito.
— Un giorno, vecchio mio, questa sicurezza sarà la tua rovina — sentenziò Warton con fare sinistro.
In realtà Helmsley non si comportava poi molto meglio di loro, semplicemente non si era ancora ritrovato immischiato in una situazione difficile. La seccante tendenza delle donne a perdonare subito le sue trasgressioni perché era così maledettamente simpatico, unita a una bella dose di fortuna, aveva fatto sì che la sua reputazione pubblica fosse rimasta, se non completamente immacolata, quantomeno del tutto rispettabile.
— Prendi, per esempio, l’appuntamento che hai ogni anno al ballo di Natale della tua famiglia. — Warton lo studiò con curiosità.
Helmsley aveva una sorta di tradizione natalizia: un incontro privato a un certo punto del ballo con una donna che aveva catturato la sua fantasia in quel periodo natalizio. Lui sosteneva che quegli incontri fossero relativamente innocenti e consistessero giusto in una conversazione, qualche bicchiere di champagne e magari un paio di abbracci e baci. Nulla, ci teneva a sottolineare, che potesse provocare un vero scandalo. Eppure lo diceva con un luccichio malizioso negli occhi, e nessuno, salvo le signore coinvolte, sapeva per certo cosa accadesse realmente nella biblioteca di Effington House.
Jonathon Effington, marchese di Helmsley e futuro duca di Roxborough, non era mai stato beccato.
Anche questo faceva impazzire i suoi amici.
— Se posso permettermi, così, giusto per curiosità — prese a dire Cavendish con fare incurante. — Chi è la fanciulla quest’anno?
— Sì, Helmsley, diccelo — aggiunse affettato Warton. — Chi è la fortunata?
— Non posso credere che mi chiediate una cosa del genere. Un gentiluomo non rivela mai il nome di una dama in simili circostanze. — Jonathon scosse la testa fingendosi dolente. — Inoltre — e un sorrisetto per nulla nobile gli illuminò il volto — manca ancora più di una settimana al ballo.
Oliver ridacchiò. — Quindi non c’è ancora nessuna fanciulla.
— Ah, ma ci sarà, vecchio mio. — Helmsley tacque un istante. — Che ne dici di una piccola scommessa?
Oliver scosse la testa. — Oh, no.
Jonathon si mise a ridere. — Con questo vi auguro una buona giornata, signori. Natale è alle porte, e io ho molte cose da fare.
— Allora vai. — Warton gli fece segno di allontanarsi. — E portati via quel tuo buonumore nauseante.
Jonathon scoppiò di nuovo a ridere e, dopo che gli amici l’ebbero salutato, uscì dalla stanza fischiettando una canzoncina natalizia.
— Mi domando però cosa succederebbe se Helmsley trovasse davvero una donna come dice lui — fece Warton, pensieroso, osservandolo allontanarsi.
— Una donna piena di spirito che rappresenti per lui una sfida. — Oliver ridacchiò.
— Per quel che ne so, le donne di spirito sono generalmente ostinate e decise, e non si preoccupano più di tanto del decoro. Una donna simile non è affatto adatta a essere una duchessa. Certo, è anche possibile che a lui piaccia così. — Cavendish rifletté un istante. — Oppure — sfoderò un gran sorriso — che lei lo faccia diventare matto.
Era una prospettiva piacevole.
I tre rimasero in silenzio.
— È davvero un peccato... — prese a dire Warton.
— Esattamente quel che stavo pensando — aggiunse Oliver.
Warton aggrottò la fronte. — Certo, non me ne viene in mente nessuna in particolare.
— Nessuna che lui non conosca già. — Oliver scosse la testa. — Ne servirebbe una del tutto sconosciuta.
— È il minimo che possiamo fare...
— In nome dell’amicizia e dello spirito natalizio...
— Che cosa? — esclamò confuso Cavendish. — Cos’è il minimo che possiamo fare in nome dell’amicizia e dello spirito natalizio?
— Be’, dare a Helmsley esattamente ciò che vuole. —
Oliver sfoderò un gran sorriso. — La donna dei suoi sogni.
— È un’idea brillante. — Warton lasciò andare un sospiro rassegnato. — Peccato che non possiamo fare nulla.
— In realtà io ho una cugina che dovrebbe arrivare dall’Italia da un giorno all’altro — disse lentamente Oliver.
Warton si illuminò. — È il tipo di donna che piacerebbe a Helmsley?
— Non ne ho idea. — Oliver rifletté un istante. — Mia madre le scrive con regolarità, ma non la vediamo da anni. Ricordo solo che era una ragazzina tranquilla, paffutella, con le lentiggini e i capelli rossi. Non particolarmente attraente, ma di natura piacevole, se non sbaglio.
— Magari è cambiata. — azzardò Cavendish.
— Magari. Ormai ha venticinque anni...
— E non è ancora sposata? — Cavendish trasalì. — È un brutto segno.
— In effetti dubito che servirà ai nostri scopi. — Oliver si strinse nelle spalle. La lettera in cui Fiona annunciava il suo arrivo era breve e non lasciava trasparire in alcun modo il carattere della ragazza. Non spiegava nemmeno perché lei avesse deciso di rientrare in Inghilterra dopo quasi dieci anni. Certo, aveva perso il padre alcuni mesi prima e forse voleva semplicemente tornare a casa. — Oltretutto avrei qualche esitazione a sacrificare una mia parente per questa causa.
— Peccato. Non sai quanto mi piacerebbe vedere, giusto una volta, Helmsley perdere la testa per una donna che sia esattamente come lui sostiene di volerla. Sarebbe la quintessenza del regalo di Natale. — Un lento sorriso si allargò sul volto di Warton. — E lo farebbe davvero diventare matto.
1
Sei giorni dopo
— Cosa devo fare, Oliver? — Miss Fiona Fairchild camminava su e giù per il salotto, senza badare all’espressione divertita, o forse confusa, del cugino.
Lei e le sorelle erano arrivate a casa sua giusto un’ora prima, accompagnate dalla contessa Orsini, che aveva gentilmente acconsentito a scortarle nel viaggio dall’Italia. Zia Edwina le aveva accolte con un entusiasmo che aveva scaldato il cuore di Fiona, facendola sentire sollevata. Innanzitutto perché la zia, grazie al cielo, non era affatto come la contessa, che sapeva essere boriosa e arrogante, e poi perché lei e il figlio erano stati avvertiti del loro arrivo con pochissimo preavviso, ed erano trascorsi più di dodici anni dall’ultima volta che si erano visti. Dopo aver congedato la contessa, zia Edwina aveva rapito le ragazze più giovani perché prendessero possesso delle loro stanze. Fiona invece aveva preferito aspettare in salotto il ritorno di Oliver.
Lui l’aveva accolta con lo stesso calore della madre, ma Fiona non aveva avuto tempo per vane cortesie. In realtà non aveva proprio tempo da perdere: era in una situazione molto critica, e Oliver poteva essere la sua unica salvezza.
— Mi rifiuto di sposare un uomo che non conosco, che non ho nemmeno mai visto, e oltretutto americano.
Oliver si appoggiò con noncuranza alla mensola del caminetto e prese a studiarla. — Tuttavia non siete contraria al matrimonio in sé, vero?
— Certo che no. Cosa farei, se non mi sposassi? Sono un buon partito, credetemi. — Fiona si voltò verso di lui e si mise a contare sulla punta delle dita. — Sono di buona famiglia. So gestire una casa e sono un’ottima ospite. Parlo correntemente tre lingue e diverse altre in maniera adeguata. Inoltre lo specchio e una gran quantità di corteggiatori mi dicono che sono anche carina.
— In effetti non siete... tonda e piena di lentiggini come eravate da bambina — mormorò Oliver. — Siete diventata bella. Molto bella.
— Sorprendente ma vero. — Fiona sorrise con la soddisfazione di una donna davvero contenta del proprio aspetto. — Grazie, cugino. — Il sorriso scomparve. — Allora, cosa devo fare?
Oliver aggrottò la fronte. — Non posso credere che lo zio Alfred vi abbia lasciata in una situazione simile.
— Sfortunatamente, ha fatto ciò che credeva meglio per me. Prima di ammalarsi mi ha incoraggiata per anni a sposarmi.
— Presumo abbiate ricevuto diverse proposte. — Oliver la esaminò con uno sguardo pieno di ammirazione.
Fiona sapeva bene cosa vedeva il cugino: una figura piacevolmente prosperosa e assai femminile, una chioma che da un rosso acceso, quasi arancio, si era fatta di un mogano profondo, occhi verdi e intelligenti lievemente a mandorla e una carnagione di porcellana guastata solo da una seccante manciata di pallide lentiggini sul naso, che gli uomini chissà perché trovavano incantevoli. Fiona Fairchild era diventata una vera bellezza e ne era pienamente consapevole. Dopotutto, non era stata forse paragonata a un dipinto rinascimentale?
Ma, per quel che importava, poteva anche essere brutta come la fame.
— Sì, certo — rispose, agitando una mano. — A parte le qualità già menzionate, sono l’erede di una notevole fortuna. O quantomeno lo ero. Quando papà si rese conto che non sarebbe guarito... — Un’ombra di tristezza le passò negli occhi, ma subito lei la allontanò. — Prese in mano la situazione, perché si sentiva in parte responsabile del mio fallimento. Non era colpa sua, ovviamente. È solo che non ho mai incontrato un uomo con cui mi sarebbe piaciuto passare il resto della vita. — Si strinse nelle spalle. — Dopo la morte della matrigna, ho sempre svolto io le mansioni di padrona di casa e ho aiutato le sue figlie.
— Sono tre, giusto? Di cui due gemelle?
Fiona annuì. — E voglio loro un gran bene, come se fossero sangue del mio sangue, il che di per sé aggrava ulteriormente il mio dilemma. Mio padre sapeva che se fosse stato solo per me, non avrei mai sposato uno sconosciuto.
— E cosa ne sarebbe stato di voi? — domandò pacatamente Oliver. — Proprio non vi ci vedo come istitutrice.
— Nemmeno io. — Fiona arricciò il naso. — Né come dama di compagnia o cose del genere. Forse avrei fatto esattamente ciò che ho fatto.
— Affidarvi alla clemenza del parente più stretto ancora in vita? — esclamò Oliver con un gran sorriso.
— Senza alcun dubbio. — Fiona sfoderò un sorriso abbagliante. — Voi e la cara zia Edwina non mi abbandonereste mai, né mi mettereste alla porta. E tuttavia io, o meglio, noi non possiamo approfittare della vostra ospitalità per sempre.
— Siete le benvenute in casa nostra. Credetemi, mia madre è fuori di sé dalla gioia all’idea di avere quattro giovani donne sotto la sua ala.
— Sì, ma non possiamo vivere qui per tutta la vita come... parenti povere.
— Certo che potete — rispose deciso Oliver. — Siete ciò che più si avvicina a una sorella per me.
— Oliver...
Lui alzò una mano per fermarla. — Tuttavia posso capire che non desideriate essere — sollevò gli occhi al cielo — “parenti povere”, anche se mia madre e io di certo non vi considereremmo mai tali. Ora... — Corrugò la fronte. — Vediamo se ho capito bene. Zio Alfred ha lasciato il grosso del suo patrimonio a voi, principalmente sotto forma di dote, e ha messo da parte anche notevoli somme di denaro per la dote di ciascuna delle vostre sorelle.
Fiona annuì.
Oliver si mise a studiarla. — Non ha lasciato nulla per il vostro mantenimento? Per mandare avanti una casa, o cose simili?
— Una cifra minima per le spese domestiche, in gran parte nelle mani del suo avvocato, giusto quanto basta per pagare i conti finché il mio — era dura pronunciare quella parola — fidanzato non arriva dall’America. Papà sapeva che se avesse lasciato troppo denaro a mia disposizione, avrei trovato un modo per evitare il matrimonio che aveva combinato. E aveva ragione, ovviamente. È tutto qui. — Fiona si avvicinò alla valigetta che aveva appoggiato su un tavolino, la aprì ed estrasse una copia del testamento. — Tutti gli spiacevoli dettagli. — La porse a Oliver. — L’avvocato fiorentino di mio padre dice che non posso farci nulla. Anche altri due legali che ho consultato concordano con lui. Sebbene non sia indicata alcuna scadenza, credo che sarebbe meglio se fossi quantomeno fidanzata con qualcun altro prima che il mio promesso, di cui non ricordo il nome, arrivi da oltreoceano...
— Dall’America? Quindi non è in Italia?
— No. — Fiona scostò un ciuffo di capelli dal volto. — Forse non sono riuscita a spiegarmi bene. È un po’ complicato.
— Forse — replicò ironico Oliver.
— D’accordo. — Fiona tacque un istante per riordinare le idee. — Quando mio padre si è reso conto che non sarebbe guarito, ha cambiato il testamento e ha diviso il suo patrimonio fra noi quattro sotto forma di doti; ha destinato la parte più cospicua a me, così che potessi provvedere alle altre, e ha messo da parte una piccola somma per le spese finché non mi sposo. Nessuna di noi riceverà niente finché non prendo marito. Anche se Genevieve, Arabella e Sophia volessero sposarsi, e sono tutte in età per farlo, sebbene Belle e Sophia abbiano solo diciassette anni, un età che mi sembra davvero troppo precoce e oltretutto sono un tantino volubili...
— Il punto qual’è?
— Il punto è che... — Fiona si interruppe. Questa parte era particolarmente sconvolgente e ancora difficile da credere. — Anche se le mie sorelle si sposassero, non riceverebbero la loro dote a meno che io non mi sposassi a mia volta. Il loro futuro dipende in tutto e per tutto dalle mie azioni.
— Ma vostro padre può fare una cosa del genere? — Oliver lanciò uno sguardo ai fogli e poi di nuovo a lei. — È legale, voglio dire? Costringervi a sposarvi?
— Mio padre era un uomo intelligente con un’insospettabile vena diabolica. — Fiona strizzò gli occhi. — Non mi sta forzando a fare niente. È solo una mia scelta. Se voglio la mia eredità e i mezzi per assicurare un buon matrimonio alle mie sorelle, devo sposarmi. Fino a quel giorno, che sia tra un mese o dieci anni, il denaro rimarrà saldamente in un conto fiduciario amministrato dai suoi avvocati londinesi.
— Perciò, se voi non vi sposate, neanche le vostre sorelle riceveranno la loro dote? — disse lentamente Oliver.
— Esatto.
Lui incrociò il suo sguardo. — Vostro padre era davvero molto determinato, o sbaglio?
— Già, infatti.
— E l’americano a che punto della storia si inserisce? — Oliver si avvicinò a uno scrittoio, distese i fogli e li fissò.
Fiona lo seguì. — Oltre agli incarichi diplomatici per conto della regina, mio padre aveva moltissimi investimenti e soci in affari in diverse parti del mondo. Il padre di Tizio, il mio fidanzato, neanche di lui mi ricordo il nome, era uno di loro. L’anno scorso si trovava in Italia, e lui e papà hanno rinnovato la loro conoscenza.
Oliver esaminò le carte. — Ferma un attimo. Vedo qui che siete tenuta a sposare “un gentiluomo adatto, di buon carattere e ampie risorse economiche”, ma non dice che dovete sposare proprio quello.
— L’ho notato anch’io, e forse è proprio l’unica scappatoia che ho. A quanto pare, mio padre era troppo malato per rendersi conto che nella sua grande macchinazione c’era un punto debole. Ed è qui che entrate in gioco voi.
Oliver inarcò un sopracciglio. — Io?
— Sì, be’... — Fiona cercò le parole giuste. Non appena le era venuto in mente, le era sembrato un ottimo piano, ma adesso pareva davvero stupido. Fece un respiro profondo. — Ho bisogno che voi mi troviate un marito.
Oliver si risollevò di scatto e la fissò, come se le fossero appena spuntate due teste. — Che significa “un marito”?
— Un marito è un marito. Sapete benissimo cos’è, visto che da un pezzo evitate di diventarlo. — Lei agitò spazientita una mano. — Un uomo adatto, di buon carattere e via discorrendo. Preferibilmente non con un piede nella fossa, e se possibile affascinante e di natura gioviale, magari con uno spiccato senso dell’umorismo. Ma soprattutto deve essere disponibile, perché ne ho bisogno al più presto. Non appena il mio promesso arriverà a Firenze, quel bruto di suo padre gli dirà che sono fuggita e me lo ritroverò alle calcagna.
Oliver continuò a fissarla come se una delle due teste si fosse appena messa a blaterare. — Avete considerato la possibilità che quell’uomo magari non vi voglia sposare?
Lei lo derise. — Non siate ridicolo. — Si accostò alla sedia più vicina e si lasciò cadere con fare decisamente poco signorile, ma al momento non si sentiva proprio una gran dama. — Andiamo, Oliver. Gli uomini mi hanno sempre desiderata già solo per il mio aspetto. Questo tizio americano ha in più l’incentivo di un’enorme fortuna e l’approvazione postuma di mio padre. Non posso credere che non voglia sposarmi. Specie se somiglia al padre: basso, grasso, con quattro capelli e calcolatore.
— Non siete proprio come vi ricordavo. — Oliver scosse la testa. — Ho sempre creduto che foste timida e riservata.
— Da piccola lo ero, avete ragione. Ma con gli anni si cambia, cugino. Voi non siete cambiato?
— In effetti sì. Non mi arrampico più sugli alberi e non ricordo l’ultima volta in cui ho giocato con i soldatini di latta. — Oliver sorrise, poi tornò serio. — E se anche l’americano vi seguisse fin qui? Di certo non può costringervi a sposarlo.
— Certo che può, e a quel punto io non avrò scelta. — Fiona balzò in piedi e prese a camminare per la stanza. — Sono molto realistica riguardo a me stessa, Oliver.
Lui ridacchiò. — Sì, l’ho notato.
— Conosco bene i miei pregi... e i miei difetti. — Fiona scosse la testa. — Sono una persona debole, cugino. Non mi piace l’idea della povertà e mi diverto molto a spendere soldi. Se non riesco a escogitare un modo per uscirne, sarò costretta a sposare Tizio per salvare le mie sorelle e me stessa, ovviamente. — Gli si fece più vicina, gli prese le mani e lo guardò negli occhi. — Aiutatemi, vi prego.
— A trovare marito? — Oliver scosse la testa. — Credevo che non voleste sposare un uomo che non conoscete.
— E infatti è così, ma se proprio devo sposarmi, e così pare, preferirei che fosse inglese. Non mi dispiacerebbe poter scegliere un uomo di mio gradimento. Andiamo, cugino. — Lei sgranò gli occhi e adottò un tono persuasivo che aveva già sperimentato su un gran numero di gentiluomini. — Di sicuro avrete degli amici in cerca di una moglie.
— La maggior parte dei miei amici al momento cerca di evitare con tutte le forze il matrimonio.
— Ma potete sempre fare, diciamo, una selezione, un assortimento dal quale io possa scegliere.
— Un assortimento? — Oliver scoppiò a ridere. — Come di dolci?
— Con un po’ di fortuna, sì. Una scelta di buoni partiti. Una lista di candidati accettabili. — Fiona forzò un leggero nodo alla gola. — Vi prego, Oliver.
— Io non...
— Vi avverto, non intendo arrendermi. O voi mi aiutate a trovare un marito adatto, o sarò costretta — lei gli lasciò le mani, indietreggiò e raddrizzò le spalle — a trovarmelo da sola. E dato che anche vostro padre è morto, voi, come conte di Norcroft, siete il capofamiglia. Perciò...
— Perciò? — ripeté lui lentamente, con una chiara apprensione negli occhi.
— Perciò, immagino che vorrete evitare uno scandalo pubblico. E io non posso garantire che la mia ricerca sarà proprio discreta. — Fiona incrociò le braccia sul petto. — In realtà penso che la maniera migliore per iniziare sia farlo in modo diretto e onesto. Un annuncio sul “Times” farà al caso mio. Qualcosa del tipo: “Affascinante ereditiera cerca marito appropriato. I candidati devono essere di qualità e disposti a sposarsi immediatamente”.
— Non lo fareste. — Oliver la fissò incredulo e atterrito.
— Oh, sì, invece. — Fiona si strinse nelle spalle. — Sono disperata, Oliver. E le donne disperate devono ricorrere a mezzi disperati.
— Ve l’ho detto, voi e le vostre sorelle siete le benvenute qui.
— E io vi ho risposto che non voglio fare la parente povera. — Lei serrò le labbra con ostinazione. — Ebbene?
— Per la miseria, siete ostinata. Non posso credere... — Oliver tacque un istante e strizzò gli occhi. — E
anche decisa.
— So quello che voglio.
— E di spirito. — Un lento sorriso prese ad allargarsi sul suo volto. — Siete una donna di grande spirito.
Fiona sbuffò spazientita. — Non vedo cosa c’entri tutto questo.
— Voi, mia cara cugina, sareste una sfida per qualsiasi uomo. — Il sorriso di Oliver si fece smagliante.
— Mi piace pensarlo.
Oliver la studiò in silenzio a lungo. Fiona trattenne il fiato. La minaccia dell’annuncio non era stata premeditata, le era venuta così, e lei non era affatto sicura che sarebbe riuscita a fare una cosa del genere. Tuttavia era davvero disperata.
— Helmsley! — esclamò all’improvviso Oliver.
— Chi?
— Il marchese di Helmsley. Jonathon Effington.
— Jonathon Effington? — Il cuore le si fermò nel petto. — Dunque non si è ancora sposato?
Oliver scoppiò a ridere. — No, decisamente, ma vorrebbe farlo.
— Davvero? — Fiona forzò una nota allegra nella voce. — Ma allora è... perfetto.
— Perfetto? Direi che Helmsley è tutto tranne che... — Lui si interruppe e prese a studiarla. — Perché?
Fiona spalancò gli occhi con fare innocente. — Perché, cosa?
— Perché pensate che, fra tutti, proprio Helmsley sarebbe perfetto? L’avete già conosciuto?
— No, certo che no. Non ci ho mai scambiato una sola parola — replicò lei agitando sbrigativa la mano. — Tuttavia una volta mi è capitato di vederlo, prima che la mia famiglia lasciasse Londra, oh, cosa sarà stato, nove anni fa? — Sarebbero stati esattamente nove anni alla vigilia di Natale al ballo degli Effington. — Mi è sembrato attraente, tutto qui.
C’era forse qualcosa in lui che a una donna potesse non piacere? Se la memoria non la ingannava, Jonathon Effington era alto, aveva le spalle larghe e i capelli di un color sabbia intenso, e danzava come se fosse nato su una pista da ballo. Aveva una deliziosa fossetta che compariva quando rideva e un luccichio malizioso negli occhi. Oh, certo, lei non aveva mai danzato con lui, né sentito da vicino una sua risata, né lo aveva mai guardato negli occhi.
— Dovete ammettere che persino mio padre avrebbe approvato. Sarebbe un ottimo partito per me.
— Non siete l’unica dama di Londra a pensarlo. Helmsley è uno degli scapoli più ambiti del Paese. Un giorno diventerà duca di Roxborough ed è disgustosamente ricco.
— Ve l’avevo detto che era perfetto! — esclamò lei, raggiante. — Ora, tutto quel che dobbiamo fare è convincerlo che io sono perfetta per lui.
— Avete idea di come riuscirci?
— Neanche mezza. — Fiona sospirò, poi si protese verso il cugino. — Voi due non siete forse amici? Proprio non vi viene in mente nulla?
— Qualcosa per far sì che un vecchio amico sposi una donna che non ha mai incontrato? Questa sì che è una sfida eccezionale — commentò Oliver sorridendo. — Eppure, la sfida potrebbe proprio essere la chiave di tutto.
— Che volete dire?
— Helmsley desidera una donna intelligente, che sappia quel che vuole. Una che rappresenti per lui una sorta di... — Oliver sfoderò un gran sorriso — di sfida.
— Non credo di aver mai provato prima d’ora a rappresentare una sfida per qualcuno, ma di sicuro posso tentare — si affrettò a rispondere Fiona. — E so quel che voglio, questo è poco ma sicuro.
— In effetti una che fugge per mezza Europa invece di sposare l’uomo che il padre ha scelto per lei potrebbe essere proprio il genere di donna in grado di catturare l’interesse di Helmsley.
— Ottimo.
Jonathon Effington era esattamente il tipo d’uomo che Fiona aveva sempre sognato di sposare. Anzi, sebbene non l’avesse mai confidato a nessuno e in realtà si fosse tolta quell’idea dalla mente anni prima, Jonathon Effington era l’unico uomo che lei aveva sempre sperato di sposare, anche se lui non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Con l’aiuto di Oliver le cose sarebbero cambiate.
— Cosa facciamo a questo punto? Ci pensate voi a presentarci o... — Corrugò la fronte. — Ho intenzione di essere onesta con lui, sapete. Il matrimonio è un impegno per la vita e non vorrei iniziarlo con l’inganno.
— In effetti credo anch’io che l’onestà sia la tattica migliore. — Oliver annuì. — Mettiamo tutto in chiaro e via.
— Be’, magari non proprio tutto — mormorò lei.
— Non tutto? — Il cugino inarcò un sopracciglio.
— Uno non può rappresentare una sfida e al contempo essere completamente onesto — replicò Fiona, altezzosa. — Non vorrei che venisse a conoscenza di tutti i miei... segreti, chiamiamoli così. Non che io ne abbia di particolari — aggiunse in fretta — anche se immagino che si possa considerare...
— Basta. — Oliver rabbrividì. — Non voglio sapere nulla che non sia strettamente necessario. Garantitemi solo che tali segreti non vi impediranno di essere considerata una rispettabile fanciulla da marito...
— Oliver! — Fiona lo fulminò con lo sguardo. — Come potete pensare una cosa simile?
— Perdonatemi, cugina. — Lui ebbe il buongusto di mostrarsi contrito. — Solo che è difficile credere che un uomo non rischierebbe uno scandalo per voi.
— Lo prenderò come un complimento. — Fiona fece un gran sorriso, poi tornò seria. — Incluso Jonathon Effington?
— Soprattutto Jonathon Effington. Voi siete esattamente ciò che lui sostiene di volere in una moglie. In fondo gli faccio un favore. — Oliver ridacchiò. — Oh, sì, credo proprio che ci sarà da divertirsi.
— Divertirmi è l’ultima cosa che mi serve, cugino. — Fiona sospirò. — Mi serve un marito.
E Jonathon Effington non era solo ciò che le serviva: era esattamente ciò che voleva.
 

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