Da oggi, la Chiesa della Natività di Betlemme o il Mar Morto potrebbero rientrare tra i beni patrimonio dell’umanità. Da oggi la Palestina è membro dell’Unesco. L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura con sede a Parigi, ha accettato questa mattina la richiesta di ammissione. Favorevoli 107 paesi, contrari 14 e 52 astenuti. Era necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi dei paesi presenti e votanti. Scontato il voto contrario di Stati Uniti e Israele. Tra gli astenuti anche Italia e Regno Unito, mentre Francia, Cina e India hanno votato a favore.
Il riconoscimento della Palestina come membro ufficiale dell’Unesco è il primo risultato dell’iniziativa lanciata dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, il quale il 23 settembre è intervenuto all’Assemblea delle Nazioni Unite richiedendo uno scranno per il paese da lui rappresentato. La decisione finale spetterà al Consiglio di Sicurezza, ma non ci sono molte speranze in virtù del potere di veto che eserciteranno gli Usa, i quali sostengono che il riconoscimento della Palestina come Stato debba passare esclusivamente attraverso un negoziato di Pace con Israele, e non in maniera indiretta, attraverso la sua ammissione al principale organo di governo del diritto internazionale.
La decisione presa a Parigi rischia di creare non pochi problemi all’Unesco. Il principale: lo stop ai finanziamenti da parte degli Stati Uniti, circa 80 milioni di dollari, equivalenti al 22% del bilancio dell’agenzia. In base ad alcune leggi degli anni ’90, infatti, il governo Usa non può finanziare organizzazioni internazionali che riconoscono lo status di membro all’Olp. Victoria Nuland, del Dipartimento di Stato, aveva spiegato: “Esistono linee rosse molto chiare nella legislazione e, se sono sorpassate nell’Unesco, tale legislazione viene attivata”. Mentre il sottosegretario Usa per l’Educazione, Martha Kanter, ha parlato oggi di voto “controproducente e prematuro”. “Voto tragico per l’idea stessa dell’unesco” secondo il rappresentante israeliano, Nimrod Barkan.
Come scritto da Al Jazeera, per continuare a garantire i fondi Usa, il Presidente Obama potrebbe mettere in campo la facoltà di derogare alla legislazione vigente per esigenze di sicurezza nazionale, cosa avvenuta per consentire di continuare a mantenere una rappresentanza a Washington, nonostante una legge del 1987 lo vieti. Ipotesi al momento altamenente improbabile, visto le difficoltà di Obama e l’avvicinarsi delle elezioni.
Dalla Palestina, commenti positivi anche da parte di Hamas. Ahmed Yousef, viceministro degli Esteri del governo a Gaza, lo ha definito un “grande risultato” che dimostra come “Israele e Stati Uniti non siano più in grado di imporre le proprie scelte in politica estera”.
Maurizio Massari, portavoce della Farnesina, ha spiegato così la scelta dell’astenzione del nostro Paese: “L’Italia si è attivata per giungere a una posizione coesa e unita dell’Ue, in mancanza della quale abbiamo deciso di astenerci. Riteniamo che non era questo il momento per porre la questione della membership palestinese all’Unesco, in una fase in cui si sta cercando di creare le condizioni ideali per una ripresa del negoziato tra le due parti”.
Amara constatazione conclusiva: il riconoscimento Unesco se da un lato ha un grande valore simbolico, dall’altro non significherà di certo un miglioramento per le condizioni della popolazione palestinese. Tragiche le notizie arrivate negli ultimi giorni da Gaza: ancora violenze che hanno provocato 12 morti tra i palestinesi e un israeliano