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Video Technology

Creato il 25 agosto 2011 da Rightrugby
Video TechnologyIl dibattito è di quelli che sono destinati a continuare, anche qualora venisse scritta la parola fine. Tecnologia e sport, nel senso di applicazione della prima per redimere discussioni su decisioni prese durante una partita. E' entrato di peso - e diversamente non poteva essere - pure Brian Moore, l'ex tallonatore di Inghilterra e British Lions che oggi è commentatore per il Daily Telegraph e per la tv. Moore ha ripreso uno studio condotto dal giornalista Tim Long per un documentario radiofonico, "Beyond the Goal Line: Football's Technology Debate". 
250 ore di registrazioni delle partite della scorsa stagione della Premier League di calcio, 713 incidenti analizzati di cui 361 per rigori dati o non dati e 152 per gol attribuiti o meno per segnalazioni di fuorigioco. Il risultato, in soldoni, riporta la cosiddetta "sudditanza psicologica" degli arbitri nei confronti dei grandi club: al Manchester City sarebbero spettati nove punti in meno, vale a dire il quarto posto nella classifica finale, mentre l'Arsenal avrebbe evitato i preliminari di Champions League chiudendo in seconda piazza, dietro al Manchester United. In ambito retrocessione, si sarebbero salvate sia il Blackpool che il Birmingham, finite invece nella Championship
Rimane un po' tutto nelle teoria, al di là dei numeri. Perché poi il rigore non dato, ma che c'era, poteva finire sparato sopra la traversa. Oppure l'attaccante lanciato in porta, ma interrotto sul più bello dalla bandierina alzata del guardalinee, poteva ciccare ugualmente il tiro. La questione, tuttavia, rimane. 
Tra le righe, Moore lascia intendere che occorre il buon senso. Sempre secondo lo studio in questione, sarebbero due a partita i casi grossi di fischi arbitrali obiettabili e di conseguenza i novanta minuti di calcio non finirebbero in una bolgia senza fine per ogni decisione presa dal giudice di gara. Questo in UK, perché in Italia lo scenario è molto diverso, aggiungiamo noi.
Il rugby, si sa, le misure le ha adottate da tempo e sono consolidate. Funzionano, non sempre al 100%, ma non per difetto tecnologico, quanto per quello umano: l'arbitro in caso di assegnazione o meno di una meta deve usare le parole giuste. Tanto che le domande poste al TMO sono: "Posso assegnare o no la meta?" oppure "C'è qualche motivo per cui non dovrei assegnare la meta?". Quest'ultima è tagliente: dove andare a pescare il motivo per cui rispondere sì o no al quesito? In quale momento preciso dell'azione sotto la lente d'ingrandimento? 
Il punto - e lo lascia intendere anche Moore - non è se nel calcio vada introdotta la moviola in campo di biscardiana ispirazione o meno: piuttosto, qual è l'uso corretto della tecnologia in campo? Salvo ribadire che farebbe comodo ai tifosi che assistono alle cattive sorti della propria squadra del cuore, viziate da errori che potrebbero essere risolti in pochi istanti di analisi. Salvaguardo comunque il mito e il fascino dello sport, pretesto per alcuni (leggi FIFA) per non prendere decisioni a riguardo.
(Nella foto, la meta/non meta dell'inglese Mark Cueto in finale di Coppa del Mondo 2007 contro gli Springboks, alla fine non assegnata)

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