Regia: Erik GandiniOrigine: ItaliaAnno: 2009Durata: 85'
La trama (con parole mie): dalla provincia profonda di chi sogna la notorietà televisiva alle vicende di Lele Mora e Fabrizio Corona, un viaggio nella realtà ormai affermata targata Silvio Berlusconi del tutto forma e niente sostanza, nonchè un ritratto impietoso ed inquietante di quello che è diventata l'Italia dagli anni ottanta ad oggi.Tra aspiranti veline ed autoproclamatisi novelli Robin Hood, un documentario che mostra tutto il peggio della Terra dei cachi - o almeno, la parte da tubo catodico di esso -, una visione da brividi e disturbante in grado di lasciare a bocca aperta ma, forse, priva della forza di una vera opera di denuncia sociale.
Da tempo sentivo parlare di Videocracy come di un documento decisamente più potente di Silvio forever, che più di un tentativo - peraltro neppure troppo riuscito - di satira non risultava essere, e di un ritratto agghiacciante dell'Italia che "il Presidente" - per usare lo stesso linguaggio di Erik Gandini - ha letteralmente modellato con le sue mani negli ultimi trent'anni.
Effettivamente, il valore e l'incisività di questo lavoro sono nettamente superiori a quelli dell'appena citato finto documentario firmato Roberto Faenza e Filippo Macelloni, e senza dubbio la ricerca di Gandini appare più sensata e mirata nel mostrare allo spettatore quello che, sotto l'egida dell'ormai - finalmente - ex Presidente sia diventata questa Italia i cui peggiori semi paiono essere stati coltivati in modo da fiorire e proliferare stando bene attenti a soffocare tutto quello che, di buono, nel frattempo poteva essere cresciuto nell'orticello della Terra dei cachi.
Certamente anche a questo documentario mancano la verve ed il respiro internazionale di lavori come quelli che portarono alla ribalta Michael Moore, e di certo si sente la mancanza di una cornice che possa abbracciare le storie e le vicende mostrate creando una coesione in grado di aggiungere spessore all'analisi che il regista compie rispetto a differenti realtà italiote, dalla provincia dei sogni di un ragazzo della bassa bresciana alle aspiranti veline che ballano nei centri commerciali sognando di sposare un calciatore fino alla casa in bianco del viscido Lele Mora - il personaggio di gran lunga più inquietante della pellicola, con quel fare mellifluo in stile Jabba the Hutt e le suonerie dalle rimembranze fasciste, ed il girovagare candido nella sua villa sulla Costa Smeralda accarezzando ragazzi in procinto di essere lanciati nel mondo dello spettacolo - e agli agghiaccianti spot elettorali del sempre ex - e meno male - Presidente, senza ovviamente dimenticare Fabrizio Corona.
Il non so neppure come definirlo autoproclamatosi Scarface de noartri è l'esempio perfetto di prodotto di questa bassissima sottocultura andata a radicarsi fin nel profondo della nostra vita di tutti i giorni attraverso l'influenza che la televisione ha avuto sul pubblico e sulla società negli ultimi decenni: venuto dal nulla, arrogante, disposto a tutto per raggiungere ricchezza e notorietà, costruito e posticcio come il suo atteggiamento da gangsta neanche fosse il più tosto dei Notorious, incapace di dissociare Al Pacino da uno dei personaggi più importanti interpretati dall'attore stesso, che ha come unico possibile motivo di "vanto" il fatto di essere riuscito ad arrivare a farsi pagare soltanto per quella sua stessa costruita presenza appoggiata sul nulla che, di fatto, rappresenta.
Ed è qui che subentra la riflessione più desolante rispetto alla wasteland culturale che ogni giorno entra senza troppa fatica nelle nostre case: ci sono persone - e molte più di quante si sia disposti a credere - davvero convinte di poter seguire le orme di questi curiosi, terrificanti idoli, che subiscono la loro influenza e non riescono a scindere una realtà di sopravvivenza - intellettuale e non - da un sogno venduto a carissimo prezzo, materiale e non.
Ora non voglio fare la parte di quello che se la mena sparando giudizi con quel tono da radical chic si pone al di sopra di tutto e di tutti, perchè sarebbe un pò come fare il non tifoso e poi scendere in piazza quando si vincono i Mondiali - e chissà quanti l'hanno fatto, nel luglio 2006 -: anche se poco o niente, io guardo la tv, l'ho guardata da bambino e da adolescente, cerco di evitarla il più possibile - almeno in alcune sue forme - oggi, ma non la considererei mai il male puro.
In fondo, come tutte le cose, può avere ripercussioni differenti a seconda di come viene utilizzata e percepita - Internet stesso è così, a ben guardare -, ed io per primo ammetto che, se dovessero pagarmi profumatamente per andare a bottigliare un film in tv, sarei il primo a sfruttare l'occasione: certo non penso mi farei volentieri una scampagnata a Pomeriggio Cinque, ma non crediate che le trasmissioni "culturali" possano offrire un panorama più "innocente" delle più sguaiate e becere, senza contare che ho un mutuo da pagare e non mi farebbe schifo estinguerlo in fretta.
Detto questo, anche nel Cinema, riflettendoci, c'è bisogno del respiro di qualche bella tamarrata che non impegni il cervello, tra un film d'autore e l'altro, no!?
L'importante è ammettere la vuotezza del gioco cui si sta prendendo parte - e si torna, pur se nei modi completamente sbagliati, a Corona - e non pensare che la vita sia tutta lì.
Perchè se le delusioni possono ferire, le illusioni sono in grado di schiacciarci sotto un peso ancora più grande.
E noi dovremmo saperlo bene.
Noi che abbiamo vissuto gli anni dell'egemonia - speriamo sul viale del tramonto - del vivadddio ex Presidente.
MrFord
"Benvenuto
in Italia fatti una vacanza al mare
in Italia meglio non farsi operare
in Italia non andare all’ospedale
in Italia la bella vita
in Italia le grandi serate e i gala
in Italia fai affari con la mala
in Italia il vicino che ti spara."Fabri Fibra - "In Italia" -
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