È un periodo che va così: non c'è che l'Odissea di una serie di litigi coniugali infiniti, troppe rabbie represse e molto lavoro. C'è di mezzo Love Your Enemy, una buona dose di cambiamenti radicali, il mio tatuaggio ed un blocco di fogli bianchi che continuo a trascinarmi dietro. Le cose non vanno mai come credi: c'è sempre qualcosa che va storto, qualcosa che ti va nel culo e qualcosa che ti rende triste. L'ho imparato a mie spese. Adesso come adesso non c'è amicizia che tenga, non c'è droga che faccia effetto, non c'è racconto che possa sopprimere. C'è la mia vita, sì, quella che sta andando a puttane. E ci sono io. Ho sempre pensato di essere una persona brillante. Ho sempre desiderato poche cose, questo è vero: però ho sempre ottenuto ciò che ho desiderato senza nessuno sforzo. La maggior parte delle cose che posseggo me le ha passate il destino sotto al banco. Io nemmeno le volevo. Tra queste cose c'è la scrittura. Sono qui, sto scrivendo queste righe per puro sfogo e non mi andrebbe nemmeno di essere dove mi trovo. In questi giorni ho scritto delle parole che non voglio dimenticare. Ve le incollo perché sono un po' Narciso; ve le incollo perché mi va di rileggerle. Ha pensato che prenotare un biglietto di sola andata per l'Europa potrebbe essere una soluzione. Ha pensato che smettere di prendere le medicine ed arrendersi alla malattia potrebbe essere un'altra soluzione. Poi ha deciso di prendere esempio dal suo problema ed ha optato per l'indolore ignorare il problema. C'è qualcosa dentro me che è sbagliato e non ha limiti dice una canzone degli Afterhours. Ma cosa c'è di sbagliato in me? Faccio un lavoro che mi piace, studio (o dovrei studiare) ciò che ho sempre desiderato approfondire, sto insieme alla ragazza dei miei sogni e sto avendo successo, inspiegabilmente, scrivendo. Allora perché non riesco ad essere felice? Continuo a sognare di perdere i denti. Continuo a sognare violenza. Vomito, piango, mi prude ogni centimetro del mio corpo. Sto leggendo Le Comte de Monte-Cristo e la prospettiva di evadere dalla mia testa oltre che dalla mia realtà mi appare come l'unica prospettiva possibile. A diciannove anni una persona dovrebbe avere un mare di prospettive possibili: a me non resta che l'annegare i problemi nella vodka di mia madre e sotto i pezzetti di cioccolata. A me non resta che aspettare di smettere di ignorare il problema. Vorrei deciderlo; invece aspetto. Perdonate lo sfogo, lettori di zeroschiuma, e perdonate anche l'attesa. Mi spiace non avervi aggiornati per quasi un mese. Come avrete capito le cose dalle mie parti si fanno complicate, ma va bene così. Ma bene così.
Pubblicato da zeroschiuma | Commenti (1) Tag: carta stampata, still life, fancazzate, verba volant scripta no, someone jelaous, redmoleskineMagazine Diario personale
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