Melozzo degli Ambrogi, meglio noto come Melozzo da Forlì, nacque nel 1438. La sua prima educazione artistica avvenne forse a Padova, al seguito del pittore forlivese Ansuino, ma sicuramente sulla scia di Andrea Mantenga, negli anni precedenti il 1460. Fu infatti quest'ultimo a indirizzarlo a quelle ricerche di prospettiva aerea e di scorcio di 'sotto in su' che saranno alla base della sua scienza pittorica. L'arte di Melozzo trascese i confini della Romagna per divenire astro dominante sulle scuole dell'Italia centrale. Egli può essere considerato il legittimo precursore della grande pittura illusionistica, sviluppatesi nei secoli seguenti e in particolare con l'arte barocca.
La cronologia di Melozzo è alquanto controversa: dal 1460 al 1464 lo troviamo in patria, nel 1465 ad Urbino, nel 1471 sosta a Roma dove lavora fino al 1481, poi a Loreto e Ancona. Durante il soggiorno a Urbino egli venne a contatto con Piero della Francesca, dalla cui arte fu influenzato ma non condizionato. Successivamente lavorò in Vaticano fino al 1481, qui fu 'pictor papalis', e fu tra i fondatori dell'università dei pittori detta di San Luca. Prima di partire da Roma eseguì le pitture del catino absidale della chiesa dei Santi Apostoli, oggi staccate e ridotte a frammenti conservati tra il Palazzo del Quirinale e la Pinacoteca Vaticana (i famosi angeli musicanti).
Tornato a Forlì nel maggio 1493, lavorò per 18 mesi alla volta della Cappella Feo nella chiesa di San Biagio, producendo affreschi straordinari con quello che diventò il miglior suo successore, Marco Palmezzano; affreschi purtroppo perduti nella seconda guerra mondiale. Melozzo muore l'8 novembre 1494 e viene sepolto nella chiesa di Santa Trinità a Forlì.
Dal 29 gennaio al 12 giugno, la sua città natale , Forlì , lo celebra con la più completa esposizione che mai gli sia stata dedicata. Al San Domenico saranno esposte praticamente tutte le opere “mobili” dell’artista, riunendo anche gli affreschi staccati del colossale ciclo da lui creato per l’abside della Chiesa dei Santi Apostoli a Roma, ciclo disperso tra Musei Vaticani e Quirinale.
La mostra proporrà inoltre capolavori dei grandi, da Mantegna, a Piero della Francesca (in mostra, per la prima volta, dopo il restauro, anche la “Madonna di Sinigaglia”), da Bramante a Berruguete, da cui Melozzo trasse insegnamenti e suggestioni o che, come il Beato Angelico, Mino da Fiesole, Antoniazzo Romano, frequentò nella Roma pontificia.
Infine un ampia sequenza di opere, selezionate per precise affinità, di artisti che a lui si ispirarono, in particolare Raffaello presente in mostra con un nucleo strepitoso di capolavori, e che di lui furono allievi, primo tra tutti Marco Palmezzano.
Insieme a opere di Perugino, Benozzo Gozzoli, Paolo Uccello, a comporre una emozionante carrellata di grandi interpreti di uno dei momenti più felici della storia dell’arte.
“Senza Melozzo, il Cinquecento di Raffaello e Michelangelo non sarebbe mai esistito”. L’opinione di Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, rende perfettamente l’idea di quanto il maestro forlivese abbia “pesato” sull’intero Rinascimento.
La mostra sarà visibile sabato e domenica dalle 9,30 alle 20 e dal martedì al venerdì dalle 9,30
alle 19.
immagine : Melozzo da Forlì di Teoderica