Un breve antefatto:
mi contatta su twitter l’amico Luca, dicendomi che non ne può più di Game of Thrones, qui sul blog, e mi segnala Vikings, serie recentissima, di quest’anno.
E io penso: Fantastico! È come scambiarsi le figurine!
E mi sento di colpo venticinque anni di meno.
E poi, era dai tempi de Il Tredicesimo Guerriero e Mangiatori di Morte, che volevo tornare con la mente in Scandinavia.
E sì, come avrete intuito, in questo telefilm ci sono i Vichingi.
E il pilota si apre con una scena di guerra e col protagonista che infila un metro di ferro nelle budella dell’avversario, facendoglielo spuntare dall’altra parte.
Spettacolo.
Vikings mi ha già conquistato.
Poi, dopo trenta secondi, quello stesso protagonista ha una visione mistica. Crede di vedere Odino, un vecchiaccio con bastone e mantello, circondato di corvi (ma i corvi di Odino erano solo due), e le Valchirie che scendono tra i caduti sul campo di battaglia per trasportarli nel Valhalla.
Ed è un effetto in CGI talmente brutto che ti vien voglia di buttare tutto a mare.
Tuttavia, non sono così ai minimi termini da abbandonare un’intera serie solo per un effettaccio.
Ho continuato a guardare.
E credo che d’ora in avanti si parlerà anche di Vikings, da queste parti.
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Ragnar
Per passione personale ho divorato, nel corso degli anni, moltissimi libri sulla mitologia nordica. Per cui non solo adoro la civiltà vichinga dal punto di vista storico, ma ne amo la tradizione religiosa, in special modo il periodo incentrato sulla conquista del Nord da parte dei predicatori Cristiani.
Quindi c’è un doppio interesse, per questo telefilm.
La cosa che mi stupisce, intanto, è constatare che Vikings è una produzione irlandese e canadese. Nessuna traccia di Scandinavia, quindi. Nonostante il cinema nordico negli ultimi anni sia giunto a un livello di eccellenza.
Anche le location sono tutte irlandesi.
E il cast è costituito da inglesi e irlandesi. Che giocano a fare i vichingi.
Quindi non li sentiremo parlare in norvegese, o svedese o qualche aspro linguaggio del nord, ma in un inglese impeccabile.
Basti pensare che il ruolo dello Jarl (nobile e capo militare che amministrava la giustizia; l’equivalente di un feudatario) è affidato a Gabriel Byrne.
Magari, dopo essere stato doppiato, questo non importerà, ma vi assicuro che sentire dei nordici parlare in inglese moderno fa la differenza. Ma si sopravvive.
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In breve, il pilota getta le basi, interessantissime, per una serie ambiziosa. Ragnar (Travis Fimmel), agricoltore e, durante i mesi estivi, vichingo (erano definiti vichingi coloro, tra i norreni, che intraprendevano viaggi per mare col fine di saccheggiare), ha in mente un piano ambizioso, investire i guadagni delle sue razzie per finanziare, di nascosto dallo Jarl, una nave in grado di affrontare l’Oceano Atlantico, e navigare verso ovest, perché dicerie di viaggiatori europei narrano di terre ricchissime al di là del mare.
Nell’attesa che la nave venga costruita, e di reclutare il giusto equipaggio insieme a suo fratello Rollo (Clive Standen), vive nella sua casa con la moglie Lagertha (Katheryn Winnick), il figlio, che è stato appena presentato allo Jarl e baciato dalla moglie di questi, diventando così un uomo (a circa dieci anni d’età XD).
Nel villaggio, lo Jarl applica la tradizione nordica con pugno di ferro, amministrando la giustizia e mettendo a disposizione le navi per il prossimo saccheggio estivo delle coste dei villaggi russi.
La messinscena della quotidianità nordica è abbastanza accurata. Nonostante si sia fatto ricorso, per esigenze di spettacolarizzazione, ad alcune libertà, sull’arredamento, che appare invero troppo lussuoso, e su alcune abitudini quotidiane: i nordici appaiono fin troppo educati, nessuno sputazza in giro e non si dorme in cinquanta in uno stanzone.
Ma è ancora l’inizio, quindi c’è tutto il potenziale per migliorare. E anche se non dovesse essere rispettoso delle tradizioni, l’impressione è che sia tutto sufficientemente realistico per risultare godibile.
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Il compasso solare, lo strumento che consentirà ai vichingi di navigare verso ovest
Un’unica imprecisione riguarda per il momento, proprio la mitologia.
La visione di Odino che affligge Ragnar infatti è ricorrente. E il personaggio la considera un buon presagio per il viaggio futuro. Ciò indica familiarità di culto verso il Padre degli Dei.
Il problema è che Ragnar è un contadino, e in quanto tale dovrebbe destinare i suoi favori religiosi al dio Thor, non a Odino, che al contrario era il dio favorito delle classi nobiliari, Jarl in primis.
Thor era un dio bonario, protettore degli umili, al contrario di Odino che pretendeva sacrifici rituali per concedere la conoscenza.
A meno che non ci sia una scelta precisa degli sceneggiatori, nel privilegiare l’apparizione di Odino. Impossibile dirlo, per ora.
Comunque, l’idea di un viaggio nel Nuovo Mondo, quel viaggio che anticipò la scoperta dell’America del Nord di qualche secolo (il X) rispetto a Cristoforo Colombo, è estremamente affascinante.
Per il momento la rappresentazione dei vichingi è semplice e cruda quanto basta per essere piacevole.
Non ci resta che continuare a guardare.