Il climax emotivo dell'episodio è presto segnato dal gesto estremo di Torstein, personaggio molto amato sin dalla prima stagione, che stanco e indebolito dai postumi della perdita di un braccio decide egualmente di lanciarsi nello scontro per aprire con coraggio la via ai suoi compagni: la battaglia è vinta ancora una volta grazie soprattutto alle pessime strategie militari degli avversari (renderli un po' meno inetti aiuterebbe a sostenere la credibilità dello scontro, per quanto non sia in discussione la maggiore preparazione militare delle forze vichinghe), ma Floki inizia a chiedersi con sempre maggiore insistenza se la grande visione di Ragnar non stia reclamando un sacrificio eccessivo ai suoi leali guerrieri, anteponendo le esigenze dei popoli cristiani a quelle della sua stessa gente.
Nel Wessex, Lagertha ed Ecbert hanno ampiamente superato le loro barriere linguistiche: lusingata dalle avances del Re la guerriera si concede con una facilità che non ci saremmo aspettati, ma conosciamo il suo percorso abbastanza bene da sapere che non è certo una sprovveduta: la scena del sacrificio, con un raccolto bagnato di sangue e i cristiani a osservare paralizzati la potenza delle cerimonie pagane è un momento straordinario, che ci ricorda quanto la serie di Hirst sia dannatamente impeccabile soprattutto nella realizzazione visiva del background mistico religioso che anima i suoi protagonisti.
Mentre si inizia ad accennare alle grandi ricchezze della lontana Parigi, Vikings ci regala un altro episodio di assestamento che continua a mantenere nettamente separati i diversi scenari di questa stagione, consolidando nuove tensioni e relazioni fra i personaggi nell'attesa che Ragnar faccia finalmente ritorno e la ruota delle alleanze ricominci a girare.
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