A sorpresa lo scorso anno Vikings aveva saputo imporsi con il suo stile curatissimo, con una storia ricca e densa di episodi cruciali, e con dei personaggi ben delineati che riuscivano a raccontare -pur ricamandoci un po' su- la vita vichinga tra riti pagani e conquiste di sangue.
Ragnar Lodbrok era riuscito infatti, grazie a quel bel faccino di Travis Fimmel, a conquistare il suo pubblico, avvincendolo dapprima al suo sogno di navigare -e depredare- verso ovest e di diventare Jarl.
Con la seconda stagione, la sua ascesa continua, ma qualcosa inizia anche a scricchiolare.
Il primo punto che lascia decisamente smarriti è il salto temporale che dai fatti raccontati nella prima stagione porta a 4 anni dopo, con tutte le dinamiche famigliari rimodellate, con Lagertha ferita nell'orgoglio partita con il figlio Bjorn lasciando Ragnar a consolarsi con la principessa Aslaug che gli sforna figli (maschi) uno dietro l'altro.
Ma la pausa, e il ridimensionamento dei personaggi, ha vita breve, e infatti i vichinghi sono nuovamente pronti a salpare verso le coste inglesi, per saccheggiare paesi privi di difesa ma carichi d'oro cristiano e di terre atte all'agricoltura.
Il secondo punto, quello che può essere visto come un difetto o come un pregio, è che in questi 10 episodi le alleanze e i cattivi di turno cambiano a ruota, tra patti infranti, fiducie mal riposte e voltafaccia inaspettati. Il vero nemico sembra essere non tanto lo straniero -britannico- quanto interno al villaggio o alla spedizione, che non perde decisamente tempo a far pagare con il sangue l'affronto subito.
Ragnar avrà così parecchie gatte da pelare, trovandosi il più delle volte solo, o conteso dalle due mogli, a lanciare i suoi sguardi furbi prima di scatenare tutta la sua forza.
In questi continui cambi di equilibrio, presenti anche nello spirito di un personaggio sempre più combattuto come quello del monaco Athelstan, la serie non sembra avanzare di molto, pur raccontando e condensando momenti epici se ne sta ferma in punto, come aspettando che la pietra scagliata sul lago televisivo lo scorso anno finisca di smuovere le acque prima di avanzare ancora.
Fortunatamente, a mettere benzina sul fuoco ci pensa un altro bel figliuolo come Bjorn (Alexander Ludwig) cresciuto rapidissimamente e con un destino spianatogli davanti grazie alla sua discendenza e ai suoi muscoli, e il sempre intrigante scoprire i riti e gli usi e costumi dei normanni (come la spettacolare aquila di sangue). Ma anche la parte dei britanni non sta certo a guardare, con la famelica principessa Kwenthrith di Mercia pronta a dare carne al fuoco per la stagione a venire.
Tirando le somme, quindi, e grazie ad un episodio finale dove nulla deve essere dato per scontato e che si conclude nell'epicità di una fotografia precisa che è esempio lampante dell'attenzione data all'intera serie, Vikings ha fatto il suo dovere anche questa volta, forse, a lasciare un po' delusi (ma solo un po') è l'ormai svanito effetto sorpresa.
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