martedì 10 gennaio 2012 di Gas Giaramita
Budapest è in fermento, l’Ungheria intera non ce la fa più a sopportare i continui attacchi alla Costituzione del primo ministro Viktor Orbàn. La settimana scorsa è scesa in piazza con 100 mila persone; non succedeva da tempo, i motivi? I continui cambiamenti apportati alla Costituzione, operazione che dovrebbe minare il funzionamento della democrazia.
L’Unione Europea è altrettanto preoccupata, ma sembra muoversi timidamente e anche l’America si è interessata agli ultimi eventi.
Orbàn ha dichiarato in una conferenza dello scorso anno di non credere nell’Ue ma nell’Ungheria, ponendola al primo posto degli interessi del Paese, sottolineando che è spesso stata vittima della storia. Naturalmente, si fa riferimento ai risultati poco favorevoli, successivamente la Seconda guerra mondiale. L’Ungheria ha inoltre perso il titolo di “Repubblica”, come se un territorio fosse prima appartenente alla sua razza, i magiari, e poi ne consegua la sua legittimazione moderna e democratica.
A parte la legalizzazione dell’aborto e i matrimoni tra omosessuali, dicotomia sempre più combattuta nei paesi con una forte concentrazione religiosa, negati perciò dal governo ungherese, questi ha lanciato con il nuovo anno una nuova Costituzione nella quale prendono piede una minore democraticità della giustizia e una minore indipendenza del ruolo della Banca centrale nazionale a favore dei poteri del governo.
Ma non finisce qui.
Mentre l’epoca contemporanea dovrebbe essere fautrice di aperture sociali, evolvendo la concezione delle integrazioni etniche, mentre l’Europa dovrebbe battersi affinché qualsiasi spinta razzista venga liberata come cane sciolto, perché un permanente fioretto è stato lanciato dopo la Seconda guerra mondiale, al contrario, l’Ungheria si associa a quella parte d’Europa che non ne vuole sapere di andare avanti, ma che preferisce crogiolarsi nella nostalgia di un passato di unione razziale, smantellato dalle divisioni geografiche.
Lo spirito cristiano si associa a quello nazionalista, creando patetici sentimenti di attaccamento che vanno al di là del patriottismo. È questa la politica di Fidesz, il primo partito del Paese dal 2010, che ha voluto moderare, ad esempio, i mezzi di comunicazione e ha negato la responsabilità dell’eccidio tra il ’44 e il ’90.
È in fondo un altro tassello che si aggiunge a un mosaico ormai da tempo spostato verso l’estrema destra,e non si sa come questi movimenti abbiano avuto una così libera diffusione e senza ostacoli prendano posto nei parlamenti degli stati membri dell’UE. Non si capisce quale siano i valori fondanti un’unione del genere, se non quelli finanziari, che peraltro sono per ora in crisi. L’Europa sta fallendo la sua prerogativa primaria, rinascere dalla guerra. È come un genitore insicuro che accontenta le smanie di grandezza dei propri figli e non riesce adimpartire i valori di confronto e i figli cresceranno e diventeranno più grandi, ineducati e irrispettosi degli altri, non capiranno che possono coesistere diverse visioni della realtà, le minoranze come le maggioranze, le religioni e il laicismo, l’amore tra uomo e donna o tra due uomini o tra due donne, che per quanto tale bisogna rispettare, che il futuro serva a non ritornare a sbagliare, a non creare le condizioni di nuove guerre.
Sono i momenti di grave crisi economica in cui la popolazione diventa inesorabilmente più debole e pessimista e si fanno più frequenti i capri espiatori da attaccare, perché qualcuno la deve pur pagare.
L’Ungheria, negli ultimi anni, ha sofferto parecchio dopo un periodo di crescita nei primi anni ’90, successivo al crollo del regime comunista e questa crisi, culminata nella recessione dal 2008 a oggi, ha alimentato comportamenti politici e civili via via sempre meno libertari e più esclusivi. Non è un caso che il terzo partito del paese sia quello denominato Jobbik, ad alto contenuto xenofobo e in preoccupante ascesa negli ultimi tempi (c’è chi parla di rapporti poco chiari con lo stesso Primo ministro e questo movimento).
Le popolazioni dovrebbero sapere che spesso a gettare fango sull’ottimismo di uno stato sono i potenti che ne stanno a capo, che il nazionalismo è l’inizio della fine, l’introduzione di paraocchi medievali indossati perché l’altro è il motivo della decadenza e della corruzione, quando invece anche tu ne sei protagonista.
Purtroppo tutto ciò esiste e chissà a cosa porterà.
Intanto da lontano possiamo osservare questi ulteriori cambiamenti di rotta e sarebbe bene che qualcuno ne parlasse e si affrontassero delle giganti campagne per non dimenticare cosa vuol dire integrazione e cosa sia l’antisemitismo. Al delirio umano non c’è mai fine, lo sappiamo benissimo.
L’Ungheria continui a scendere in piazza, come ha fatto a Capodanno, e l’UE faccia qualcosa di concreto, perché il vento che tira è troppo nero e bisogna limitarne gli effetti.
*Riferimenti
-http://www.ilpost.it/2011/12/15/chi-comanda-in-ungheria/
-http://www.ilpost.it/2011/12/30/lungheria-cambia-la-banca-centrale/
-http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/131877/budapest_contro_viktator