Un gruppo di amici si ferma a dare un passaggio ad un'autostoppista, solo che finiranno drogati da lei con un gas. Il gruppo scopre che dei contenitori sono stati impiantati alla base dei loro crani - che sono ovviamente fatali se vengono rimossi.
Su schermi televisivi una donna li informa che hanno 22 ore per riempire questi contenitori con una specifica quantità di fluido cerebrale; un fluido che viene prodotto durante i periodi di dolore estremo. Con un altro gruppo di soggetti di test e con il tempo che scorre veloce, decidono di lavorare insieme e condividere l'onere di raggiungere il loro doloroso obiettivo
(Liberamente tradotto da IMDB)
Il torture porn, cosiddetto, è un genere che ha ormai passato i suoi tempi migliori e non ha lasciato grandi capolavori, se non in una Europa che sta progressivamente calando le braghe a God-Hollywood. Il capostipite e sdoganatore di questo genere effettivamente estremo fu Hostel che è riuscito a far emergere il gore estremo dal buco underground in cui era rintanato, rendendolo un genere commerciale. Questo, sottointeso, è l'unico pregio dell'opera di Roth.
Vile è un'altro tassello di questo mosaico rosso sangue. Però quando pensi che si sia detto tutto ecco che spunta l'idea che spiazza. Nulla di eclatante, sia chiaro, ma comunque un'opera che esige uno sguardo meno snob di quello che si potrebbe immaginare.
L'inizio è tipico: due coppiette sono li a scambiarsi amore eterno in campeggio nel bosco e al ritorno, un'avvenente
milf chiede aiuto quando sono fermi al distributore di benzina perché la sua auto è rimasta in panne, un miglio piu in là. I geni di turno le danno un passaggio ma all'arrivo verranno gasati e rinchiusi nella torture-house del momento. A questo punto c'è il primo colpo di scena che si riaggancia alla scena dei titoli di testa. E iniziano le torture. Di qualsiasi tipo. Tanto che in certi punti la cosa diventa davvero insostenibile. Come è normale che ci siano, i buchi di sceneggiatura e le incongruenze si sprecano (da notare su tutte il finale con conteggio del tempo che retrocede alla morte di uno dei personaggi; peccato che mezz'ora prima muore un'altro personaggio e il tempo non viene toccato), ma ci sono due punti cruciali che rendono la visione interessante e non noiosa: primo, gli attori praticamente sconosciuti sono davvero credibili e si evitano discretamente gli streotipi di genere, anche se sono presenti alcuni personaggi riconoscibili. Secondo, i torturatori sono anche le vittime. Una ambiguità di ruolo che viene resa bene, senza troppe infarciture e anche abbastanza credibile.
Pari, dispari o mano bollita?
Alle bombe del canòn...
bim, bum, bam!
La violenza non è mai fine a se stessa e il gruppo non tende a degenerare come spesso avviene in questo tipo di film (vedesi
The experiment). L'altra parte interessante è il sottilissimo sottotesto fantascientifico a causa di cui i nostri malcapitati si trovano coinvolti in questo inferno. Ma non pensate ad esperimenti o alieni, perché sta proprio qui lo spunto originale. Buona l'idea di far morire praticamente subito uno degli inquilini della casa mostrando cosa succede se ti togli l'aggeggio attaccato alla nuca.
Il grosso problema della pellicola è che molte cose vengono date per scontate e viene dato troppo risalto alle torture e alla storia in sé, che potrebbe tranquillamente durare mezz'ora in meno. Peccato perché mani più esperte e meno egocentriche, avrebbero portato il film a un livello superiore. Il regista novello, mr. Taylor Sheridan, attore in piena attività (Vice sceriffo David Hale in Sons of anarchy), si cimenta con la macchina da presa ma senza risultati eccessivi. Fotografia troppo scura e giallognola, data in mano ad un inesperto John Coffey. Sceneggiatura a due mani (Beck-Kowsaluk), come già detto, troppo sforellata ma secondaria in film di questo tipo. In sostanza un gruppo alle prime armi che non sfonda.
Attenzione che il film è esagerato e violentissimo e in alcuni passaggi, ben orchestrati dal regista si prestano alla "famosa" mano di salvataggio davanti agli occhi. Se la cosa vi interessa la parte che ho trovato più ben fatta è che le torture non sono sadiche per partito preso e quindi tutto l'ambaradan prende una piega raccapricciante che si annida nelle spiazzanti richieste delle vittime (non toccatemi i genitali - non toccatemi il viso), nei mille "scusa" e nella ricerca del maggior dolore possibile nel minor tempo possibile.
Tra denti sparpagliati per terra, sangue, unghie spezzate e ustioni, ce n'è da divertirsi, ma stiano lontani i deboli di stomaco perché qui non si scherza.
Opera riuscita a metà con una buona storia che poteva essere affrontata con meno isteria e meno ripetizioni. E poi ormai siamo oltre il limite massimo per il genere per cui la vedo dura una distribuzione in sala o peggio, un seguito chiarificatore.