Villa Capozza
Incastonata nel ridente entroterra salentino, alle pendici della Collina della Campana, Villa Capozza è la metafora di una Casarano che rinasce. Ridotta a rudere in uno sciagurato ventennio di abbandono e saccheggi, tra la fine del Novecento e il primo decennio del Duemila, risorge ora dalle sue ceneri come una fenice del terzo millennio.
Riguadagna così un meritatissimo primato d’onore tra le architetture storiche di Terra d’Otranto, grazie al meticoloso recupero delle strutture e dei fregi, al sapiente reintegro di decori, mobilio e complementi d’arredo, al gusto maniacale per quelle rifiniture che fanno la differenza. Delicati intagli in pietra leccese arricchiscono portali e balconate, finalmente ripuliti da incrostazioni e muffe; arditi intrecci di tufi delineano le volte in muratura, ora rimesse a nuovo; i pregevoli mosaici liberty dei f.lli Peluso – che nel primo Novecento lavorarono alla Galleria Vittorio Emanuele di Milano – tornano a luccicare; originali mosaici artistici fanno della nuova pavimentazione un prezioso tappeto; geniali incastri rinsaldano le rinnovate trabeazioni dei soffitti lignei ai piani superiori; raffinate carte da parati e boiseries tornano a nobilitare gli interni; coccio pesto al quarzo riveste come un tempo gli esterni, secondo le antiche tecniche. Ogni dettaglio, abilmente armonizzato al contesto, rende gradevoli e complementari fra loro i diversi stili in cui la struttura è realizzata, corrispondenti ciascuno ad una fase vitale della Villa.
Villa Capozza
Edificata alla fine del Settecento, la sua sezione primigenia nacque come dimora di campagna per la villeggiatura della famiglia De Donatis, il casato patrizio subentrato in quegli anni ai duchi D’Aquino nel panorama nobiliare cittadino. Di quel nucleo originale fanno parte i piani bassi dell’attuale struttura. Parte della dote di Francesca De Donatis, figlia di don Liborio e donna Agnese Zuccaro, il villino sarebbe passato ai Capozza col matrimonio tra la stessa e Luigi, celebrato il 31 marzo 1888. Si radicava così a Casarano la stirpe di imprenditori originaria di Molfetta, che avrebbe notevolmente influito per circa un secolo nella vita della comunità salentina. Col passaggio del Villino dai De Donatis ai Capozza era di fatto ratificata la transizione del prestigio sociale dalle mani del patriziato a quelle della borghesia, nella logica dell’Italia postunitaria. Fu proprio Luigi Capozza a rinnovare l’antica dimora secondo le esigenze e il gusto del suo tempo. Così, intorno al 1918, affidò il progetto di ampliamento della Villa a un amico architetto austriaco, con cui era rimasto in contatto fin dai tempi dell’università ad Innsbruck. Nacque così l’armonico connubio, che caratterizza tuttora l’edificio, tra architettura tipica del Salento e gusto mitteleuropeo, il cui principale concentrato è il superbo torrione asburgico oggi tornato agli antichi splendori.
Villa Capozza, però, è anche l’emblema di un’altra rinascita. Assurge ad antidoto morale per la convalescenza sociale di una terra avvilita e sconfortata, martoriata dalla disoccupazione ma anche dalla pigrizia di chi pensa che le opportunità vengano da sé e senza sforzo alcuno. È un antidoto non tanto perché con le decine di posti di lavoro che ha generato porterà il pane in diverse famiglie! Quanto piuttosto perché l’intraprendenza imprenditoriale di Antonio Manco e Agnese De Donatis, che hanno acquistato il rudere nel 2008 a un’asta fallimentare e ora lo riconsegnano rinato alla collettività, è un esempio per chi può a far fruttificare le risorse finanziarie in proprio possesso per rimettere in moto l’economia. Così, appena agli inizi, Villa Capozza si piazza già come uno tra i migliori resort della regione, puntando ad essere in breve tempo anche un vivace polo culturale e di condivisione intellettuale. Ed è ancora un antidoto perché l’amore di Agnese per l’Arte, da quella visiva a quella culinaria, ricorda a ciascuno che nella vita ci vuole Gusto. In tutti i sensi!