“Villa Speranza si trovata in Abruzzo, più precisamente a Colle Bianco: una piccola contrada di campagna della città di Guardiagrele. Aveva aperto i battenti nel 2030, due anni dopo il riconoscimento ufficiale delle Case di Soggiorno. Ospitava tredici persone. Il fatto che una di loro, la signora Giada, stesse trascorrendo il Capodanno altrove, la diceva lunga sulla condizione in cui versavano i poveretti. Alcuni non avevano figli. Altri ne avevano avuti, ma essi non potevano occuparsi di loro o, semplicemente, non volevano.”
Fine del terzo decennio del 2000, più precisamente 2037. In un futuro non troppo lontano, e non troppo irreale, in Italia vi erano state grosse innovazioni nell’organizzazione sociale e per ovviare il problema del sistema previdenziale si era deciso di obbligare le persone ad abbandonare il lavoro a sessantasette anni e di etichettarle come “Senior”, in sostituzione del termine “anziano”.
Inoltre chi non possedeva capitali sufficienti per continuare una vita autonoma veniva trasferito in una Casa di Soggiorno e continuava a lavorare al suo interno.
Una situazione paradossale in effetti ma non si tratta di un romanzo fantascientifico.
“Villa Speranza” (2014, Laura Capone Editore) scritto da Katia di Martino, classe 1977, è un’immagine della possibile evoluzione della nostra società che vede protagonista dei settantenni costretti a terminare la propria vita in case di riposo ribattezzate Case di Soggiorno.
La loro vita pare scorrere ordinariamente fino a quando uno di loro comincia a sospettare sull’anormalità delle morti di alcuni degli ospiti. Il romanzo prende così una svolta gialla che rende le vicende più intriganti fino a giungere ad un’inaspettata conclusione.
L’autrice ha delineato con maestria una storia che fin troppi elementi realistici facendo leva sulle paure relativi all’età della vecchiaia ed immaginando come potranno essere gli ultrasessantenni di coloro che oggi hanno tra i venti e i trent’anni.
Sono fatti di profonda solitudine, quella dello scontroso Paride per esempio, altre di redenzione ed amore, come quella di Oscar e Aura, altre di amicizia e di necessità di sentirsi ancora utili nonostante l’esser stati relegati in angoli intenzionalmente non troppo visibili del mondo.
“Villa Speranza” è anche una visione non stereotipata dei cosiddetti “anziani” che col tempo divengono sempre più tecnologizzati e la cui età ha una diversa percezione rispetto il passato ed è un tuffo nel verde della campagne abruzzesi che hanno visto l’autrice crescere. È una profonda riflessione, ricca di provocazioni, sull’attuale società, sul significato della collettività e su ciò che potrà diventare in un futuro prossimo.
Una scrittura elegante e scorrevole caratterizza questo primo romanzo dell’abruzzese Katia di Martino che ha iniziato scrivendo racconti e soggetti horror o a carattere distopico e per la quale scrivere è diventata successivamente una necessità.
Con “Villa Speranza” la di Martino ha vinto la sezione dedicata ai romanzi della II edizione del Premio Letteratura Italiana Contemporanea bandito dalla Laura Capone Editore. Una casa editrice giovane che continua a distinguersi per il coraggio e l’abilità nel far conoscere autori e autrici di talento capaci di narrare storie ben scritte e sempre molto particolari.
Written by Rebecca Mais
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Sito Laura Capone Editore