“Vimini”: quando l’arcobaleno spunta in libreria.
Che nessuno resti terrorizzato: non ho intenzione di parlare di cesti sapientemente intrecciati. “Vimini”, in questo caso, è un nome proprio. Ed è anche il titolo del libro di cui sto per raccontarvi. Si tratta del secondo lavoro di Donato Cutolo, scrittore e compositore campano che dopo “Carillon” ha impegnato la sua penna in questo nuovo romanzo.
“C’è sempre un alone fatato attorno alle cassettiere degli anziani. Come se lì dentro avessero custodito gelosamente chissà che cosa, un tesoro, l’anima stessa della loro vita. Magari è solo una fotografia sgualcita. Sbiadita. Il segreto furbamente depistato dall’odore acre della naftalina”.
C’è un alone fatato anche in questo libro.
E non ho il proposito di infrangerlo svelandone la trama.
Si sappia solo che questa è la storia di un ritorno - quello dell’adolescente Vimini Mart nel suo paese natale – ma anche di un addio.
È la storia di Sacco, pianista figlio di genitori anarchici, e quella di Remo, mozzo marchiato a fuoco da due sole notti della sua esistenza.
È la storia della puzza d’alcol sul viso di una madre e dei fiori di Gemma, cresciuti quanto gli alberi per dare riparo ai partigiani.
Di più.
È la storia di marinai e di un solo attracco sicuro: quello nella casa di nonna Cecilia, che ha insegnato alla nipote a leggere messaggi scritti nel cielo.
È la storia di colori imprigionati in un solo ordine: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e viola.
È la storia di arcobaleni che lasciano indizi. Di bolle di sapone. E di una forte luce lunare.
Grazie a questi elementi, e alla semplicità che caratterizza il suo stile di scrittura, Donato Cutolo ha dato vita ad un testo all’interno del quale il tempo sembra restare sospeso: passato e presente fanno capolino tra le pagine come a voler sottolineare, ogni volta, il loro legame; racconto e ricordo restituiscono immagini nitide non solo dei personaggi, ma anche dei luoghi all’interno dei quali si muovono; le descrizioni, a tratti oniriche, definiscono poco alla volta i particolari di vite che, oggi come allora, restano indissolubilmente legate.
Nella buona e nella cattiva sorte. Come per i migliori matrimoni.
E a proposito di connubi, in questo caso siamo di fronte ad un sodalizio decisamente ben riuscito: quello tra parole e musica. Ad accompagnare il libro, infatti, c’è un cd, una colonna sonora – sette tracce musicali per i sette colori dell’arcobaleno – composta da Fausto Mesolella, chitarrista Avion Travel.
Quello che succede quando si legge e si ascolta va da sé: siamo di fronte ad un film. Intangibile e girato esclusivamente dall’immaginazione del lettore. Con tanto di sceneggiatura, di suoni e di immagini. La prima? Quella di copertina, un’opera del pittore casertano Giovanni Tariello.
E a questo punto urge un’errata corrige: la definizione di “matrimonio” data poco fa non era la più calzante.
“Vimini” è un piccolo ménage à trois di diverse forme d’arte. E nonostante ciò, non è altezzoso. Anzi. È un libro sincero, di quelli che t’accompagnano senza invadenza. Parla sottovoce.
Però sa farsi ascoltare.
E sa farsi persino guardare.
Hildita